Pierre Gonnord ci mostra,
attraverso le sue immagini, “….un'umanità composta da "senza nome", minatori, malati mentali, arcerati,
gitani, con cui convive prima di ritrarli con la sua Hasselblad, posponendo il
telo nero, dei fotografi di un tempo, catturando scatti che raccontano tutta la
loro umanità e da quei pertugi delle bocche semiaperte fa intravvedere l'antro
che dà sull'anima, come mi ha raccontato nella nostra chiacchierata.
Uomini che hanno una dignità profonda, gli "ultimi" che coglie nei territori spagnoli in comunità senza tempo che sembrano fuoriuscite dagli occhi dei massimi pittori del '600 come Rivera, Rembrandt, Velázquez e Caravaggio. La luce descrive e ritaglia immagini di una perfetta definizione che a dispetto delle tecniche digitali odierne, viene resa in modo tradizionale come solo una grande perizia ed amore per l'umano racconto, è in grado di fare.
"Inducono lo spettatore ad entrare in un dialogo intimo e personale con i loro volti e ci inducono a riflettere sull'Essere Umano e su chi siamo, in un rispettoso confronto tra classi sociali e persone che, nella vita reale, non hanno mai la possibilità di confrontarsi, uno di fronte all'altro: mettendoci nella condizione di porci quelle scomode domande che spesso evitiamo, perchè preferiamo lasciarle in fondo all'anima di cui,si dice, gli occhi siano lo specchio", come suggerisce Claudio Composti. www.tgcom24.mediaset.it/cultura/2013/notizia/la-straordinaria-visione-caravaggesca-di-pierre-gonnord-alla-mc2-gallery-di-milano_2008347.shtml
Uomini che hanno una dignità profonda, gli "ultimi" che coglie nei territori spagnoli in comunità senza tempo che sembrano fuoriuscite dagli occhi dei massimi pittori del '600 come Rivera, Rembrandt, Velázquez e Caravaggio. La luce descrive e ritaglia immagini di una perfetta definizione che a dispetto delle tecniche digitali odierne, viene resa in modo tradizionale come solo una grande perizia ed amore per l'umano racconto, è in grado di fare.
"Inducono lo spettatore ad entrare in un dialogo intimo e personale con i loro volti e ci inducono a riflettere sull'Essere Umano e su chi siamo, in un rispettoso confronto tra classi sociali e persone che, nella vita reale, non hanno mai la possibilità di confrontarsi, uno di fronte all'altro: mettendoci nella condizione di porci quelle scomode domande che spesso evitiamo, perchè preferiamo lasciarle in fondo all'anima di cui,si dice, gli occhi siano lo specchio", come suggerisce Claudio Composti. www.tgcom24.mediaset.it/cultura/2013/notizia/la-straordinaria-visione-caravaggesca-di-pierre-gonnord-alla-mc2-gallery-di-milano_2008347.shtml
Inspired by the
great portrait painters of old, Pierre Gonnord creates large scale portraits of
people considered to be outsiders: the destitute, homeless, gypsies, and the
blind. Far from treating his subjects the way that the world often does,
Gonnord views his subjects through a lens of deep compassion and creates images
which bring out their storied past in a reverent way. Each colorfully worn face
is given to us to explore, to ponder, and question how it reached the state it
is in today. In a sense, he takes people who are often considered less than
human, and touchingly makes them larger than life.
“I choose my contemporaries in the
anonymity of the big cities because their faces, under the skin, narrate
unique, remarkable stories about our era. Sometimes hostile, almost always
fragile and very often wounded behind the opacity of their masks, they
represent specific social realities and, sometimes, another concept of beauty.
I also try to approach the unclassifiable, timeless individual, to suggest
things that have been repeated over and over since time began. I would like to
encourage crossing a border.” – Pierre Gonnord
All
images courtesy Pierre Gonnord/Hasted Kraeutler, New York, and Galeria Juana de Aizpuru, Madrid.
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