venerdì 31 luglio 2009

UNA GIORNATA NEL MONDO

Scrivere una storia intitolata Una giornata nel mondo , e così descrivere:

paisagem_refeita

come sorga il sole sul Tibet, sul Sahara, su Firenze e su Lima;
come si sveglino i bambini, come si sveglino le donne;
come si sveglino gli operai;
come si spanda l'odore del caffè, del tè, delle uova strapazzate, del sangue di una gallina appena sgozzata, della kasava; come vadano al lavoro i contadini;
come si mettano in movimento i muli;
come si mettano in moto i treni;
i carri armati;
come le donne in riva al fiume comincino a fare il bucato; poi il meriggio, la vita che si ferma (ai tropici, nel Ciad, nel Mali, nel deserto di Atacama, del Gobi, del Karakum ecc.); come si scolpisca il legno, si modelli l'argilla, si scalpelli la pietra, si martelli il metallo, si sfaccetti il diamante;
come si pesti la manioca, si sarchino le patate, si manovri la nave e si piloti l'aereo;
come ovunque risuoni qualche macchinario;
poi il cessare dell'opera, il ritorno dal lavoro;
come tutto cali di giri;
come si avvicini il crepuscolo;
la sera;
come si accendano i focolari, le luci alle finestre, i lampioni e i neon, l'addome delle lucciole, gli occhi del serpente boa;
come arda la savana, come ardano villaggi e città dopo un'incursione;
come a Cernobyl si aprano le porte dell'inferno;
come ci mettiamo a cena, come guardiamo la tivù;
come un bimbetto (cocchino, passerotto, musino) voglia (o non voglia) dormire;
ma come, prima o poi, ogni cosa finisca per scivolare nel sonno;
prima, però, l'accostarsi dei corpi;
come lo si senta;
e poi i sussurri, le voci, i richiami, le grida (tutta una torre di Babele di linguaggi, di intonazioni, di suoni, di sonorità, di scongiuri, di bemolle e diesis);
il lento ingresso nel buio della notte;
l'entrare nel tormento dell'insonnia, nelle visioni e negli incubi, oppure in un sonoro russare, nell'oblio, nei sogni;
come la terra sprofondi nel nulla e come, dopo poche ore, con l'alba, ne riemerga.



Ryszard Kapuscinski

(Tratto da Lapidarium , Feltrinelli editrice, Milano, 1997. Traduzione di Vera Verdiani.)

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