martedì 31 maggio 2011

GLI IRRIPETIBILI ANNI '60

Un dialogo tra Roma e Milano
Fino al 31 luglio 2011
Museo Fondazione Roma, Palazzo Cipolla, Roma

Dopo lo straordinario successo della mostra Edward Hopper, prosegue la fortunata partnership culturale tra la Fondazione Roma e il Comune di Milano – Cultura e Palazzo Reale con una grande esposizione che rende omaggio a una stagione artistica irripetibile, quella sviluppatasi tra la fine degli anni Cinquanta e la metà degli anni Settanta, tra Roma e Milano.

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Emilio Tadini La camera afona, 1969 acrilici su tela cm 200 x 240 Giorgio Marconi, Milano

La mostra “Gli irripetibili Anni ’60. Un dialogo tra Roma e Milano” intende raccontare il ruolo fondamentale delle interazioni culturali tra Roma e il capoluogo lombardo in questo periodo, individuando in esse l’epicentro creativo delle nuove sperimentazioni e ricerche al di là dell’arte codificata.
L’esposizione, a cura di Luca Massimo Barbero, sarà ospitata nelle prestigiose sale del Museo Fondazione Roma, Palazzo Cipolla, dal 10 maggio al 31 luglio 2011 e successivamente si trasferirà a Milano dal 7 settembre al 20 novembre 2011 negli spazi espositivi di Palazzo Reale.
La mostra, promossa dalla Fondazione Roma e realizzata in collaborazione con il Comune di Milano – Settore Cultura, Palazzo Reale e con la Fondazione Marconi, è organizzata dalla Fondazione Roma - Arte - Musei con Arthemisia Group.

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Mimmo Rotella Aranciata con gli occhiali, 1966 Artypo cm 100 x 140 Collezione privata, Milano Foto Galleria Spirale, Milano © Mimmo Rotella, by SIAE 2011

“Con questa mostra - afferma il Prof. Avv. Emmanuele F.M. Emanuele, Presidente della Fondazione Roma - vogliamo rappresentare al grande pubblico quello che fu un momento di svolta nella cultura artistica del nostro Paese, un decennio di ricerche d’avanguardia che ha avuto nella scena creativa romana e milanese degli Anni Sessanta il proprio epicentro. In quegli anni, infatti, Roma e Milano erano grandi città-laboratorio, dove la vitalità di una società in rapida evoluzione economica e culturale trovava la sua espressione visiva in una scena artistica creativa, dinamica e in grado di recepire e offrire progetti di valenza internazionale. Abbiamo voluto raccontare questo periodo attraverso una mappatura delle energie creative, dell’attività delle gallerie, delle occasioni promosse dalle istituzioni pubbliche, delle proposte dei nuovi gruppi sperimentali attivi in quegli anni, tra quadri e sculture, passando dalla tabula rasa del monocromo alla sperimentazione optical e cinetica, dal Nouveau Réalisme alla Pop Art. Questa mostra, dunque, restituirà l’immagine vitale e propositiva di un periodo recente della nostra storia culturale e consentirà di conoscere l’attività dei grandi artisti di quell’indimenticabile periodo”.
In mostra sono presenti oltre 170 opere di artisti quali Lucio Fontana, Alexander Calder, Gianni Colombo, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Alighiero Boetti, Luciano Fabro, David Hockney, Yves Klein, Franz Kline, Piero Manzoni, Fausto Melotti, Man Ray, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Günther Uecker, Roberto Crippa, Gianni Dova, Arman, Enrico Baj, Lucio del Pezzo, Giulio Paolini, Osvaldo Licini, Giò Pomodoro, Giuseppe Uncini, Franco Angeli, Tano Festa, Valerio Adami, Emilio Tadini, Giuseppe Bertini.
Le opere provengono dalla prestigiosa Fondazione Marconi di Milano e da importanti istituzioni tra le quali la Fondazione Lucio Fontana di Milano, il MART di Trento e Rovereto, la Fondazione Piero Manzoni di Milano, la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri di Città di Castello, The Berardo Collection di Lisbona, la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, la Galleria Civica d’Arte Moderna di Spoleto e il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid.

