Visualizzazione post con etichetta arte aborigena. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta arte aborigena. Mostra tutti i post

domenica 21 dicembre 2014

LA COLLEZIONE DELLE ICONE RUSSE AGLI UFFIZI

FIRENZE - GALLERIA DEGLI UFFIZI

DAL 20 DICEMBRE 2014 AL 1° FEBBRAIO 2015
LA COLLEZIONE
DELLE ICONE RUSSE AGLI UFFIZI


L’esposizione, nuovo appuntamento del ciclo ‘i mai visti’, propone 81 icone di proprietà delle Gallerie fiorentine, che costituiscono il più antico nucleo collezionistico d’immagini sacre russe esistente fuori dal mondo ortodosso.
Dal 20 dicembre 2014 al 1° febbraio 2015, la Sala delle Reali Poste del Museo fiorentino accoglie la mostra della “Collezione delle icone russe agli Uffizi”.
La rassegna, promossa dall’Associazione Amici degli Uffizi e curata da Valentina Conticelli, Daniela Parenti della Direzione della Galleria e Vincenzo Gobbo, è parte integrante del ciclo ‘i mai visti’, che ogni anno offre al pubblico l’opportunità di approfondire temi legati ad opere poco note delle sue collezioni.
La mostra presenta 81 icone delle Gallerie fiorentine, costituenti il più antico nucleo collezionistico di icone russe esistente al di fuori del mondo ortodosso.
I due esemplari più antichi, un’icona mariana e quella raffigurante la Decollazione del Battista, sono databili fra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII e conservano ancora la coperta d’argento, detta oklad, che le rendeva gradite al gusto principesco di casa Medici, trovando posto fin dal Seicento fra le suppellettili della cappella di Palazzo Pitti.
Ad eccezione di pochi esemplari, tuttavia, la collezione giunse a Firenze in epoca lorenese ed è costituita per la maggior parte da icone databili alla prima metà del XVIII secolo; i caratteri stilistici che le accomunano sono tali da far supporre che possano essere state acquistate per piccoli gruppi in qualche bottega provinciale della Russia centrale. S’ignorano gli eventi che hanno portato questa raccolta a Firenze. Una scritta presente sul retro dell’icona con le Storie di Cristo porta a ipotizzare un legame con la chiesa ortodossa della Santissima Trinità di Livorno, eretta alla fine del sesto decennio del XVIII secolo con il favore del granduca Francesco Stefano di Lorena. Nell'ambito della strategia propagandistica messa in atto da Caterina di Russia durante la guerra con i Turchi (1768-1774), nel corso della quale la flotta russa soggiornò a Livorno, la zarina fece ricorso più volte a doni votivi, tributandoli anche alle comunità ortodosse d'occidente, ed è possibile che la collezione delle icone oggi agli Uffizi si origini in un episodio legato a questo particolare momento storico.
“Sono grata agli Amici degli Uffizi e al personale della Direzione della Galleria – commenta il Soprintendente ad interim per il Polo Museale Fiorentino, Alessandra Marino – per la volontà di mantenere viva la tradizione dell’appuntamento espositivo di fine anno con ‘i mai visti’. Quest’anno i visitatori troveranno ad attenderli una serie di icone russe appartenenti alla Galleria e che, attraverso questa iniziativa, trova luogo e motivo per essere ammirata e apprezzata, a conferma del gusto collezionistico delle dinastie medicea e lorenese che ha attraversato i secoli ed è giunto sino a noi”.
“Da qualche mese - ricorda Antonio Natali, Direttore della Galleria degli Uffizi - è tornata agli Uffizi, dalla Galleria dell’Accademia, la collezione d’icone che intorno al 1782 era stata esposta da Luigi Lanzi e Giuseppe Pelli Bencivenni nel “Gabinetto di pitture antiche”, in una coabitazione con le tavole dei maestri operosi ai primordi dell’arte italiana che è emblematica d’una riscoperta critica per la quale è invalsa la formula di ‘fortuna dei primitivi’. L’esposizione riguarda un settore del patrimonio degli Uffizi ‘mai visto’ dai visitatori, ai quali sarà dato agio di conoscere una cultura antica e nuova”.
“È davvero un piacere - afferma Maria Vittoria Rimbotti, Presidente degli Amici degli Uffizi - presentare alla città la nostra strenna natalizia. Da oltre un decennio l’Associazione che ho l’onore di presiedere, partecipa attivamente all’organizzazione della mostra del ciclo de ‘i mai visti’, che propone aspetti della collezione del Museo poco noti e raramente esposti. Quest’anno - prosegue Maria Vittoria Rimbotti - l’attenzione si è focalizzata sulla più antica collezione di icone russe esistenti fuori dal mondo ortodosso di proprietà della Galleria degli Uffizi, che testimoniano il raffinato gusto collezionistico fiorentino, iniziato già in ambito mediceo e proseguito con la casata lorenese, attento a forme di espressione artistica di grande ricercatezza, nate e sviluppate in paesi e culture solo apparentemente lontane da quelle italiane”.
“Le icone russe - sottolinea Daniela Parenti - giunsero agli Uffizi da Palazzo Pitti nel corso della risistemazione della Galleria promossa da Pietro Leopoldo, che comportò lo spostamento di intere branche del collezionismo mediceo e il trasferimento di molti capolavori agli Uffizi dalle regge granducali. Le icone “greco-mosche” furono sistemate nel “Gabinetto di pitture antiche” come significative testimonianze della riscoperta delle antichità cristiane e della pittura delle origini, ed introducevano ai dipinti toscani a fondo oro come pure ai capisaldi del primo di Rinascimento di Angelico, Paolo Uccello, fino a Botticelli accanto a coppe paleocristiane, smalti e mosaici. Questo insolito, ma innovativo accostamento di opere “primitive” fu smantellato alla fine del XVIII per far posto a un diverso ordinamento e le icone russe furono relegate nella villa medicea di Castello, dove rimasero fino al XX secolo. Depositate quindi a Palazzo Pitti e poi alla Galleria dell’Accademia, tornano nuovamente agli Uffizi, in virtù degli spazi in accrescimento del progetto Nuovi Uffizi”.
“L’esposizione - dichiara Vincenzo Gobbo - dell’interessante gruppo d'icone russe si suddivide in tre sezioni che raggruppano le tavole dipinte aventi per tema il Cristo, la Madre di Dio e le diverse figure di santi che animano il Credo ortodosso. Dal punto di vista artistico, le icone della collezione fiorentina costituiscono un insieme eterogeneo all'interno del quale si trovano immagini sacre caratterizzate da una discreta qualità nella resa iconografica, a cui s'alternano quelle in cui lo stile 'popolare' è evidenziato da tratti più semplici e ingenui”.








