Un enigma tra De Chirico, Magritte,Ernst, Man Ray
23 marzo — 30 giugno 2013
Fondazione Magnani Rocca - Parma – Mamiano di Traversetolo
*****************************************
Delvaux e il Surrealismo
Affabulatore dell’inconscio, intrigante stratega di atmosfere da sogno, Delvaux trova fonte d’ispirazione in quelli che lui considera i suoi due mentori, Giorgio De Chirico, il metafisico “faro” per i surrealisti, e René Magritte, insieme a Delvaux il più grande pittore belga del XX secolo: “Cercavo negli altri l’alimento che mi permettesse di scoprire me stesso. Perciò ho fatto pittura espressionista. Ho fatto pittura come quella di Ensor. C’era qualcos’altro che volevo trovare: fu allora che scoprii Giorgio de Chirico, e fu lui, d’un tratto, a mettermi sulla strada giusta”. Si presenta con queste parole Delvaux, protagonista della stagione del Surrealismo, il movimento d’avanguardia nato nel 1924 col Manifesto di André Breton, che eleva il sonno a stato di coscienza e realtà, con Sigmund Freud inconsapevole profeta: “Automatismo psichico puro con il quale ci si propone di esprimere il funzionamento reale del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale.
Max Ernst, Le Chasseur, 1926 olio su tela, 100 x 81 cm collezione Musée d’Ixelles, Bruxelles, Legs Max Janlet, 1977 © SABAM Belgium 2013, photo Mixed Media
Un enigma tra De Chirico e Magritte
A partire dal 1934, dopo un periodo improntato a interessanti riprese impressioniste ed espressioniste in paesaggi e figure umane, l’artista conferisce alla sua arte una fisionomia definitiva, costruendo una dimensione onirica perfettamente plasmata, esito della fusione dello spazio metafisico di De Chirico coi brani di spaesamento propri di Magritte. La risultante emblematica che si impone nelle sue tele è un’immagine femminile dal corpo infuso di mistero, diafano e spettrale nella sua nudità quasi fosforescente, talora coinvolto in sorprendenti metamorfosi e collocato in luoghi irreali, sospesi in una dimensione di scardinamento della logica temporale, dove architetture dell’antichità classica convivono con reperti della modernità, come treni e stazioni.
Man Ray-Mannequin dello stesso Man Ray-Exposition Internationale du Surrealisme, 1938 stampa fotografica – Collezione Mauro Carrera - Parma
L’artista
Paul Delvaux (Antheit les Huy, 1897 – Furnes, 1994), dopo studi di architettura e pittura a Bruxelles, dagli anni del raggiungimento della sua maturità d’artista pratica una specie di paradossale surrealismo classico. Non ci sono, nelle sue opere, quelle deformazioni “mostruose” prodotte dagli incubi propri di tanta pittura surrealista, non vi è traccia di quel proliferare di anatomie stravolte, derivate alla lontana dall’eredità di un Medio Evo fantastico, che popolano i quadri di Bosch, l’antenato fiammingo.Il surrealismo, per Delvaux, si manifesta piuttosto col tono di una fiaba, con un senso di placida normalità che riguarda corpi, spazi, prospettiva. Si avverte però qualche incongruità, qualche falla nel tessuto logico del visibile; un vento lieve di follia si alza ad agitare questo mondo e tutto diventa strano e straniante, irraggiungibilmente estraneo. Quella che a prima vista poteva sembrare una realtà riconoscibile si trasforma in un pacato enigma, senza punizioni terribili per chi non lo risolverà; resta l’impossibilità di comprendere il senso autentico delle messe in scena dell’artista, ma anche di capirne il nonsenso, distinguere il punto in cui la narrazione si fa prima ambigua e poi incontrollabile.