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Lucio Fontana in collaborazione con Hisachika Takahashi Concetto spaziale, Attese, 1966 Idropittura su tela cm 61,5 x 50,5 Collezione Consolandi Roberto Marossi, Milano © Fondazione Lucio Fontana, Milano, by SIAE 2011

Dopo il 1945, con la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia comincia a risvegliarsi dal ventennio fascista. L’intero Paese da una parte continua a patire le conseguenze delle distruzioni causate dalla guerra e dall’altra comincia ad assaporare gli agi del benessere che avrebbero da lì a poco portato al boom economico. Il “miracolo economico” dovuto ai profondi rivolgimenti vedrà il suo apice proprio tra il 1958 e il 1963. In questi anni Roma vive una esaltante stagione in cui la cultura di massa incide non solo nel contesto socio-culturale, ma anche in quello urbanistico e relativo ai codici della creatività e della comunicazione contemporanea. Milano invece - dove tutto era più estremo ed evidente - diventa la città che incarna dai tempi del Futurismo di inizio secolo i valori della modernità.

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Enrico Castellani Superficie Bianca n 3, 1966 Acrilico su tela cm 140 x 100 x 5 Lorenzelli Arte, Milano © Enrico Castellani, by SIAE 2011

Mentre Roma implode artisticamente diventando centro propulsivo della scena artistica nazionale, Milano è vista come il centro dell’Avanguardia Internazionale in cui prendono forma movimenti e tendenze.
Poli di una creatività antagonista e complementare, le due città si ritrovano negli anni sessanta protagoniste di quella civiltà dell’immagine destinata a determinare il futuro.
È proprio in questi anni che operano e si sviluppano alcune importanti gallerie d’arte: a Milano la Galleria Apollinaire di Guido Le Noci, il Salone Annunciata di Carlo Grossetti, la Galleria dell’Ariete di Beatrice Monti, la Galleria Blu di Peppino Palazzoli, la Galleria Milano di Carla Pellegrini, la Galleria Lorenzelli, lo Studio Marconi e la Galleria del Naviglio di Carlo e Renato Cardazzo (che tra 1955 e 1960 hanno avuto come loro sede romana la Galleria Selecta). Nella capitale operano già altre note gallerie come L’Obelisco di Irene Brin e Gaspero del Corso, La Tartaruga di Plinio De Martiis, La Salita di Gian Tommaso Liverani, L’Attico di Bruno e poi Fabio Sargentini.

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Piero Manzoni Merda d'Artista 26, 1961 Scatoletta di latta, carta stampata cm 4,8 x 6 x 6 Collezione privata, Fondazione Opera Piero Manzoni, Milano © Piero Manzoni, by SIAE 2011

Una particolare attenzione sarà dedicata in mostra all’attività dello Studio Marconi come uno dei principali centri di innovazione dell’epoca: inaugurato nel 1965 a Milano da Giorgio Marconi, lo Studio infatti era uno dei luoghi d’incontro prediletti dalle personalità artistiche e culturali di spicco di quegli anni.
Alla fine del percorso espositivo una speciale sezione audiovisiva multimediale a tre canali su grandi schermi aiuterà il visitatore attraverso la proiezione di immagini, video, filmati ed interviste inediti, a rivivere il clima effervescente di quel periodo mettendo in relazione le arti visive con altri settori della cultura strettamente correlati ad esse, come la letteratura, il teatro, il giornalismo, la fotografia, la cronaca, il design e la moda
Arthemisia Group
Fonte
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SOGNI DA GUARDARE

Il Teatro della Tosse in mostra a Torino

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Fino a sabato 2 luglio 2011 si svolgerà a Torino, presso la Galleria Davico, la mostra “Sogni da guardare. Emanuele Luzzati e Tonino Conte: disegni, collage, parole e versi

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Per chi non ne conoscesse la storia, Luttazzi (1921-2007) e Conte sono i fondatori del Teatro della Tosse: per la prima volta, la mostra raccoglie e sistematizza decenni di attività del celebre scenografo e illustratore accostandoli ai collage del regista. Origine della loro amicizia è la passione per le immagini: i due si conoscono infatti grazie a un libro illustrato che un giovane e squattrinato regista (Conte) vende a un professionista già affermato sulla scena artistica (Luttazzi). Siamo alla fine degli anni ‘50 e questo dialogo non si è mai interrotto.

