martedì 29 novembre 2011

GIUSEPPE PATALANO

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Pseudonimo: Bolivar Simon


Profilo Biografico Critico:
Giuseppe Patalano nasce a Forio il 14 febbraio 1901, decimo di quattordici fratelli; il padre, Luigi, è poeta, scrittore e giornalista repubblicano e anticlericale. Spirito inquieto, Patalano è protagonista di un'esistenza avventurosa e tormentata. Giovanissimo si imbarca come mozzo e comincia a viaggiare per mare, fino ad approdare negli Stati Uniti. Sbarcato a New York per la messa in disarmo della nave della società Green Star Line, raggiunge il fratello a Providence dove si arrangia facendo vari lavori, tra cui il cassiere in banca e il rappresentante. Per un incidente mai del tutto chiarito (un tumulto provocato in un tribunale, un incidente d'auto o un omicidio), nel 1934 Bolivar, affetto da amnesia, viene internato in un ospedale psichiatrico dove resta per quasi vent'anni. Dopo i primi tempi, recuperata in parte la memoria e rintracciato dai familiari, si guadagna la nomina di Fiduciario, grazie alla buona condotta e alla sua capacità di rapportarsi con gli altri pazienti. La lunga, drammatica ed intensa esperienza dell'internamento sarà raccontata dallo stesso Bolivar, su consiglio ed incoraggiamento del poeta Auden, in Bolivar, scritto in inglese nel 1977. Nel 1950 viene decisa la sua estradizione e l'anno seguente, suo malgrado, è costretto a lasciare il tanto amato paese adottivo e viene rimpatriato. Dopo un periodo di osservazione presso un manicomio di Napoli, torna a Forio: qui, nella sua terra natale, a cinquant'anni, scopre il suo talento artistico e si dedica alla pittura da autodidatta. Trova una fedele compagna, Maria Maddalena, soggetto ricorrente dei suoi ritratti, e una grande amica, la pittrice svizzera Lélo Fiaux, che gli organizza due mostre a Losanna nel 1956 e nel 1961. Proprio su consiglio di Fiaux Bolivar abbandona l'astrazione per il figurativo, dedicandosi per lo più a ritratti che rivelano l'influenza dell'espressionismo tedesco, assorbito dagli artisti presenti sull'isola, come Bargheer. Ercole Camurani (1982) commentando questa svolta, segue le fasi evolutive della sua pittura: "Il figurativo: pochi paesaggi di verdi cupi e cieli blu, e molti ritratti a tinte calde ma scure [...]. Poi per vent'anni fu espressionista, divisionista con tinte vivaci, seppure bianche e violette, ma con verdi e gialli accesi [...]". L'artista muore a Forio nel 1981. I suoi ritratti rivelano una violenta drammaticità nella deformazione del soggetto, aggredito da spessi impasti di bianco, biacca, calce, gesso e terra stesi liberamente sulla tela con un coltello o una spatola. Scrive Manlio Miserocchi (1982): "Un atlante di gente; scaricatori di carbone, dei preti, delle figlie di ambasciatori, degli scrittori, venti volte Maddalena [...]. Sembra uno scultore quando lavora. Le sue facce sono dei solchi nella terra. [...] I suoi ritratti sono allucinanti, crudeli, grotteschi, brutali, ma la loro violenza è vera, è più di Ensor, un mediterraneo ingenuo, senza retorica [...] Le sue immagini sono uragani. [...]". La sua pittura dunque, se per la forza delle immagini come espressione di un'inquietudine e di un disagio interiori si accosta alla poetica espressionista e per l'uso e la stesura dei colori alla tecnica divisionista, ha una componente materica e gestuale che richiama l'informale. Quello di Bolivar resta comunque un percorso artistico personale e unico: a questo proposito è l'artista stesso a dichiarare, rispondendo ai paragoni con Cézanne e Van Gogh: "Non sono loro, ma appartengo a me. E poi la tecnica è diversa. Van Gogh dipingeva a linee, io dipingo largo, a volute, a pollice ricco libero. Sono un muratore." (cfr. Miserocchi, p. 176). La pittura è sentita anche come gesto liberatorio e terapeutico, come sfogo di un dolore e di un tormento interiori, come espressione di solidarietà, di umanità, di empatia. Le parole con le quali Bolivar conclude le sue memorie (1977) ne sono una testimonianza: "Ma ora, nel mio paese natio, ho ottenuto la vera guarigione del mio cervello attraverso la pittura, e la mia vita è oggi dedicata all'arte e all'esercizio di un dono che ignoravo di possedere se non dopo i miei cinquant'anni! Poeti, scrittori, alcuni di loro di fama mondiale, ed altri artisti acclamano questo dono naturale, e mi è stato detto di possedere un approccio straordinario ai soggetti umani che uso come modelli: io coopero con loro, penetro nella loro psicologia e li rappresento sulla tela. Chi potrà mai dire se ho appreso questo segreto, trovato questa chiave psicologica nell'inferno che ho sopportato per oltre quindici anni? Dal male nasce il bene, si dice. Forse io sono un altro esempio vivente di questa grande verità. Il crederlo mi appaga e mi aiuta a sopportare i ricordi del passato."
Bibliografia Generale:
BARBIERI GINO, Forio. Nella storia, nell'arte, nel folklore, Forio, Biblioteca Privata G. Barbieri, 1987, pp. 133-135; BOLIVAR SIMON, Bolivar. Con uno scritto di Ercole Camurani, Bologna, Forni, 1978; CONTE GIOVAN GIUSEPPE, Bolivar, in AA.VV., Sei artisti ischitani, catalogo della mostra, Forio, Galleria Del Monte, 7-30 settembre 1985, p.5; MALAGOLI EDOARDO, La tradizione culturale ed artistica dell'isola d'Ischia, Napoli, La città del Sole, 1998, pp.54-55 ; SETTANNI ETTORE, MISEROCCHI MANLIO, CAMURANI ERCOLE, "Bolivar: solitudine di un vecchio pittore", in IELASI MASSIMO (a cura di),Artisti dell'isola d'Ischia, Napoli, Società editrice napoletana, 1982, pp. 175-182; SETTANNI ETTORE, "Bolivar", La Rassegna d'Ischia, anno XX n. 4 giugno 1999, p.33; ZIVELLI PIETRO PAOLO, Era bella Forio, Forio, 1989, pp. 93-97.

Opere:

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© Giuseppe Patalano

Fonte

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