Firenze, dicembre 2014
LA COLLEZIONE DELLE ICONE RUSSE AGLI UFFIZI
Firenze, Galleria degli Uffizi - Sala delle Reali Poste
20 dicembre 2014 - 1 febbraio 2015
Catalogo: Sillabe, a cura di Valentina Conticelli, Vincenzo Gobbo e Daniela Parenti
Orari: da martedì a domenica, ore 10.00 - 17.00
Ingresso libero
Informazioni: tel. (+39) 055 285610 - (+39) 055 2646456

Ufficio stampa degli Amici degli Uffizi
CLP Relazioni Pubbliche, Marta Paini, tel. 02 36 755 700; 
Ufficio Comunicazione Opera Laboratori Fiorentini SpA – Civita Group
Marco Ferri, cell. 335 7259518 

Ufficio stampa per la Galleria degli Uffizi
Francesca de Luca e Barbara Vaggelli
Comunicato stampa e immagini su www.clponline.it


>>>

venerdì 9 dicembre 2011

DOROTHY NAPANGARDI

clip_image001
Dorothy Napangardi è una donna Walpiri che viene da Minna Minna, un luogo sacro altamente significativo in una delle zone più remote dell'Australia, il deserto Tanami. Considerato come una degli artisti più importanti del movimento arte aborigena contemporaneo, dipinge la terra di suo padre al lago McKay. I dipinti di Dorothy sono formati da una rete di interlacciamento di linee tratteggiate. Queste linee formano uno studio micro e macro del paese; creando la topografia della terra mentre raccontano la storia delle tracce ancestrali.

clip_image007 clip_image008clip_image009clip_image002clip_image010 clip_image011clip_image012clip_image003 clip_image013 clip_image014clip_image015clip_image006clip_image016 clip_image017clip_image018 clip_image020clip_image019 clip_image022clip_image024
clip_image025
clip_image005
>>>

sabato 14 maggio 2011

DREAMTIME. IL LINGUAGGIO DELL’ARTE ABORIGENA

clip_image002


Dreamtime. Il linguaggio dell’arte aborigena è il titolo della seconda parte della mostra sull’arte aborigena che verrà ospitata al MAN dal 6 maggio al 28 agosto.
 