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In questa mostra si ripercorrono tanti anni e tanti simboli: fra bozzetti, dipinti, maschere, ritagli di giornali, copertine di dischi, statue, libri d’arte, si rovista dentro uno “scatolone” pieno di imagini da cui entrambe attingevano.

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Fonte
Teatro della Tosse
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lunedì 30 maggio 2011

L’IMPEGNO SOCIALE DI RAFFAELLA MILANDRI

" Avverto una incredibile urgenza nel mio viaggiare e documentare le discriminazioni razziali e dei diritti umani. La globalizzazione avanza a passi rapidi, ma nel caso dei popoli indigeni essa non porta con sè il Progresso positivo, spesso anzi
accelera il processo di estinzione di popoli che da decine di migliaia di anni vivono nelle stesse terre, legati alle loro tradizioni e culture uniche e irripetibili.
Sono, tutt'oggi, in atto nel mondo incredibili persecuzioni nel nome del denaro e della avidità.
I popoli indigeni, proprio perchè legati ad antiche culture, e immuni ai nostri valori occidentali, stanno vivendo tuttora, in chiave moderna, i genocidi e le ingiustizie di cui sono state ben note e sfortunate vittime i nativi americani fin da 500 anni orsono ."

ndr . Costuiscono genocidio, secondo la definizione adottata dall'ONU, "gli atti commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso"
Raffaella Milandri si impegna in campagne informative e di denuncia attraverso foto, filmati e interviste . Attraverso mezzi di comunicazione e social network lancia appelli, raccoglie firme e missive di denuncia da inviare a Organizzazioni internazionali, Presidenti e Ministri di diverse nazioni, tra cui Sonia Gandhi e il Commissariato per l’eliminazione delle Discriminazioni Razziali dell’ONU.

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MODALITA' OPERATIVA
I suoi viaggi sono estremamente spartani e avventurosi. Preferibilmente in fuoristrada.
"Mi spoglio delle mie impalcature mentali da occidentale per poter essere accolta nella mia essenza di essere umano, che fra gente semplice e genuina è sempre benvenuta"
Durante i suoi viaggi in solitaria cammina e vive con la macchina fotografica al collo, indaga con estrema curiosità, si siede fra la gente, beve, mangia e parla con loro, spesso ospite delle loro abitudini e cerimonie. «Costruisco il mio cammino giorno per giorno. Unico bagaglio sostanzioso: macchina fotografica, videocamera , e una webcam con la quale collegarmi in diretta per raccontare le mie giornate. "
Nessuna posa o situazione è creata nelle sue opere: la fotografa riproduce realtà e situazioni così come appaiono, cercando di ridurre al minimo il suo impatto sull’ambiente circostante.

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“ Viaggiare in solitaria crea il necessario distacco dal mio quotidiano:
mi “abbandono” ai modi di vivere dei popoli che sto visitando, mi immergo “incontaminata” nella loro cultura e ne respiro l’essenza, in una dimensione spirituale ideale per la mia ricerca. Mi assimilo alle genti per catturarne l’immagine autentica, in momenti carichi di intenso significato emozionale. Il mio terzo occhio è la macchina fotografica, con la quale cristallizzo il quotidiano in un momento senza tempo”
“Adatto sempre i mie abiti e i miei gesti alla cultura locale. Ho un profondo rispetto per le diverse religioni e culture in tutte le loro esternazioni. "



http://raffaella999.fotopages.com/?entry=2186241
http://viaggieturismoresponsabile.blogspot.com/
http://fotografiaumanitaria.blogspot.com/
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IL MONDO FIABESCO DI UNA WOODRUFF

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courtesy of Una Woodruff
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domenica 29 maggio 2011

SERIE “THE PARTING” DI SAJA SEUS

Vincitrice nella categoria Lifestyle del Sony World Photography Awards 2011

This Series is about the intimate hairstyle of a fictive world which is much more liberal about having hairs in this area. Or a funny Commercial for some intimate hairstyle toupee.
This Series is a Composing of two Pictures. Once it’s the Model who wears this adorable and wonderful intimate hairstyle toupee. And Twice the Background which remind of some wall papers in the seventies.

