venerdì 25 novembre 2011

IL SILENZIO DOPO LA FOLLIA

“Perchè torniamo sul tema della salute mentale? Un po’ per le numerose richieste che arrivano, a seguito del reportage di Nicola Gronchi sull’ex ospedale psichiatrico di Volterra. Ma anche, e soprattutto, perchè è un tema che ci sta a cuore. In Italia, un po’ ovunque, ci sono ancora tanti edifici abbandonati che un tempo ospitavano la follia. Riscoprirli, entrarci, scattare foto, mostrarle, vuol dire dare voce ad un silenzio per troppo tempo confinato tra mura di pietra in luoghi ameni (all’esterno) ma tristi e dolorosi (all’interno).
E significa anche riportare alla memoria personaggi, come quello di cui ci parla oggi – ancora una volta – Nicola Gronchi, che hanno portato scintille di illuminata umanità  nel silenzio della follia umana. Noi di S4C continuiamo a seguire quel silenzio, a rintracciarlo e dargli…un suono.”
Antonio Amendola


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MAGGIANO: IL SILENZIO DOPO LA FOLLIA
(testo e foto: Nicola Gronchi/S4C)

L’Ospedale psichiatrico di Lucca ha origine nella seconda metà del XVIII secolo, quando il Monastero dei Canonici Lateranensi di Santa Maria di Fregionaia venne soppresso e adibito a struttura per il ricovero e la custodia dei folli, come dipendenza dello Spedale cittadino di San Luca della Misericordia.
Dal 1772 al 1775 furono realizzati i primi lavori di adattamento dell’ex complesso monastico alla nuova struttura manicomiale. Il 20 aprile 1773, con l’insediamento del personale, fu ufficialmente aperto lo Spedale de’ Pazzi di Fregionaia e il giorno seguente arrivarono i primi undici malati, provenientidal Carcere cittadino della Torre.

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Maggiano è come altri manicomi. Tanti edifici su un colle verde e tranquillo nell’entroterra lucchese.
Lavanderie, officine, cucine, una Chiesa ma soprattutto dormitori con tantissimi letti, e grandi, enormi stanze dove decine e decine di esseri si trascinavano senza nessun senso e nessuna occupazione diversa dal fumare in continuazione con la speranza di “guarire presto” e che “il cervello possa tornare quello di una volta”.


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Il tempo è senza significato

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Nessuno possiede niente, i vestiti e perfino la biancheria sono acquistati dall’Amministrazione, indossati, lavati e rimessi in un grande mucchio, per poi essere ridistribuiti casualmente.

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In manicomio è come se il tempo si fosse dimenticato di scorrere, tutte le giornate sono indistinte: Pasqua è uguale al 6 ottobre, la domenica è come il martedì. La maggior parte dei ricoverati non ricorda la data di nascita.

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Marietto classe 1935, viene ricoverato nel manicomio di Maggiano quando aveva 19 anni. La motivazione riportata sulla cartella, dopo aver fatto riferimento ad una presunta epilessia, recita testualmente: “rifiuta il cibo e si allontana da casa”, per queste ragioni “urge il ricovero perchè pericoloso a sé e agli altri”.

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I primi anni di vita dell’ospedale videro la prevalenza di sistemi di mera custodia, mentre a partire dal secondo decennio dell’Ottocento, grazie all’opera di Giovanni Buonaccorsi, fu adottata come terapia riabilitativa l’occupazione manuale dei malati. Così mentre gli uomini erano occupati prevalentemente nei lavori agricoli, le donne erano impiegate in lavori di pulizie e di riassetto.

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La struttura nel corso di duecento anni ha ospitato sino a duemila malati ed è stata diretta personalmente da Mario Tobino negli anni dal 1955 al 1957, un periodo in cui sono state attivate numerose iniziative per coinvolgere i malati nella struttura sociale, aprendo il luogo di ricovero al mondo esterno.

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Allo scrittore si devono anche altre importanti migliorie strutturali, come la costruzione del giardino della direzione, l’infermeria e la sezione infantile, che dimostrano la grande attenzione di questo medico e intellettuale per il disagio psichico. Nelle sue opere traspare il senso di rispetto e comprensione per i pazienti, così come emergono chiaramente le sue posizioni rispetto alle decisioni politiche che, con le Leggi 180 e 833 del 1978, hanno portato alla progressiva chiusura degli ospedali psichiatrici in Italia.

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Personaggio scomodo, Tobino ha condotto una battaglia insieme a pochi altri colleghi contro chi negava l’esistenza di una specificità del disagio mentale.

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Nei suoi quarant’anni di attività a Maggiano sono stati rari i momenti in cui Tobino si è allontanato da questo luogo, dalle due stanze di Casa dei Medici in cui ha vissuto a lungo e che per volere della Provincia di Lucca sono rimaste la sua abitazione anche dopo il pensionamento.

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Sul muro di Casa dei Medici troviamo una targa con incisi i versi del suo capolavoro:
La mia vita è qui, nel Manicomio di Lucca. Qui si snodano i miei sentimenti. Qui sincero mi manifesto. Qui vedo albe, tramonti e il tempo scorre nella mia attenzione. Dentro una stanza del Manicomio studio gli uomini e li amo. Qui attendo: gloria e morte. Di qui parto per le vacanze. Qui, fino a questo momento sono ritornato. Ed il mio desiderio è di fare di ogni grano di questo territorio un tranquillo, ordinato, universale parlare

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Oggi l’imponente struttura e il parco circostante, in precario stato di conservazione, sono in attesa di una nuova destinazione, mentre da poco è stata ristrutturata e resa accessibile la Palazzina dove abitava Mario Tobino con una ricostruzione puntuale del suo alloggio.

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