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venerdì 29 aprile 2011

"ABU GHRAIB": L’ALTRO BOTERO

Fernando Botero: ritratti satirici di personalità politiche, militari e religiose, i musicisti e i clown sono ritratti come rotondi e immobili, ma assumono comunque  il carattere di esseri viventi. Umoristici naturalmente a prima vista, i dipinti di Botero sono il più delle volte critica sociale con risvolti anche politici.
Nato a Medellin, in Colombia, Botero si trasferisce a Bogotà nel 1951 e la sua prima mostra internazionale è al Leo Matiz Gal. In partenza per Madrid, nel 1952, ha studiato presso l'Accademia di San Fernando e, dal 1953 fino al 1955, ha studiato tecnica dell'affresco e della storia dell'arte a Firenze, cosa che ha influenzato la sua pittura fin da allora. Tornato in Colombia, espone alla Biblioteca Nacional di Bogotà e inizia a insegnare alla Scuola di Belle Arti dell'Università Nazionale. Ha trascorso vario tempo in Messico, studiando i murales politici di Rivera e Orozco, la cui influenza è evidente nella sua prospettiva politica.

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Botero visita gli Stati Uniti alla fine del 1950 e ritorna a vivere e lavorare a New York per dieci anni a partire dal 1960. Anche se l’ Espressionismo Astratto lo interessava, ha cercato la sua ispirazione principale dal Rinascimento italiano. Durante questo periodo ha iniziato a sperimentare con la creazione di volume nei suoi dipinti le figure espandendo e comprimendo lo spazio intorno a loro, una qualità che continua ad esplorare se dipingere ritratti di gruppo immaginario o parodie sul lavoro di famosi maestri.
Ampiamente esposto in Europa e Nord e Sud America, Botero ha ricevuto numerosi premi tra cui il Intercol Primo presso il Museo d'Arte Moderna di Bogotà, ed è incluso in importanti musei in tutto il mondo. Poiché primi anni 1970, Botero ha diviso il suo tempo tra Parigi, Madrid e Medellin.
(Dal sito di Global Gallery )


Di seguito dipinti e disegni di denuncia sulla tristemente famosa
 prigione di Abu Ghraib

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All images © Fernando Botero

Fonte

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2006/02_Febbraio/15/australia.shtml
http://www.corriere.it/esteri/09_maggio_29/violenze_abu_grahib_fabio_cavalera_533cfaa8-4c19-11de-b7be-00144f02aabc.shtml
http://www.repubblica.it/2004/d/sezioni/esteri/iraq21/raptag/raptag.html
http://antiwar.com/news/?articleid=2444
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mercoledì 23 marzo 2011

K. G. 159670. ANIELLO ECO.

K. G. 159670. Prigioniero di guerra.
"Dallo zaino di un reduce" di Aniello Eco, (Torre del Greco, 1919-2000).
Musica: dalla sinfonia nr. 7 di Dimitri Shostakovich.


Il pittore Aniello Eco (Torre del Greco 1919 - 2000) è un artista che dipinge e disegna sin da ragazzo, ritraendo con molta efficacia il mondo che lo circonda. Ha servito il paese in pace e in guerra. Internato Militare in Germania, nei campi di concentramento nazisti, ha documentato la terribile esperienza vissuta con il suo interessante diario illustrato con scene di prigionia. Ha collaborato a parecchi giornali e riviste; quali: "Prode Armato" (Rivista Militare del Ministero) "Il Mattino d'Italia", "II Mezzogiorno illustrato", "Il Corriere Meridionale", "La Realtà", "La Cittadella", "Il Risveglio Sociale", "Il Foglio" etc. Ha esposto in numerose collettive e personali a carattere Regionale e Nazionale, riportando sempre validi riconoscimenti e riscuotendo ampi consensi da estimatori e critici. Numerose sue opere si trovano in possesso di collezionisti italiani e stranieri e parecchie sono custodite presso Pinacoteche, Enti e Musei, fra i quali il Museo Nazionale di Pinerolo. Ha svolto intensa attività grafica illustrando libri, opuscoli, riviste, giornali, cartoline; ha presentato "Italian Boys in England" e "A Window on the Thames".
Fonte
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giovedì 28 gennaio 2010

AUSCHWITZ-BIRKENAU, LA MOSTRA AL VITTORIANO A ROMA

Un numero impresso per sempre su un braccio. È con questa immagine che si presenta la mostra "Auschwitz-Birkenau", che si potrà visitare dal 28 gennaio al 21 marzo a Roma, nel Complesso del Vittoriano. Un'esposizione che è inserita nelle celebrazioni del Giorno della Memoria e che ricorda anche un'importante ricorrenza: il 65° anniversario della liberazione del complesso di Auschwitz-Birkenau, avvenuta il 27 gennaio 1945.