Copyright: © Saja Seus/Courtesy Sony World Photography Awards 2011

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L'ARTE RICICLATA DI JANE PERKINS

Ha lavorato come infermiera a Londra per 17 anni. Dopo altri dieci anni trascorsi come madre full-time, Jane Perkins ha deciso di sviluppare il suo potenziale creativo, conseguendo un diploma in Textiles nel 2006. Ama l'arte e in particolare il suo essere fonte di divertimento e di scoperte inattese.
Durante l'ultimo anno del diploma, si è specializzata nei lavori realizzati con materiale riciclato, scrivendo anche una tesi su "Recycled Materials in Art and Design", ispirata dai copricapi iper-decorati dell'Ecuador. Ha iniziato realizzando spille con vecchi gioielli, giocattoli di plastica, monete, conchiglie e altri oggetti recuperati. In questo periodo, ha accumulato materiale che risultava troppo grande per queste creazioni e l'ha messo da parte con l'idea di realizzare un quadro. Nel 2008 ha messo a punto "The Queen: Made in China" e ha continuato a fare ritratti di "icone" del periodo.
Si tratta di lavori che devono essere visti su due livelli: da lontano per vedere l'intera persona e da vicino per identificare i materiali usati. Tutto è utilizzato della giusta misura, forma e colore: giochi, conchiglie, bottoni, perline, gioielleria, ganci per tende e così via. Nessun colore è aggiunto, sono gli oggetti stessi che donano cromatismo all'opera. Nel 2009 Perkins ha partecipato a due Open Art Exhibitions in Inghilterra, con i ritratti di Mandela e della Regina. Entrambi hanno vinto il premio "People's Vote". Nel settembre dello stesso anno ha esposto negli studi Devon Open, attirando l'interesse del pubblico.
per maggiori informazioni si può visitare il sito www.wills-art.com.
Fonte


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L’arte è arte, a prescindere dai mezzi utilizzati.
Dichiara l’artista “Amo l’arte con elementi divertenti e inusuali, e prendo ispirazione tra gli oggetti che trovo ogni giorno pensandoli in modo nuovo.”
http://www.museodelriciclo.it
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sabato 28 maggio 2011

THE HEROIC AFRICA

Philippe Bordas, The Essence Photographic

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Writer and photographer Philippe Bordas began his African experience in 1988, sharing the everyday lives of Kenyan boxers in Mathare Valley, the largest slum in Africa. In 1993, he met the artist and writer Frédéric Bruly Bouabré, whose poetic journey he celebrates in L'invention de l'écriture (The Invention of Writing) (Fayard, 2010). Between 1994 and 1999, he entered the closed world of Senegalese wrestling. The lives of boxers and wrestlers provided the theme for his book L'Afrique à poings nus (Africa with Bare Fists) (Seuil, 2004. Awarded the Prix Nadar), the first part of an ongoing trilogy which formed the subject of an exhibition in 2004 at the Maison Européenne de la Photographie. In early 2001, in Bamako, Philippe Bordas discovered a resuscitated army of hunters from all over West Africa who had not come together for almost seven centuries. He followed their movements over a period of seven years.  The exhibition brings together these three projects carried out in Africa between 1988 and 2008.


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Philippe Bordas/Chasseurs du Mali, 2001


The Hunters of Mali
Bristling with amulets and talismans, armed with rifles preserved from time immemorial, they are the intact memory of the African Middle Ages.  Descendents of the elite army corps of the Malian Empire, they wear the same costumes and obey the same laws as the riders and soldiers of King Soundjata Keïta (1190-1255).  The hunters ignore the borders that were drawn under colonial rule and live in most of Western Africa, in modern Mali, Senegal, Gambia, Guinea, Guinée Bissau, Mauritania, and parts of Ivory Coast.  They ignore totalitarian regimes, instead following the oral democratic code of Keïta's empire, which stretched from the Sahara to the Equatorial forest and from the Atlantic to the River Niger. Keïta's reign was a time of peace and prosperity when Islam and animism coexisted and during which slavery was abolished.
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Philippe Bordas/Tiken Jah Fakoly

