sabato 21 gennaio 2012

IL SEGRETO DI SAN SPERATE

È difficile spiegare quale sia il segreto di San Sperate, spiegare perché – tacendo i centinaia di nuovi residenti  e le decine e decine di muralisti – persone e artisti diversissimi tra loro come il grande fotografo Pablo Volta o il jazzista Don Cherry, il regista  dell’Odin Teatret Eugenio Barba o attori come Roberto Benigni, Dario Fo e Arnoldo Foà abbiano deciso di trasferircisi, o trascorrerci dei periodi o, semplicemente, dopo esservi stati ospiti, si siano perdutamente innamorati di questo paese che non è bagnato dal mare, non ha montagne meravigliose alle sue spalle, non può vantare laghi o musei di grandi dimensioni dentro i quali immergersi. 
C’è qualcosa,ci deve essere qualcosa che spieghi questo successo, dicono…
san sperate

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San Sperate è un paese assolutamente originale. La sua particolarità consiste nell’avere i muri dipinti ed essere arredato da sculture e opere d’arte.
Il muralismo a San Sperate.
La storia del Paese Museo inizia intorno agli anni ’60 quando prendono vita numerose iniziative in campo artistico e culturale. Nel ’67 arriva il riconoscimento di Paese Museo grazie soprattutto ai muri dipinti con i murales che lo abbelliscono e lo rendono unico e originale.
Sono circa 350 i murales realizzati con tecniche varie, distribuiti per tutto il paese che ospita nel suo territorio numerose manifestazioni culturali, artistiche, teatrali e musicali.
I muri di San Sperate insomma raccontano al visitatore il grande fermento culturale che il paese visse negli anni ’60.
Attualmente San Sperate ha contatti con le accademie d’arte più importanti d’Europa.
Pinuccio Sciola e le origini del muralismo.
Il muralismo a San Sperate ha inizio nella seconda metà degli anni sessanta grazie all’attività dell’artista Pinuccio Sciola, nato e cresciuto nel paese.
Dopo gli studi al liceo Artistico di Cagliari, frequentato grazie ad una borsa di studio conseguita per un concorso di scultura, Pinuccio Sciola soggiorna per lunghi periodi in Europa, in Spagna prima e a Parigi poi e in tal modo perfeziona il suo percorso di crescita e sperimentazione, confrontandosi con i movimenti artistici dell’epoca. Vivendo e respirando il fermento culturale europeo sviluppa il suo talento naturale fino a diventare un apprezzatissimo ed eclettico artista- scultore, ora di fama internazionale.
Rientrato a San Sperate, vince le iniziali diffidenze dei suoi concittadini e imbianca con la calce bianca le pareti di alcuni muri, di un paese fino allora dedito solo all’agricoltura e digiuno d’arte.
Grazie al suo entusiasmo e alla sua forte azione coinvolgente ed aggregante riesce a far entrare nel paese le novità artistico-culturali di matrice europea e insieme ad esse il potere dell’immagine che gradualmente prende forma e forza.
Nuovi messaggi, fermenti di una rivoluzione culturale attuata col pennello, così venivano dipinti sulla calce bianca e i loro colori vivaci trasmettevano un sempre maggiore fervore facendo dilagare l’entusiasmo.
I semplici muri di fango si trasformano e diventano una officina in cui vivere e raccontare i colori della vera storia.
Così il paese inizia a cambiare volto e questo attrae numerosissimi personaggi del mondo artistico e culturale, nazionale ed internazionale, che in vario modo danno il loro contributo alla evoluzione culturale, politica e socio economica che determina il cambiamento di quello che era un piccolo e anonimo centro sardo in un “paese museo” oggi unanimemente apprezzato.
Gruppi spontanei si attivano per restaurare e imbiancare i muri che diventano “tele” su cui in breve tempo, muralisti di tutto il mondo, messicani, statunitensi, spagnoli, tedeschi, ungheresi, giapponesi, dipingono murales con i più diversi soggetti.
Particolarmente colpita dall’esperienza vissuta a San Sperate la pittrice Hansi Bhon sente il bisogno di trasmetterla con racconti e immagini in un libro che pubblica a Londra agli inizi degli anni ’70.
Questa attività inventata da Sciola ha un effetto prorompente e trova il pieno consenso sia della popolazione che dei personaggi di spicco della cultura dell’epoca e così si diffonde anche in altri centri dell’isola.
Gli artisti che vi hanno partecipato e contribuito poi a diffonderne la fama anche fuori dall’isola tanto che nel 1976 l’intero paese riceve il prestigioso invito alla Biennale di Venezia.
Un piccolo centro della Sardegna ottiene così il riconoscimento per l’attività artistica nel senso più ampio del termine, il movimento non si ferma infatti solo ai dipinti di vario genere e soggetto, ma fa vivere al paese l’arte nelle sue più svariate e arricchenti manifestazioni; gruppi teatrali, giornalisti e intellettuali, fotografi, archeologi, musicisti, attori e poeti, artisti locali, nazionali ed internazionali frequentano San Sperate e si incontrano alla Biennale per testimoniare l’identità culturale isolana e la sua piena sintonia con le avanguardie artistiche dell’epoca.

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