venerdì 4 giugno 2010

IL PICASSO D’AFRICA GEORGE LILANGA


“La cosa più importante, che è facile capire dal mio lavoro, è che tutta la mia arte deve essere vista come espressione della mia felicità”.
Pittore e scultore tanzaniano, nel 1961 ha iniziato la sua carriera artistica come scultore, mentre sono del 1965 le sue prime pitture su pelle di capra montate su telaio.
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Esponente di spicco della pittura swahili, oggi è considerato il Picasso d’Africa; con il suo immaginario personale, costituito da figure, come cartoon in continuo movimento, senza dubbio affini a quelle create dallo statunitense Keith Haring, Lilanga rappresenta la cultura e la mitologia della sua gente in opere brulicanti di corpi grotteschi, dai colori vivaci e animati da un movimento ritmico, mostrando con ironia – anche nei titoli – i fatti della vita quotidiana. ( tratto da l’ “ENCICLOPEDIA DELLA PITTURA E DEI PITTORI”, Federico Motta Editore)

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Lilanga fonde in un originale e personale linguaggio le culture della propria terra, la scultura makonde e la lezione della Scuola Tinga Tinga: i personaggi diabolici della tradizione, gli “shetani”, rappresentati dalle sculture in legno d’ebano, si trasformano in uomini-fantasma, con il pareo e le orecchie lunghe, la pancia gonfia e la disarticolazione motoria, in un progressivo accumulo di figure e corpi, sempre inquieti e in movimento. La sua pittura è una danza collettiva, espressione di una cultura tribale viva, autentica ed esasperatamente contemporanea.
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Lilanga appartiene alla stirpe di questi artisti, spesso anonimi, che hanno eretto epopee e cosmologie. Il fatto che egli, nell’era della globalizzazione, riesca a suscitare simili rimandi e a colpire un vastissimo pubblico con le sue invenzioni è indice di una capacità straordinaria di tradurre il mondo, il suo mondo, in figure che fanno pensare all’immaginario. E’ una danza infinita, la danza di un mondo che ballando, saltando, dimenandosi, contorcendosi, traduce tutto, ma proprio tutto in movimento ritmico: il rito, la quotidianità, l’allegria, ma anche la fame, la lotta per la sopravvivenza e le tradizioni e i simboli atavici. Se i colori sono perennemente squillanti non è perché esprimano solo la felicità, bensì perché colgono la pienezza dell’essere in tutte le sue manifestazioni. figure che fanno pensare all’immaginario. E’ una danza infinita, la danza di un mondo che ballando, saltando, dimenandosi, contorcendosi, traduce tutto, ma proprio tutto in movimento ritmico: il rito, la quotidianità, l’allegria, ma anche la fame, la lotta per la sopravvivenza e le tradizioni e i simboli atavici. Se i colori sono perennemente squillanti non è perché esprimano solo la felicità, bensì perché colgono la pienezza dell’essere in tutte le sue manifestazioni.
Fonte

image George Lilanga
CIRCUS IN THE MORTAR / "SARAKASI KWENYE KINU" (1991)
Enamel on ceiling board
24.02 x 24.02 inches
61 x 61 cm
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  George Lilanga
HELLO DEARS ARE THESE FRUITS SWEET / "JE MWENZANGU MATUNDA HAYA MATAMU" (1991)
Enamel on ceiling board
24.41 x 24.02 inches
62 x 61 cm
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  George Lilanga
HUSBANDRY / "BABA NA MAMA NAKAKA NI..." (1992)
Enamel on ceiling board
55.12 x 47.64 inches
140 x 121 cm
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 George Lilanga
WAPAKUAJI WA ASALI (1992)
Enamel on ceiling board
47.64 x 39.37 inches
121 x 100 cm
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  George Lilanga
EATING CONTEST / "AYA'NI MASHINDANO KULA MSHINDI..." (1992)
Enamel on ceiling board
55.51 x 47.24 inches
141 x 120 cm
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  George Lilanga
This witch doctor gives his students the medicine in order to help themselves (2000)
Enamel on ceiling board
47 x 70 inches
120 x 180 cm
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  George Lilanga
I CAN'T TRAVEL WITHOUT LOOKING AT MY MIRROR (2000)
Enamel on ceiling board
23.62 x 23.62 inches
60 x 60 cm
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  George Lilanga
TO HELP IS HELPING EACH OTHER (2000)
Enamel on canvas
99 x 55 inches
253 x 142 cm
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  George Lilanga
Youths looking in the mirror (2000)
Enamel on canvas
99 x 55 inches
252 x 142 cm
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  George Lilanga
This is time for eating (2000)
Enamel on ceiling board
47 x 70 inches
120 x 180 cm

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