After centuries of tribal war and trade in humans, Keïta gathered together the armies from his small kingdoms and supplanted those of his rival Soumaoro Kanté in 1235. He built his capital in Niani, Guinea, near the border with Mali.  The Empire of Mali founded a slaveless society ruled on egalitarian principles, a political organization that may prefigure later western democratic constitutions.  The hunters form a freemason-like brotherhood in which new members are co-opted, irrespective of their birth, their origin or their class.  These living legends represent village authority and are the depositories of justice as well as poetic and genealogical oral traditions. They are also the masters of therapeutic and magical knowledge and time-honoured hunting skills.  Against the corruption and chaos generated by neo-colonialism and the systematic erasure of memory instilled by liberal globalization, the underground transnational power of these traditional hunters forms one of the spiritual foundation stones of Africa: an active utopia

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Philippe Bordas/Frédéric Bruly Bouabré, 2003

Frédéric Bruly Bouabré
A poor child from the primeval forest of Daloa in the centre of Ivory Coast, he fled the work imposed by the country's colonial rulers. A brilliant self-taught scholar, he lied his way into a White school and fell under the spell of Western poets and writers. In a Black continent deprived of an alphabet and dominated by oral traditions, Frédéric Bruly Bouabré received the divine revelation of a mission to invent an authentic writing system for Africa in order to preserve the memory of its culture. 
Bruly Bouabré invented a specifically African writing system, taking inspiration from the patterns drawn on sacred volcanic rocks in his native region. He invented pictograms and developed a coherent syllabic system that was immediately praised by the great humanist thinker Théodore Monod.  Bruly Bouabré built up a vast encyclopedic treasury of tales, legends and drawings, written in school exercise books or on the backs of little pieces of cardboard the same size as tarot cards - none other than the packaging for Darling brand false hairpieces salvaged from hairdressers' dustbins in Abidjan.  Today Bruly Bouabré is the greatest living African artist, and his works are exhibited all over the world.  His poetic artworks form a manifesto for the disenfranchised: people whose only politics is verbal genius and the printing of names.

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Philippe Bordas/Les boxeurs du Kenya & L’Afrique à poings nus

Africa With Bare Fists
It's not about sport. 
There's no winner. 
There's no loser. 
It's just about a ritual between men who have been chosen to fight. 
In these no man's lands annihilated by globalization and roasted by the IMF, landless men still survive. The violent protocols of boxing and bare-fisted wrestling make these men into heroes. 
On the far eastern side of Africa : Nairobi, Kenya. 
On the far western side: Dakar, Senegal. 
On one side, English boxing. 
Fifty boxers hidden away in a Sunday school meeting room in the heart of the giant slum of Mathare Valley. Sweating bodies in a room deliberately starved of oxygen, like flayed figures blurred under a faltering neon light, galvanized by the ghost of Mohammed Ali, their minds burning with the noble ascetic pursuits of the White world : boxing and Christian mysticism.

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Philippe Bordas/Lutteurs du Sénégal, 1995

On the other side, Senegalese wrestling. 
Replete, rested bodies. An open-air confrontation in arenas of Senegal sand. A ritual jousting match in the heart of the towns and villages. A socialized, musical duel, unviolated by the influence of the Whites. Wrestlers rooted in their own land, not dreaming of America. Wrestlers untrammelled by the magical words of marabouts or the song of the drums, protected from the world by the chorus of women and the warrior poems born in the roots of their land. 
On one side of Africa, boxing in a cell. 
Fighting as a dizzying form of self-destruction. Fighting against oneself. 
On the other side, open-air wrestling. 
Fighting as a poetic unfolding and a link to invisible forces.
Fonte
Vedi anche: http://www.flickriver.com/photos/pierremm/tags/mep/
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TONY ORRICO: LA SIMMETRIA DEL PERFORMER

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Tony Orrico è un artista visivo, performer e ballerino, una sorta di spirograph umano. Le sue performances possono durare fino a 4 ore continuative. Davvero notevoli l’ordine e la simmetria dei suoi lavori, qualcuno ci vede l’animo di un bimbo alle prese con i primi pastelli, salvo poi intuire qualcosa di più intellettuale. . Il suo lavoro è stato recentemente raccolto dalla National Academy of Sciences, a Washington D.C. Orrico è un ex membro di Shen Wei Dance Arts e Trisha Brown Dance Company

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venerdì 27 maggio 2011

EL JOVEN RIBERA

Lord Byron decía de José de Ribera que pintaba con la sangre de los santos. El pintor y grabador español (Xàtiva, 1591 - Nápoles, 1652) se muestra ahora en el Museo Nacional del Prado en la exposición "El joven Ribera", que reúne hasta el próximo 31 de julio 32 obras de este maestro de la pintura universal.

