Le donne del movimento
femminista la conoscono bene: negli sguardi delle “sue” donne c’è
l’interrogativo che in quegli anni si rifletteva su di sé, oltre che sul mondo.
La conosceva il movimento sindacale, con cui ha spesso lavorato. La conoscevano
intellettuali, scrittori, poeti, con cui interloquiva, inseme a cui cercava.
Schierata a sinistra, sempre per la pace: nei suoi scatti andava dritta
all’essenza delle cose: l’intensità degli sguardi, i movimenti, la direzione
della luce. La verità: che fosse nello sguardo di una bambina prostituta, di
una monaca in ascesi, di un ragazzo pastore, di una lavandaia, di una vecchia
pellegrina, la ricchezza vera del mondo. Questo cercava nei suoi viaggi in
terre lontane, questo raccontava nei suoi reportage.
Bambini, tanti. Donne e uomini,
i riti religiosi, la povertà, la dignità. La speranza di un futuro meno misero,
la rivolta e la pace, l’incontro e la gioia. Nell’intensità dei suoi scatti il
distillato di un rapporto con le persone che ne metteva al centro la vita, la
storia. Lei, la fotografa, schivava con abilità interviste e esposizione
mediatica: parla il mio lavoro, diceva. Era vero.
In questi dieci anni però il
suo lavoro non ha più parlato, ed è un peccato. L’archivio è affidato
all’Istituto centrale per il Catalogo e la documentazione, 4.200 pellicole, e
poi provini, stampe, mostre, volumi fotografici, documenti… Tra l’altro, un
menabò già pronto, l’ultimo libro che Sebastiana Papa non ha avuto il tempo di
pubblicare. Un viaggio nel monachesimo di tutte le religioni e di tutto il
mondo, dal Giappone alle ex repubbliche sovietiche, dal’Africa al mondo arabo.
E all’Italia, naturalmente.
Le sue
fotonarrazioni fanno riferimento a mondi diversificati, ma accomunati
dall'umanità a cui tutti appartengono. Vi è il mondo dei monasteri, delle
cucine medioevali, dell'India e dei suoi problemi, della seta e delle stoffe,
della mitologia e dell'amore, dei silenzi, dell'infanzia, del razzismo e dei
campi di sterminio visti attraverso i superstiti, della prostituzione, della
musica.
La sua
ricerca appassionata la porta a puntare l'obiettivo verso la microrealtà dei
volti, dei gesti, delle mani, degli atteggiamenti, del sorriso o del pianto.
Ma la
sua passione non si ferma qui. Questa fotografa, sulla breccia ormai da anni,
con la pazienza e con la dolcezza che la caratterizza, si mette a tavolino e
"impagina" i propri libri e le proprie mostre con lo stesso stile e
la stessa capacità di quando gira per le strade del mondo.
Ha
esposto le sue fotografie in mostre tenute in diverse parti del mondo: da
Calcutta a Gerusalemme, da Brasilia a Mosca, a diverse città italiane, sono
solo alcuni luoghi che lasciano intuire quanti altri luoghi della terra
Sebastiana abbia raccolto, attraverso la forma della scrittura che lei ha
scelto, e narrato nei volti, nei gesti, nei sorrisi a volte spenti, nelle mani
affettuose, nel lavoro quotidiano. I suoi libri, che esprimono un segno di
raffinatezza, sono sempre accompagnati da brani di poesie, di testi classici,
preghiere cristiane, indiane o islamiche, detti o proverbi scoperti sempre con
piacere ed entusiasmo.
La Papa
difficilmente lascia interviste perché dice: "Le mie opere parlano di
me" e quelle
opere per lei "sono come scrivere un libro -
c'è un'idea, una struttura e una sintesi".
Come donna
racconta quel femminile di Dio attraverso le sue riflessioni fotografiche sulle
donne, che sono sempre colte in un gesto, in un'azione, come la giovane
palestinese che da da bere alla sua bambina, o le suore colte nelle varie
occupazioni o le indiane che lavano i panni o il proprio uomo nelle torbide
acque di un fiume o la donna che spacca la pietra o trasporta carichi pesanti.
Ogni
suo scatto non consegna alla storia della fotografia un'immagine, per quanto
drammatica o tecnicamente ben riuscita, ma una profonda riflessione sul vissuto
femminile e sul frammento di divino che esso esprime.
La sua
storia visiva, raccolta in tutto il mondo, narra le vicende vissute e sofferte
di tutte le latitudini, senza distinzione di colore né di religione. Le donne,
i bambini, le persone meno protette occupano il suo obiettivo, con i loro
sguardi smarriti, con i loro corpi affaticati, con le loro espressioni
impaurite, con le poche cose di cui dispongono, con il loro intenso quotidiano.
C'è un
universale che è dato dall'ampiezza e dalla diversità delle immagini, ma
soprattutto dall'intensità e dall'umanità dei diversi vissuti.
Narra
la vita e ci restituisce immagini silenziose e profonde che coinvolgono e che
invitano a fermarsi, per andare oltre la nostra frettolosa quotidianità che ci
impedisce di vedere in profondità.
Guardando
le sue foto la Papa commenta: "l'emozione con cui ho scattato la foto é la
stessa che si coglie nella foto" e le sue foto mostrano il dettaglio poco
visibile, il lato nascosto e quasi impercettibile della realtà. presdonna
All images © Sebastiana Papa
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