“Noi che viviamo ancora sulla terra
ci rivolgiamo a quelli che stanno sotto terra,
vicino alle radici degli alberi,
tra essi, con essi,
formando parte di essi,
vegetali che vedono, sentono, odono,
e che chiamiamo morti perché così li chiamano.”
Miguel Angel Asturias - poeta maya
L'odore e il colore sono inconfondibili: forti e penetranti. E' la fine di ottobre, periodo di raccolta del cempasùchil , cempoalxochitl in lingua nahuatl, che significa « la flor infinita », il fiore dagli infiniti petali. La relazione che lega il dìa de Muertos , il giorno dei Morti, e questo fiore affonda le sue radici in epoca preispanica. Quando i mercati iniziano a riempirsi di questi fiori giallo ocra è il segnale che ci avvisa dell'arrivo della festa di chi ci ha lasciato.
Nella antica concezione mesoamericana della vita e della morte, la dislocazione delle anime nel mondo dei morti non era legata, come nella religione cattolica, al comportamento in vita della persona, ma al modo in cui questa era deceduta. Tre erano i luoghi dove le anime avrebbero trovato l'eterno riposo, non prima però di aver vagato per quattro anni, affrontando ogni tipo di pericoli ed eventi per approdare infine nel regno dell' inframundo .
Durante questo lungo viaggio le anime potevano tornare alle proprie dimore terrene solamente una volta l'anno, data che coincideva con gli inizi di novembre. Affinché queste anime erranti recuperassero forza e coraggio, gli Aztechi preparavano loro un banchetto con il cibo e le bibite che più desideravano quando erano in vita. L'odore del cempasùchil e del copal bruciato negli incensari avrebbero guidato gli spiriti nel loro cammino di ritorno tra i vivi.
Le comunità indigene, guardiane delle ritualità più antiche, vivono questa cerimonia con riserbo e riverenza. « Todos Santos es el mas grande dìa para nosotros, los indios. Los muertos chicos vienen al medio dìa del 31 y se van a las doce del dìa primero. A esta misma ora entran los muertos grandes y se retiran a la media noche del dos de noviembre » ( Tutti i Santi è, per noi indios, la festa più importante. I morti piccolini arrivano a mezzogiorno del 31 e se ne vanno alle 12 del giorno uno. A quella stessa ora sopraggiungono i morti grandi, che si ritirano alla mezzanotte del due di novembre ).
E' impossibile raccontare i mille diversi modi in cui ogni comunità celebra questa festa, ma in ognuno di essi sono evidenti sia i tratti precolombiani del culto dei morti, che quelli ispanici eredità della conquista.
La preparazione per dare il benvenuto alle anime inizia molti giorni prima e tutto viene predisposto con attenzione: innanzitutto si ripuliscono le tombe dalle erbacce e nella stanza principale della casa viene realizzato un altare, la ofrenda . Un tavolo coperto da una tovaglia, preferibilmente bianca (a volte ora è sostituita da una tovaglia di plastica stampata) è la base sulla quale costruirlo.
Per delimitare lo spazio sacro dell'altare si realizzano degli archi legando alle gambe del tavolo delle canne verdi. Sotto questi archi, addobbati con fiori, foglie di palma o di banano e, a volte, con frutta fresca, viene realizzato l'altare vero e proprio. Vi trovano posto le fotografie dei defunti; vasi con acqua fresca per dissetarli dal lungo viaggio; pan de muertos ; frutta; calaveras (teschi di zucchero che vengono in genere acquistati o regalati per l'occasione); candele e oggetti personali del defunto o giocattoli se questo era un bambino.
Gli spazi nella casa e nel cimitero assumono forme e significati ben distinti. I morti riacquistano la vita nei ricordi dei vivi, i quali evocano il loro modo di essere, i loro gusti le loro virtù e i loro difetti. Tra le anime che aspettano il ritorno e coloro che vivono in questo mondo si stabilisce un intenso dialogo.
I primi ad arrivare sono gli angelitos , le anime dei bambini. Dopo aver trascorso un'intera giornata con i parenti, si ritirano nella loro lontana dimora quando, nel pomeriggio del giorno successivo, iniziano ad arrivare le anime dei morti adulti.