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El martirio de San Felipe, 1639

La exposición se centra en una etapa concreta de la vida del creador: su primera estancia en Roma y los años siguientes a su llegada a Nápoles. A pesar de su nacimiento en tierras españolas, Ribera ejerció toda su carrera en Italia, donde firmaba sus obras con un guiño a su tierra: "Lo Spagnoletto", que podríamos traducir como "el españolito". Pese a la distancia, la influencia que ejerció Ribera en sus paisanos se dejó notar en las creaciones de otros genios como el mismo Velázquez o Murillo.

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Galleria Nazionale di Capodimonte

Cercano al tenebrismo de Caravaggio, a lo que sin duda  ayudaba su prolija producción de representaciones de martirios, Ribera evolucionó con el paso de los años hacia unas temáticas más coloristas y luminosas, donde quedaba patente la marca que dejó en su arte el maestro flamenco Van Dyck. Ahora, con esta muestra en El Prado se reivindica una de las partes más desconocidas de su obra y que ha puesto de nuevo sobre la mesa de los historiadores la figura del artista de Xàtiva.

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Apolo y Marsyas 1637– Galleria Nazionale di Capodimonte

La exposición supone una ocasión excepcional para profundizar en el conocimiento de Ribera, uno de los artistas españoles mejor representados en las colecciones delMuseo del Prado del que, sin embargo, casi no exponían obras de su primera etapa.
 
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El patizambo - Musée du Louvre

La muestra, comisariada por el catedrático emérito de Historia del Arte de la Universitat de Barcelona, José Milicua, y el jefe de Conservación de Pintura del Museo del Prado, Javier Portús, permanecerá abierta al público hasta el próximo 31 de julio. Coincidiendo con la exposición el museo ha preparado un ciclo de conferencias, un curso monográfico y hasta un concierto en colaboración con elInstituto Italiano de Cultura, que se celebrará el próximo 21 de junio.

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San Jerónimo penitente, 1652 - Museo del Prado

Más información: http://www.museodelprado.es/exposiciones/info/en-el-museo/el-joven-ribera/
Visita nuestra exposición virtual de José de Ribera en Artelista: http://www.artelista.com/slideshow.php?t=0&a=1316


Fonte
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L'ISOLA CHE NON C'ERA

Socotra

Un percorso fotografico alla scoperta di un’isola rimasta per lungo tempo in un perfetto isolamento. Un reportage di viaggio ma anche immagini che raccontano una incredibile esperienza umana

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di Elio Filidei

Era una stupenda spiaggia bianca completamente isolata alle cui spalle altissime rupi si alzavano vertiginose. Dal nulla apparve un vecchio con il tipico copricapo e futa. E’ norma dare il benvenuto a chi arriva offrendo un pò di te ma noi avevamo solo una borsa frigo e gli porgemmo delle bibite. Il vecchio osservava l’interno della borsa e fu evidente che al suo interno c’era qualcosa che lui non aveva mai visto. Gli fu indicato di assaggiare… L’anziano uomo portò alla bocca ciò che non conosceva ma i suoi vecchi denti non sopportarono quel freddo intenso e sputò.

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Anche la Natura sembra non avesse saputo dove collocare le isole dell’arcipelago socotrino, se in africa o in medio-oriente. Su Socotra, la più grande delle isole, si possono incontrare particolari specie vegetali che non sono presenti in altre parti del mondo. L’isolamento di questo arcipelago non ha però solo coinvolto piante e animali ma anche l’uomo.

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Questo è un viaggio in un luogo che ormai sta scomparendo, dove non esistevano strade asfaltate ma solo percorsi, dove la vita iniziava con il sorgere del sole e terminava al tramonto, dove si viveva con quello che si pescava o coltivava, dove il ghiaccio era una favola sconosciuta.

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La dove ancora la sabbia è bianca e gli uccelli e granchi sembrano essere gli unici padroni già si sente parlare di grossi alberghi. Dove prima arrivavano poche decine di turisti all’anno ora si effettuano voli speciali per sopperire a centinaia di visite al mese e solo i monsoni, a volte, riducono questo flusso…

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