L’eterno femminino
Forse, il senso – o il nonsenso – del mondo di Delvaux si rivela proprio nell’incrinatura stridente che si apre tra una lettura “realistica” delle sue figure e una lettura invece abbandonata alla meravigliosa discrezione delle sue invenzioni. Come se lo spettatore si trovasse al cospetto di una serie di oscure allegorie sprovvisto del codice per decifrarle, come se una scena di normalità si trasformasse nell’allegoria di un significato perduto. Il quadro si pone così come intercapedine fra noi e un mondo sconosciuto; la sua funzione non sembra essere quella di stabilire una comunicazione con quel mondo, piuttosto quella di manifestare un’impossibilità di comunicazione.
La visione di ogni quadro di Delvaux lascia il senso di una mancanza, quasi una piccola nostalgia, senza ansia, una specie di distratta serenità; come se questa visione giungesse a confermare una conoscenza rimossa. Le donne imperversano nei dipinti di Delvaux, quasi sempre portatrici caste (?) di nudità; narrano mute le storie di un mondo al femminile, l’inazione tornisce le loro forme di lucente levigatezza, che mostrano con noncurante consapevolezza. Un codice di posture manierate rende astratta la loro presenza, sospesa in un rigoroso linguaggio di sottrazione, in una condotta di verità simbolica, criptogrammi di una vita vagamente metafisica, certamente proiezioni dell’impegnativa figura materna.
Teorema dell’insensatezza
Il luogo è l’altrove, il tempo è il futuro anteriore. Il riferimento certo è De Chirico; tutto il Surrealismo, del resto, gli deve tanto: con i suoi quadri dei primi anni Dieci, egli non inventa soltanto un modo di dipingere, inventa un modo di immaginare che prima non esisteva. I più famosi pittori surrealisti, da Tanguy a Magritte a Ernst allo stesso Delvaux, hanno ammesso che i quadri di De Chirico sono stati per loro una vera rivelazione.Delvaux deve a De Chirico la “classicità” del suo personale surrealismo; la presenza costante di edifici classici e rinascimentali, di archi e colonne testimonia questo debito. Ancor più importante è la derivazione da De Chirico della sua poetica dell’incongruo, dello straniamento, secondo la quale nel dipinto tutto appare normalizzato, ma l’esame attento delle relazioni tra i personaggi e le cose smaschera una realtà diversa, la traccia di un enigma che resterà tale, per dare corpo a un teorema di insensatezza, a un sogno sostitutivo. Un paradosso, ma forse per Delvaux l’unica via di fuga da verità inconfessabili, alle quali preferì il mistero.
La mostra, che si avvale del sostegno di Fondazione Cariparma e Cariparma Crédit Agricole, è corredata da un ricco catalogo, contenente saggi di Arturo Carlo Quintavalle, Stefano Roffi, Laura Neve, Mauro Carrera, Elisa Barili, Pierre Ghêne.
Fondazione Magnani Rocca
via Fondazione Magnani Rocca 443029 Mamiano di Traversetolo, Parma
Tel. 0521 848327 / 848148
Fax 0521 848337
info@magnanirocca.it
Orari
Dal martedì al venerdì
continuato 10.00 – 18.00(la biglietteria chiude alle 17.00).
Sabato, domenica e festivi
continuato 10.00 – 19.00
(la biglietteria chiude alle 18.00).
magnanirocca
*****************************************
Belgian Surrealist painter, born at Antheit near Huy. Attended the Académie des Beaux-Arts, Brussels, studying first architecture then painting for three years under Constant Montald. Early paintings influenced by the Expressionists Permeke and de Smet. First one-man exhibition with Robert Giron at the Galerie Breckpot, Brussels, 1925. Discovered Surrealism through the work of de Chirico and Magritte, and turned to painting female nudes in architectural settings. Visited Italy in 1938 and 1939 and was impressed by the architecture of ancient Rome. Did not exhibit during the Occupation; a large exhibition of his work was held at the Palais des Beaux-Arts, Brussels, in December 1944. Taught at the Ecole Nationale Supérieure d'Art et d'Architecture, Brussels, 1950-62. Executed mural paintings for a room in the house of Gilbert Périer in Brussels 1954. Lives at Boitsfort, near Brussels.
delvauxmuseum
Nessun commento:
Posta un commento