Gli intensi odori del copal , del cempasùchil , l'aroma dei piatti più prelibati, dei frutti e del pan de muertos saziano le anime dei morti. Gli abitanti di Teotitlan affermano che i doni dell' ofrenda sono molto più leggeri dopo che gli spiriti si sono ritirati. Questo succede « porque los difuntos se alimentan con el espìritu de la comida y se llevan su esencia» ( Perché i defunti si alimentano con lo spirito delle vivande e si portano via la loro essenza).
Anche se ogni comunità ha stabilito la sua forma di dialogo con le anime, precise norme di ospitalità e rigorosi codici di comportamento, in quasi tutti i popoli indigeni del Messico il tempo profano del sudore e del lavoro viene interrotto dal dìa de Muertos , per dare spazio al tempo consacrato al ritorno delle anime degli antenati.
A Teotitlan, villaggio di abili tessitori artigiani, nei giorni dedicati ai morti non si lavora perché «nadie debe trabajar mientras los espiritus estan de visita» (Nessuno deve lavorare mentre gli spiriti sono nostri ospiti).
Tra gli Tzotziles, popolo maya del Chiapas, almeno una settimana prima della festa gli uomini iniziano a porre trappole per cacciare la selvaggina, raccolgono frutti selvatici, legumi e verdure. Viaggiano verso San Cristobal de Las Casas per comprare pane, carne e tutte le cose che piacevano ai propri morti quando erano in vita. Due o tre giorni prima si preoccupano di ripulire le tombe dalle erbacce, per renderle presentabili nel giorno della festa. Le donne si incaricano di cucinare i piatti più prelibati desiderati dai parenti defunti.
Finalmente nel giorno dedicato ai morti, tutte le famiglie si recano al cimitero per attendere l'arrivo delle anime, portandosi dietro grandi quantità di frutta, le vivande cucinate, pan de muertos, mezcal , aguardiente , candele e ogni altro ben di Dio. Le tombe vengono ricoperte di fiori, di doni e di candele. Il fumo dolce del copal sale da centinaia d'incensari disposti intorno alle tombe. Al calare del sole il cimitero viene avvolto dall'oscurità e migliaia di candele iniziano a brillare. Centinaia di volti indigeni, raccolti intorno alle tombe, vengono illuminati dalla loro luce tremolante. Tra fiori, candele e copal , bambini, donne e uomini, seduti o sdraiati in terra conversano, mangiano, cantano e ridono, bevendo aguardiente o mezcal . I musicisti si spostano di tomba in tomba e, a richiesta dei parenti, suonano i brani preferiti dai loro morti.
I doni disposti sulla tomba sono una sorta di invito al defunto a «venir a la casa, como solia hacerlo antes de morir; allì han puesto una mesa en el màs bonito rincòn. Te estamos esperando» (Venire a casa, come facevi prima di morire; abbiamo preparato la tavola nell'angolo più bello della casa. Ti stiamo aspettando).
La famiglia aspetta in casa fino al tramonto del sole, quando vengono accese le candele: grandi per i morti già adulti, piccole per i bambini.
«Aquì està lo que tenemos, es tuyo; perdonà que sea tan poco, pero somos pobres» ( Qui sta tutto quello che abbiamo, è tuo; perdonaci che sia così poco, ma siamo poveri).
Pregano i defunti di mantenerli in vita e buona salute, affinché il prossimo anno possano offrire ancora maggior doni alle anime. In questo modo è interesse dei morti proteggere i vivi, affinché nulla accada loro.
A Chenalò, in Chiapas la mattina del 1° novembre si insedia una giunta, in sostituzione di quella ordinaria, che governerà per 24 ore a nome dei morti. I membri dell'organismo politico abbandonano l'incarico per cederlo al Gobierno de las Almas (Governo delle Anime), durante una cerimonia in cui viene ceduto il bastone del comando. La chiesa deve rimanere chiusa per tutto il tempo della festa e una lunga corda viene legata alla campana, facendola scendere fuori dalla torre campanaria, fino giù in strada. La campana suonerà a brevi intervalli tutto il giorno e la notte, per invitare le anime a partecipare alla festa e divertirsi insieme ai vivi.
Di fronte alla porta della chiesa viene imbandita una grande tavolata. La nuova giunta provvederà a governare il villaggio per tutto il giorno e la notte promettendo, alla fine della cerimonia, di difendere i defunti per l'intero anno.
Passata la festa i morti debbono ritornare alla propria dimora, ma alcuni sono piuttosto riluttanti a farlo; continuano a girare nel paese, intorno alle case dei parenti, forse con l'intenzione di tramutarsi in spiriti burloni, che si divertono a molestare i vivi.
