A pelo d’acqua, accovacciato a prua della shikara, Kadir pagaia dolcemente nel Dal Lake. Alle spalle le vecchie case ammonticchiate le une sulle altre di Srinagar, la perla del Kashmir. Lontani i rumori della città coi suoi mercati, le vecchie auto, i boulevard coi doppi filari di platani fin sulle sponde del lago.
Srinagar (Kashmir), mercato galleggiante © Tonj Lardani
Venticinque ore di corriera per lasciare il caldo opprimente e il caos di Delhi fino alla galleria di Jawarhar. Oltre il tunnel si spalanca la verdissima vallata kashmira con le imponenti catene montuose himalayane del Ladakh, il Piccolo Tibet.
© Marta Forzan
“Città della bellezza e della conoscenza”, Srinagar per secoli uno dei centri culturali e filosofici dell’Asia. Lo racconta la Moschea del Venerdì, la Moschea di Shah Hamdan e Roza Bal. I giardini Moghul, balconi persiani sulle rive del lago, tra i più belli d’Oriente.
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Alberi secolari, maestosi come cattedrali stretti tra acqua e montagne. L’aria fresca di Srinagar, ti sveglia dal torpore d’un lungo viaggio per gettarti in una fiaba racchiusa come una conchiglia nello specchio d’acqua color giada alimentato dai ghiacciai del Pir Panjal che circonda la valle.
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Occhi vispi come grani di pepe, corpo snello e asciutto, chioma folta e bruna, il giovane gondoliere della Venezia himalayana raccoglie dall’acqua un fiore di loto e lo dona con grazia suggellando una tenera complicità senza prezzo.
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Dai fondali emergono sinuose alghe simili a sirene che danzano tra le verdi foglie di loto e lilium. L’ultimo sole spande tutto il suo oro sul lago. Un mare di seta che ondeggia in mille sfumature. La brezza soffia tra le foglie di salici e betulle che frastagliano il cielo con movimenti leggeri e argentei. E tutto appare nitido come un’incisione antica.
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Lungo la riva sciabordar di onde, sbatacchiar di panni e l’ultima nenia serotina del muezzin. Si sente l’Islam nelle vie, nel bazar sulla terraferma di Srinagar. Sui vecchi poster scollati dai muri con l’immagine di Khomeini. Sulle burka che copron le donne. Mentre al suo interno si agita una forte spinta indipendentista, la regione più a nord dell’India, è oggi contesa tra India, Cina e Pakistan.
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Sul lago tutto cambia. L’atmosfera è pacata, rilassante, quieta come la pagaia che sfiora l’acqua mentre la striscia gialla scompare inghiottita dal grigio delle prime gocce di pioggia che chiudono il giorno. La shikara attracca sui gradini della houseboat nel Dal Gate, ed è già profumo di sandalo.
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Interni intarsiati in legno, tappeti kashmiri, tavoli in noce e arredi in stile coloniale. Verande come merletti veneziani da cui contemplar luna e stelle, tanto vicine da poterle toccare. Qui non c’è posto per ansia, stanchezza. Solo scintillio dell’acqua, nuance di colori d’artista ignoto. Solo lieve timore di veder fuggir via quell’istante infinito.
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Chapati appena sfornato, ciai allo zafferano e cardamomo, un cesto di mele, arance, corbezzoli e cetrioli. Fragranze di karbusi (melone), burro e uova. Sulla bianca tovaglia dell’alba, petali di rosa sparsi. Gialli, rossi, viola tra bricchi d’argento, porcellane e incenso. Quasi le cinque del mattino. Dalle finestrelle ornate s’intravede una nuvola viaggiare per l’aria come una vela. Lo sguardo scivola sui gradini in legno fino ad incontrare gli occhi di Kadir in bilico sulla sua shikara piena di fiori e cuscini.
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Partiamo alla volta del mercato galleggiante. Ogni giorno, dalle quattro alle sette, si radunano venditori e acquirenti di ortaggi d’ogni tipo. Solo uomini con le loro “gondole”. Le più, usurate dal tempo, altre ricoperte da disegni accesi e cariche di fiori.
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Il chiarore del primo albore penetra tra i salici che abbracciano i canali, vivi e sonori. Lance di sole accendono l’acqua con diagonali di fuoco in un silenzio assoluto pettinato da sterminate distese di fiori di loto.
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Poi voci fresche e cantanti del suk galleggiate. L’arrembaggio dei contadini che si muovono per dar vita al più antico mercato del mondo, il baratto. Scambi essenziali, strette di mano. Chiacchiere a suon di pesi e bilance. Zucche, verdure e melanzane in vendita coi rimi lenti della contrattazione.
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Le shikare sono le une a ridosso delle altre. Molte si svuotano e tante si riempiono scompigliando la compattezza d’un puzzle fluido che intesse grovigli e nodi difficili da sciogliere se non fosse per l’abilità di questi gondolieri asiatici dai gesti antichi.
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C’è chi vende semi di garofani, biscotti, dolci e tè khasmiro sotto un cielo che si riversa sul lago come un consenso di gioia mattutina.
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Una poesia, un dipinto. Una miniatura seicentesca, confine tra spirito e natura di un rapporto che da secoli lega l’uomo di Srinagar al lago di loto. Alle sette è tutto finito. Le barche si allontano. Risuona l’Asham, la preghiera del mattino che scandisce la giornata. A Srinagar è iniziato un altro giorno.
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