Lo sguardo prolungato sull’arte aborigena, iniziato a febbraio con la prima tranche del progetto che ha portato in Sardegna l’imponente corpus di opere di artisti australiani contemporanei, è così perfezionato da questa nuova esposizione che, come la precedente,include artisti di riconosciuta fama come Clifford Possum, John e Luke Cummins, Trevor Turbo Brown, Craig Charles e artisti emergenti, che si stanno affermando nel panorama internazionale.
 clip_image004
clip_image006

Anche questa nuova selezione di lavori, rappresentativi di un territorio vastissimo che si estende da Victoria fino al Qeensland, presenta autenticamente tutta l’arte aborigena contemporanea nel suo attuale stato d’evoluzione, rifuggendo da qualsiasi visione statica degli stereotipi che spesso vengono attribuiti a queste culture.

clip_image008clip_image010


La forza iconografica delle opere in mostra e la loro simbologia primitiva e arcaica, confermano ancora una volta le tante analogie con la cultura sarda primigenia, archeologica e identitaria, creando un grande gioco di rimandi e risonanze che dall’apparentemente altro come l’arte proveniente da un continente agli antipodi (che però ha sempre avuto una condizione di insularità non solo geografica) ci riporta alle evidenze e ricchezze del territorio che noi abitiamo.

clip_image012clip_image014


La mostra è un progetto del MAN_Museo d’Arte della Provincia di Nuoro, in collaborazione e con il patrocinio della Regione Sardegna, il Ministero degli Affari Esteri Italiano, l’Ambasciata Italiana a Canberra, l’Ambasciata Australiana a Roma, l’Istituto Italiano di Cultura, il Consolato di Melbourne.

clip_image016 clip_image018 clip_image020


Via Satta 27, 08100 Nuoro 
Tel&Fax: +39 0784 252110 
orari 10:00 – 13:00 / 16:30 – 20:30 lunedì chiuso


