sabato 4 luglio 2009

NEMIROVSKY, MECENATI PAULISTANI

L'antica stazione della linea Sorocabana ospita una rappresentativa collezione del Modernismo. Che ha conservato la sua natura privata. Ed è un punto fermo per la conoscenza dell'arte brasiliana.
Peccato che la casa non ci sia più. San Paolo è così: magmatica, instabile. Fino a pochi anni fa la residenza dei Nemirovsky, progettata da Jorge Zalszupin negli anni settanta, era al 778 di Rua Guadelupe, quartiere Jardim América. Nacque senza progetto, da un plastico improvvisato. Un'impennata della fantasia contro i canoni del razionalismo cui lo stesso Zalszupin si era sempre attenuto.

Casa Nemirovsky. Alla parete: Tarsila do Amaral, Antropofagia (1929)

Di struttura alveolare, organica, curvilinea, con delicati mosaici floreali sulle tettoie, cinta da un muro altissimo con un unico varco difeso da un cancello cieco art nouveau acquistato quasi per ferro vecchio, era immersa in un verde rigoglioso. Fu fatta a pezzi alla morte di dona Paulina, vedova di José. All'interno i dipinti fungevano da vegetazione parietale: opere di Volpi, Di Cavalcanti, Cícero Dias, Pancetti, Guignard e la travolgente "Antropofagia" di Tarsila, del 1929, acquistata nel 1966, orgoglio dei coniugi Nemirovsky e ora pezzo forte della Fondazione.
Da giovane, Paulina Pistrak era gelosa di José, innamorato dell'arte. "La collezione andò arricchendosi nel corso della vita. Con passione da parte sua, con adesione crescente da parte mia." Quanto dire. José, fuggito da Odessa con la famiglia nel 1905, medico di formazione, non nuotava nell'oro. Lasciò l'arte di Asclepio e divenne industriale della cellulosa per assecondare i suoceri, proprietari dell'azienda. Si diede a diligenti studi forestali, ma il tempo dell'anima lo dedicò alla storia dell'arte e alla pratica della pittura sotto la guida di un noto artista catalano.
Anziché con viaggi e pellicce sorprendeva Paulina con pitture e sculture. Il primo acquisto fu un mezzo bidone: un profeta che gli sembrò dell'Aleijadinho, ma un'analisi di laboratorio rivelò che il legno veniva dalla Baviera. José non si scoraggiò per questo. Paulina finì per arrendersi alle sue continue sorprese annunciate. José le fece l'ultima un anno prima di morire, nel 1986: "Donne alla finestra" di Emiliano Di Cavalcanti. Nell'arco di quasi trent'anni, i Nemirovsky misero insieme una collezione rappresentativa del modernismo che spaziava dai primi del Novecento al secondo dopoguerra. Il valore dei pezzi acquistati cresceva di continuo.

Collezione Nemirovsky: Emilio Di Cavalcanti, Mulheres na janela (1929)

La collezione ha conservato la sua natura privata ed è un punto fermo per la conoscenza dell'arte brasiliana. In fatto di arte contemporanea svolge un ruolo analogo a quello di una nota pinacoteca di Madrid, anch'essa privata: la Thyssen-Bornemisza. Il prestigio locale e internazionale della Nemirovsky è aumentato da quando si è legata al Museo d'Arte Moderna di San Paolo e alla Pinacoteca do Estado.
La sua sede è al secondo piano dell'antica stazione ferroviaria della linea Sorocabana, che serviva le città dell'interno e il traffico del caffè. Restaurata e interamente adibita a usi museali, come in parte è avvenuto per la Estação da Luz, fa da succursale alla vicina Pinacoteca de Estado ed è nota come Estação Pinacoteca.
Nemirovsky fu indotto dalla propria esperienza culturale e professionale a osservare e studiare con pari rigore i corpi, le piante, gli eventi quotidiani e le opere d'arte. Per questa ragione fu in grado di selezionare il meglio della produzione modernista brasiliana, con una speciale disinvoltura che non era dovuta al cosiddetto istinto, né al ‘mestiere' di collezionista acquisito negli anni. È la prima impressione che si ha visitando le sale Nemirovsky della Estação Pinacoteca.

Collezione Nemirovsky: Victor Brecheret, O Beijo (1930-1940)

Tra i pezzi esposti spicca una scultura marmorea di medie dimensioni, dalle forme classico-arcaiche cariche di limpida eleganza: "Il Bacio" di Victor Brecheret (1930-1940 circa). Raffinati anche i pezzi di arte coloniale, come il pannello di un retablo policromo ecuadoriano del Cinquecento con la Fuga in Egitto, e la tela peruviana seicentesca di un Cristo della scuola di Cuzco. Paulina e José vendevano, compravano e scambiavano solo per migliorare la qualità e la coerenza della propria collezione, il cui nucleo, comunque, fu sempre il modernismo brasiliano.
Il loro lascito non supera i centonovanta pezzi catalogati: mobili d'epoca, arredi pregiati, ceramiche, stampe, disegni, sculture, dipinti. Tra questi ultimi, dieci sono opera dell'artista contadino José Antônio da Silva (1909-1996), autodidatta, ‘primitivo' tra i più noti del Brasile, dedicatosi di preferenza al suo mondo, la campagna dell'Interior, e ai soggetti del repertorio religioso popolare, trattati e interpretati in assenza totale di prospettiva, con un lessico espressionista, allucinato, esuberante, incolto solo in apparenza.
Da qualche mese, nei locali della Estação Pinacoteca occupati dalla Fondazione, funzionano anche una biblioteca e una videoteca. È appena uscito un volume monografico bilingue, ampiamente illustrato, con testo portoghese e inglese, un catalogo ragionato della collezione, indici e bibliografia. Le brochure a disposizione del pubblico, oltre alle attività culturali, artistiche e didattiche, illustrano gli aspetti puramente imprenditoriali della Nemirovsky.
Tra essi incuriosisce l'assistenza a chi, piccolo o grande acquirente con la vocazione del mecenate, intende essere orientato a emulare Paulina e José nella raccolta intelligente di capolavori e nella scoperta di nuovi talenti: "Ci curiamo della vostra collezione con lo stesso rigore tecnico che dedichiamo alla nostra". Tempi duri anche per gli amateurs, ma si può fare. L'arte di investire in opere d'arte prospera giusto in tempi di crisi.

Fonte: musibrasil.net

1 commento:

  1. Tutta la Collezione Nemirovsky è fantastica, ma dispiace perchè è privata.
    Ciao.
    Sill

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