«Algunos espìritus se van despacio y otros se emborrachan, asì que la fiesta sigue hasta el tres de noviembre» ( Alcuni spiriti se ne vanno lentamente e altri si ubriacano, in questo modo la festa continua fino al tre di novembre).
Proprio per evitare che questo accada, in alcuni villaggi si dispongono specifiche cerimonie. Nei pressi di Oaxaca, nel villaggio di Yalalag, il sacerdote percorre il paese accompagnato da musicisti, recitando il Salve Regina e altre specifiche esortazioni affinché le anime che ancora dimorano nel paese ritornino nel regno dei morti. Entra in tutte le case per assicurarsi che nessuna anima si stia nascondendo. Dato che alcune si perdono durante la via del ritorno, bisogna aiutarle a ritrovare la strada; altre, invece, non hanno nessuna intenzione di andare via e pertanto occorre esortarle ad abbandonare il villaggio.
I totonachi della Sierra fanno delle piccole ofrenda nel giorno di San Andres con il preciso scopo di sollecitare le anime a tornare alle loro dimore. Nel pomeriggio vanno al camposanto, portandosi una croce e una parte dei doni. Recitano un rosario e le lodi per queste anime. In questo modo abbandonano il villaggio e smettono di molestare i vivi.
A Yaitepec, nei pressi di Oaxaca, si organizza una processione verso il cimitero, che, attraversando tutto il villaggio, accompagna le anime degli adulti verso le proprie tombe. Danzanti mascherati vanno di casa in casa, facendo molto rumore, per snidare gli spiriti che non vogliono ritornare nel regno dei morti..
In uno studio condotto a Yolotepec, Oaxaca, gli antropologi Miguel Bartolomè e Alicia Barabas raccontano che, oltre a preparare l' ofrenda , ripulire le tombe e bagnarsi in un ruscello come atto di purificazione, si adornano degli altari dedicati al Sole e alla Luna, affinché questi vigilino per un tranquillo ritorno e successiva dipartita delle anime dalla terra.
Il sole e la luna, che secondo gli autori rappresentano l'equilibrio cosmico, vengono invocati affinché questo equilibrio, interrotto nei giorno del dìa de Muertos , si possa subito dopo ristabilire, ritornando quindi dal caos all'ordine.
La comunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti che caratterizza il dìa de Muertos denota che l'equilibrio è stato rotto, che ci troviamo in uno spazio in cui l'ordine è invertito. In uno studio sul popolo Huìcholes, infatti, Fernando Benitez afferma che, secondo un suo informatore, il mondo dei morti è « un mundo al revés », un mondo al contrario.
Per alcuni l'arrivo delle anime dei morti rappresenterebbe la notte cosmica, dominata dal caos, dove le forme si perdono e i contorni svaniscono. Il ritorno degli spiriti tra i vivi significa che il confine tra la vita e la morte è stato annullato; significa che ci troviamo in uno spazio, che potremmo definire liminale, dove regna la confusione, dove non c'è più distinzione tra i due mondi, fino a ieri separati.
Nella celebrazione che si svolge presso Acatlàn, Puebla, la danza finale della festa si conclude con l'uccisione simbolica di un giaguaro che rappresenta Tezcatlipoca, che nell'universo preispanico simboleggia le forze notturne. Con il ristabilimento dell'equilibrio cosmico il mondo è pronto per rinascere alla vita.
Si congedano i morti, che partono soddisfatti delle offerte, a parte le anime ignorate che sicuramente negheranno i propri favori a chi li ha dimenticati.
La cerimonia del dìa de Muertos non è, come superficialmente si potrebbe supporre, un tributo alla morte, ma alla vita; o meglio un tributo al vincolo che lega la morte alla vita in una eterna circolarità di morte e rinascita.
BIBLIOGRAFIA
Anguiano M., Las tradiciones de dìa de Muertos en Mexico , Mexico, SEP, 1987;
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Morales Viramontes M.C., Dìa de Muertos en la huasteca
de Hidalgo , in bollettino n. 6 dell'INAH, Mexico, 1985;
Marion M., Identidad y ritualidad entre los mayas , Mexico, INI, 1994;
Sejourné L., Supervivencia de un mundo màgico , Mexico, FCE, 1996;
preciosoooo!!
RispondiEliminason fotografias maravillozas de una de las tradiciones mas bellas de mi tierra, gracias :) muchas gracias!
marisset :)