MAN Museo d’Arte della Provincia di Nuoro
>>>

lunedì 24 gennaio 2011

DREAMTIME

Lo stupore dell’arte aborigena
Dall' 11 febbraio al 26 giugno 2011

Dreamtime, per quantità (oltre 290 i pezzi) e soprattutto per la qualità delle opere proposte, si offre come la più completa esposizione mai presentata in Italia sull’arte aborigena australiana.
Ad ospitare questo evento davvero eccezionale sarà la Sardegna con epicentri il MAN di Nuoro e il Carmelo di Sassari e un gioco di rimbalzi che mette a sistema siti archeologici, musei etnografici, realtà di tutta la parte settentrionale dell’isola.
L’esposizione coordinata e curata dal direttore del Man Cristiana Collu e dal Presidente della STart Davide Sandrini, si avvale delle massime collaborazioni istituzionali da parte italiana e australiana ed ha come “garante di qualità” il Koorie Heritage Trust, unico organismo riconosciuto a livello internazionale per la valorizzazione e lo studio delle culture aborigene.
“Per Dreamtime, sottolineano i curatori, il KHT ha direttamente selezionato le opere, certificandone così la provenienza. Tutti i saggi destinati al catalogo Marsilio sono stati redatti dai funzionari del KHT e certificati dal punto di vista antropologico, sociale e culturale: una garanzia mai sino ad oggi offerta per nessuna mostra internazionale. Va evidenziato come quella che giungerà in Sardegna sarà la più numerosa collezione di lavori aborigeni che abbia mai lasciato l’Australia, opere non rappresentative della solita tradizionale area del Western Desert ma di un territorio vastissimo, da Victoria fino al Qeensland, provenienza che consente di mostrare le profonde differenze fra tribù che si riflettono sui loro manufatti”.
Non fosse che per questo, Dreamtime godrebbe del carattere di eccezionalità tra le mostre dedicate alla cultura aborigena al di fuori del continente australe. Ma ciò che certamente più affascinerà il pubblico italiano sarà l’originalità del linguaggio espressivo, i colori ipnotici, gli archetipi che hanno solcato immutati 40 mila anni, dal Tempo del Sogno ad oggi.
La mostra include artisti di riconosciuta fama come Clifford Possum, Jhon e Luke Cummins, Trevor Turbo Brown, Craig Charles e artisti emergenti, che si stanno affermando nel panorama internazionale. Questo accostamento autenticamente presenta l’arte aborigena contemporanea nel suo attuale stato d’evoluzione e non restituisce una visione statica degli stereotipi che spesso vengono attribuiti a queste culture.
“E’ una sorta di infanzia della storia – sottolinea Cristiana Collu - che avvicina il contemporaneo, il tempo presente con le nostre radici, con una forte spinta alla scoperta, alla creazione, alla invenzione, al rispetto, al riconoscimento e infine al senso di appartenenza ai luoghi che hanno plasmato e plasmano la nostra visione del mondo.
La pittura delle prime civiltà è forse l'espressione artistica più affascinante per lo spettatore di oggi. Oltre che sulla figura umana, è infatti in grado di dirci qualcosa sul suo rapporto con l'ambiente che la circonda e che la condiziona: i suoi simili, gli animali, la natura. E lo fa nel linguaggio formale caratteristico di ogni cultura e soprattutto, suggestivamente, con i colori. La seconda tappa nella genesi dell'arte figurativa, riflesso di creazioni mentali, si è verificata quando l'uomo ha iniziato a tradurre la propria realtà interiore in espressione grafica. L'arte è sicuramente nata da un'esigenza intellettuale come, tempo prima, l'utensile è apparso per un bisogno vitale (esistenziale) e poiché l'essere umano è sia biologico sia sociale, l'utilizzo dell'immagine ha da allora assicurato la coesione dei due aspetti e in definitiva una certa coesione pubblica e collettiva.
La forza iconografica delle opere in mostra, la simbologia primitiva e arcaica, determinano una serie di analogie con la cultura sarda primigenia, archeologica, tradizionale e identitaria, creando un grande gioco di rimandi e risonanze che dall’apparentemente altro come l’arte proveniente da un continente agli antipodi (che però ha sempre avuto una condizione di insularità non solo geografica) ci riporta alle evidenze e ricchezze del territorio che noi abitiamo”.
SEDI:
MAN _ Museo d'Arte Provincia di Nuoro
Via Satta, 27, 08100 Nuoro
Tel&Fax: +39 0784 252110
orari 10:00 - 13:00 / 15:30 - 19:30 lunedì chiuso
L'ingresso al museo è gratuito così come il servizio di visita guidata dal martedì al sabato dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15:30 alle 19:30.
Museo dell’Arte del Novecento e del Contemporaneo
Provincia di Sassari
Piazza d’Italia 31, 07100 Sassari
Tel: +39 3487632529
orari 10:00 - 13:00 / 15:30 - 19:30 lunedì chiuso
La mostra è un progetto del MAN_Museo d’Arte della Provincia di Nuoro in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri Italiano, l’Ambasciata Italiana a Canberra, l’Ambasciata Australiana a Roma, l’Istituto Italiano di Cultura e il Consolato di Melbourne.
Ufficio Stampa:
STUDIO ESSECI
Sergio Campagnolo
Tel. 049 663499
E-Mail

clip_image002
Luke Cummins: Gecko dreaming, 2002

clip_image004
Gabriella Possum Nongurrayi: Bush tucker dreaming, 1967

clip_image006
Alan Joshua Jnr.: Healing Mimi, 2004

clip_image008
Djambu Barra Barra: Four names for Kangaroo, 2003

clip_image010
Billy Doolan: Partners of life: Minya Guyu (Fish spawning), 2005

clip_image012
Clifford Possum Tjapaltjarri: Worm dreaming, 1996, cm. 183 x 122

clip_image014
Trevor Turbo Brown: Sea Eagle, 2008

clip_image016
Billy Doolan:Takalaka, 2004

clip_image018
Roy Ashley: Mimi, 2003

Image's credit
Fonte
>>>

martedì 15 giugno 2010

UNA PITTURA RUPESTRE DI 40000 ANNI FA

Una pittura rupestre degli aborigeni australiani potrebbe raffigurare due Genyornis, un volatile gigante ritenuto essersi estinto circa 40000 anni fa. Sarebbe perciò la pittura rupestre più antica del continente e probabilmente anche del mondo.

