Ci alziamo e indossiamo il nostro “shanga” , la tonaca arancione che mi è stata consegnata ieri e che mi accompagnerà per i prossimi mesi. Un “Hpongyi” mi fa segno di mettermi in fila dietro agli altri. Mi accodo e tutti con la nostra ciotola usciamo dal monastero con il sorgere del sole.
Passiamo di casa in casa e troviamo donne e uomini che ci attendono con un mestolo di riso. Anziché essere noi a ringraziare loro per il dono, sono loro che abbassano la testa ed a mani giunte pregano e ci ringraziano.
Il giro per il paese dura tanto tempo quanto il sole ci mette ad alzarsi. La mia ciotola è stata riempita da riso e da qualche piccolo pacchettino. Al rientro la fila si scioglie, le ciotole vengono consegnate e l’atmosfera diventa leggera come aria. E’ l’ora del bagno e con piacere scopro che il lavarsi, che ho sempre considerato un noioso dovere, diventa un momento di svago. L’acqua fredda che dalla testa scende fino ai piedi ci inebria, si ride e si scherza. Il riso raccolto durante l’elemosina mattutina diventa il nostro pasto, l’unico della giornata.
I pacchettini contengono dei piccoli giochi e dei lecca lecca. Quelli rimangono a noi. Durante le ore calde c’è chi legge, chi studia, chi si riposa e chi prega. Quando il sole non è più così torrido, un altro novizio mi chiama ed insieme ad altri monaci più grandi cominciamo a giocare a pallone. Un hypongyi ci chiede se vogliamo scendere al villaggio. E’ festa oggi e ci sono le giostre. Io vivo in campagna e non le ho mai viste le giostre. Saliamo tutti sul furgoncino aperto. Pochi chilometri ed eccoci di fronte alle giostre.
E’ uno spettacolo di colori, di allegria e spensieratezza. C’è la ruota che gira, la giostra con le macchinine e tanta gente che passeggia, mangia e fa acquisti. Anche noi tiriamo fuori i nostri lecca lecca e ci mescoliamo tra la folla. Non abbiamo molto tempo perché dobbiamo essere di ritorno per la preghiera della sera. Però è bello passeggiare liberamente. Tutti ci guardano con rispetto e noi ci sentiamo già grandi.
Dopo un solo giro del villaggio è già ora di tornare. Risaliamo sul camioncino ancora pieni di risate. Rientrati al monastero però veniamo richiamati alla compostezza e sempre in fila entriamo nella Pagoda del monastero. Niente più sorrisi, solo devozione e preghiera.
E’ ora di andare a letto. Mi sdraio sulla stuoia e ripenso alla giornata. Penso alla mia mamma che mi manca. Dopotutto è solo il mio primo giorno da grande.
Il racconto è dei giorni nostri ma sarebbe stato lo stesso 10 o 100 anni fa.
Birmania, Marzo 2011
all images © Renata Busettini
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