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Le divise a strisce, una valigia, un paio di scarpe, posate: scorrono nel percorso espositivo gli effetti personali dei deportati. Sono alternati a fotografie e video originali dell'epoca, che testimoniano con le immagini una tragedia in corso, che colpì milioni di ebrei, ma anche gli oppositori politici, i cosiddetti "asociali" (fra i quali rom e sinti), gli omosessuali.
Particolarmente toccante la sequenza di un gruppo di donne, completamente nude, che cercano di coprirsi come possono. Un sentimento di pudore che le accompagna alla fotografia successiva, in cui giacciono morte in una fossa comune, vittime della cosiddetta "selezione".
Dall'altra parte, le immagini della vita serena dei carnefici che lavoravano nei campi di concentramento: fotografie sorridenti di uomini e donne in divisa; una SS che accende le candele su un albero di Natale. E ancora i molti documenti scritti: in italiano, tedesco, inglese. Dalle lettere dei deportati alle delazioni che fecero deportare decine di ebrei. Dal curriculum vitae di Josef Mengele (il cosiddetto "angelo della morte"), a un rapporto degli americani che per primi entrarono nel campo di concentramento che recita: «È un fatto che i tedeschi abbiano compiuto un metodico sterminio degli ebrei». E ancora un questionario sulle torture subite compilato al ritorno dalla sua deportazione da Primo Levi, lo scrittore italiano che con i suoi libri ha fatto conoscere l'orrore in tutto il mondo.
Una voce che canta accompagna il visitatore che esce dalla mostra. È proprio la voce di Mengele, registrata molti anni dopo Auschwitz a San Paolo del Brasile, dove era riuscito a scappare e dove è morto nel 1979, sfuggendo ai processi contro i nazisti colpevoli dello sterminio. «Abbiamo scelto di far ascoltare la voce di Mengele all'uscita – afferma Marcello Pezzetti, il curatore – per comunicare al visitatore che questa non è una mostra consolatoria: non ci può essere consolazione per una tragedia di così enorme portata, specialmente al pensiero che molti dei colpevoli di questo orrendo crimine sono riusciti a scampare al giudizio».

26 gennaio 2010

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Le fotografie proposte in questa sezione sono tratte dall'Album di Auschwitz, una serie di immagini realizzate dalle SS e raccolte sotto forma di album. Lili Jacob – sopravvissuta alla Shoah – lo ritrovò pochi giorni dopo la fine della guerra e si riconobbe in alcuni scatti che la ritraevano assieme ai suoi familiari. Questa raccolta fotografica rappresenta sotto il profilo storico e umano lo sterminio sistematico degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Yad Vashem, Gerusalemme

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Andra e Tatiana Bucci con il loro cugino Sergio De Simone, 1943 Raccolta privata di Andra e Tatiana Bucci

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Birkenau: magazzini pieni di scarpe e vestiti, fotografati dopo la liberazione United States Holocaust Memorial Museum, Washington DC

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David Olère. Uomini del Sonderkommando estraggono i cadaveri degli ebrei uccisi in una camera a gas sotto sorveglianza di uomini delle SS, 1946 cm 41,7 x 51,6. (Ghetto Fighters House, Beit Lohamei Hagetaot)

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Etichette del gas Zyklon B con i marchi delle ditte che producono ("Degesch", Deutsche Gesellschaft für Schädlingsbekämpfung – Società tedesca per la lotta ai parassiti) e distribuiscono ("Tesch und Stabenow") il gas. In primo piano l'indicazione "gas velenoso". (Raccolta Wolfgang Haney, Berlino)

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Birkenau, inverno 1943-44: l'ultimo settore edificato del campo, il BIII, detto "Mexiko", mai completato, visto dalla Lagerstraße B. (Archivio di Auschwitz Birkenau)

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Parigi, Vélodrome d'Hiver, 16-17 luglio 1942: ebrei rastrellati nella più grande razzia avvenuta sul territorio francese. I quasi 13.000 ebrei, fra cui 4.000 bambini, arrestati grazie all'aiuto della polizia francese, vengono deportati ad Auschwitz-Birkenau nelle settimane successive. (Memorial de la Shoah, Parigi)

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Statistiche del numero dei prigionieri. Il 10 agosto 1942, il totale è di 23.483, di cui 158 russi. Compaiono poi i dati di 219 persone morte nell'arco di 12 ore, dall'appello del mattino a quello della sera. Dei prigionieri morti vengono indicati: la categoria, la nazionalità, il numero di matricola e la data di nascita. Le sigle: BV.RD = Berufsverbrecher Reichsdeutscher (tedesco criminale). Erz. Häftl = Erziehungshäftling (prigioniero da educare). Pole = Polacco. Jug = jugoslavo. Frz. Jude = ebreo francese. Aso = asociale. Hl. Jude = ebreo olandese. (Archivio di Auschwitz-Birkenau)

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Protocollo con l'elenco degli ebrei da eliminare prodotto durante la Conferenza di Wannsee. (Archivio politico dell'Ufficio degli Esteri, Berlino)

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Birkenau, 1943: il Krematorium IV completato. A destra il locale dei forni con i due camini; a sinistra, la parte bassa contiene tre camere a gas (Archivio di Auschwitz-Birkenau)

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Birkenau, 1943: il Krematorium III ormai completato. (Archivio di Auschwitz-Birkenau)

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Fotografia realizzata clandestinamente presso il Krematorium V, agosto 1944, da un membro non identificato del Sonderkommando di Auschwitz e fatta uscire di nascosto dal campo grazie alla fuga di un membro della resistenza polacca. (Archivio di Stato Auschwitz – Birkenau)

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Solahütte, 1944: donne ausiliarie delle SS (SS-Helferinnen) con Karl Höcker. (United States Holocaust Memorial Museum, Washington DC)

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Vista aerea della fabbrica della Buna, dopo la liberazione. Fra i 35.000 prigionieri costretti in quegli anni al lavoro forzato per l'IG-Farben vi sono almeno 185 ebrei italiani, tra cui Primo Levi, alloggiati nel sottocampo Buna-Monowitz (Auschwitz III). (United States Holocaust Memorial Museum, Washington DC

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