I suoi inizi sono fortemente influenzati dalla scoperta delle immagini di André Kertész e Eugène Atget . Torna a Londra nei primi anni 30 e lavora come freelance per varie riviste. Attraverso i suoi primi lavori e nel primo libro "The Enghish at Home" (1936), il fotografo compie un'analisi della struttura sociale inglese, mettendo in mostra le disparità di classe che erano state acuite dalla “Depressione”.
Children in Sheffield 1937 © Bill Brandt Archive Ltd
Alla fine degli anni '30 riflette sulle condizioni di vita dei minatori nel nord dell'Inghilterra, colpiti dalla disoccupazione. Nell’arco della seconda guerra mondiale, lavora come fotografo per il governo, mostrando la vita dei londinesi durante i bombardamenti notturni. Durante questi anni usa una Rolleiflex, una reflex biottica che ama per la maneggevolezza del formato (5,7 x 5,7) adatta ai tagli in stampa e all’accurato lavoro di camera oscura. Ed è proprio in camera oscura che Brandt si rivela un maestro, per il trattamento dei toni e per il caratteristico contrasto che riesce a dare alle foto.
Non reporter, ma umanista, egli si propone lungo l’arco degli anni della Depressione e della Guerra Mondiale, nella veste di “comunicatore sociale”, che opera con i mezzi di una fotografia d’ispirazione surrealista che sa ben focalizzare gli emblemi della condizione umana.
La sua presa di posizione, però, più che politica è culturale, ed il suo impegno sociale è ampiamente condiviso dall’ambiente intellettuale del tempo: la sua attenzione verso le fasce svantaggiate della società è la stessa che appare nelle opere di scrittori come Orwell o J.B. Priestly, che in “An English Journey” descrive puntualmente il clima di desolazione che Brandt ha saputo acutamente trasmettere con le sue immagini di Jarrow, cittadina mineraria del nord dell’Inghilterra con un triste primato di disoccupazione.
Per meglio veicolare il proprio messaggio, Brandt opera sempre con perizia guidando lo sguardo dello spettatore esattamente laddove desidera. A sua disposizione ha mezzi tecnici nuovi per l’epoca come il flash, che usa d’appoggio alla luce ambiente, e la Rolleiflex, una reflex biottica che egli sceglie perché alla maneggevolezza unisce un formato (5,7 x 5,7) adatto ai tagli in stampa e all’accurato lavoro di camera oscura cui si dedica personalmente. Nel corso degli anni Trenta, non si discosta troppo dai canoni di stampa convenzionali, che richiedevano una piena leggibilità dell’immagine ed un’estesa gradazione di toni di grigio, ma in seguito preferirà l’interpretazione più espressionistica d’un bianco e nero dai forti contrasti, e non esiterà neppure a “rifinire” le foto con poco ortodossi ritocchi a penna.
Bill Brandt - East Durham 1937
© Bill Brandt Archive Ltd
http://www.masters-of-photography.com/B/brandt/brandt_miners_returning.html
“Un fotografo deve possedere e mantenere il potere ricettivo di un bambino che vede il mondo per la prima volta”.
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