clip_image001
La pittura rupestre. Forse raffigura due Genyornis newtoni (Ben Gunn)

Il disegno fatto con ocra rossa venne scoperto due anni fa, ma gli archeologi sono stati capaci di confermarne il ritrovamento solo due settimane fa, quando hanno visitato per la prima volta il remoto sito di Niwarla Gabarnmung nella Terra di Arnhem, nel nord dell’Australia.

clip_image003
La Terra di Arnhem (wiki)
“All’inizio avevamo pensato che fosse un altro grande emù”, dice l’archeologo Ben Gunn, socio fondatore dell’Australian Rock Art Research Association. “L’animale non è un emù; sembra un Genyornis, un volatile di grandi dimensioni, con dita enormi e gambe spesse”.
E aggiunge: “O la pittura è di 40000 anni fa, che è quando la scienza pensa che si sia estinto il Genyornis, oppure esso visse molto più a lungo di quanto gli scienziati sono stati capaci di stabilire”.
A detta dell’antropologo e paleontologo Peter Murray, una delle differenze chiave con l’emù starebbe nel becco. Quello del Genyornis era grande e veniva usato per nutrirsi di frutta e probabilmente anche di piccoli animali.
L’antico volatile era anche dotato di zampe con grandi unghie “simili a zoccoli”. Era più alto e più pesante degli attuali emù e struzzi.
“Se fosse un Genyornis – e [l'animale dipinto] certamente [ne] ha tutte le caratteristiche – allora sarebbe la più antica pittura dell’Australia”, dice Gunn.

clip_image004
Due specie del Pleistocene australiano il goanna gigante e il Genyornis newtoni (Peter Trusler for Wildlife of Gondwana-NOVA (PBS)
Nella zona erano peraltro già state trovate pitture di altri animali estinti, quali il tilacino (o “tigre della Tasmania”, estinto negli ’30), l’echidna gigante (estinto 50000 anni fa circa) e il canguro gigante (estinto più di 40000 anni fa).
Curiosamente, delle ossa di Genyornis erano state scavate insieme a manufatti umani nel sito di Cuddie Springs. È probabile che gli esseri umani vissero con questi uccelli; alcuni scienziati pensano che gli uomini possano aver contribuito alla loro estinzione.

clip_image005
Il Genyornis newtoni (Peter Trusler/Melbourne Museum)
clip_image006
Un emù (wiki)
clip_image007
Scheletro di Genyornis newtoni (Peter Trusler/Melbourne Museum)
clip_image008
Scheletro di emù (wiki)
Alcuni esperti non concordano però con queste conclusioni.
“Dobbiamo prendere questa scoperta con grande cautela. La probabilità di avere una pittura sopravvissuta così a lungo al di fuori delle grotte è molto bassa”, dice Robert Bednarik, autorità mondiale dell’arte rupestre.
Bednarik stima la pittura a circa 5000 anni fa: “Non conosco alcuna pittura o persino un petroglifo (l’incisione rupestre) di un animale in qualcunque parte del mondo che sia sopravvissuta per più di 10000 anni al di fuori delle grotte”. E aggiunge che la pittura sembra troppo ben preservata per rappresentare un Genyornis.
La stessa data di estinzione del Genyornis è peraltro ancora incerta: “È attualmente in discussione nell’ambito scientifico”, dice il paleontologo Gavin Prideaux, esperto di megafauna, che però ritiene che l’animale dipinto sia proprio il Genyornis. “Non si può esserne sicuro perchè ci sono elementi stilistici nella pittura, ma non c’è motivo per non ritenere che sia il Genyornis”.
Dei futuri studi, come la datazione al radiocarbonio, sono già in programma e dovrebbero aiutare a chiarire il mistero.
Fonti: ScienceBlogs, ABC, The Australian.
Via/http://ilfattostorico.com/
>>>

ShareThis

post<li>
Related Posts with Thumbnails