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sabato 6 giugno 2009

GRAND TOUR RAVENNATE

Sta per chiudersi una mostra da vedere.
Il Grand Tour era tappa obbligata per artisti, studiosi e letterati del Settecento e dell’Ottocento.

Jules Pierre Van Biesbroeck, Danse sous la tente au désert, 1900 ca., Musée d'Art moderne et d'Art contemporain de Liege

Si trattava di un viaggio, fatto in genere dopo aver accumulato un po’ di fortuna o perché sostenuto da un mecenate, che aveva guardato al giovane artista con occhio “affaristico” scorgendovi barlumi di possibile successo. E così divenne gran moda toccare diversi Paesi in Europa: gli anglosassoni muovevano soprattutto alla volta dello Stivale, mentre italiani e francesi se ne andavano al nord. Nel corso dell’Ottocento nasce il viaggio inteso dagli artisti come scoperta di nuovi orizzonti, paesi, popolazioni e culture sconosciute. Nasce, insomma, il viaggio “romantico”, tanto intriso di sapor d’avventura e filantropia. L’esempio di Delacroix in Marocco è lungimirante, ma è con Gauguin, sul finire del XIX secolo, che lo sguardo dell’artista europeo si affina fino a diventare creativo ed estetico: la vita e l’arte di popoli lontani, i paesaggi, i corpi, i colori di paesi esotici e primitivi lasciano un segno profondo nell’arte europea. Percezioni di nuovi mondi prendono forma in lapis e pennelli e diventano tela.

Stefano Ussi - Ricevimento dell'ambasciata d'Italia nel Marocco, 1879

Ippolito Caffi - Egitto - Karnak a Tebe, 1844

Alberto Pasini - Carovana in Persia, 1887

Roberto Guastalla, Donna negra seduta che fuma, 1887

Oskar Kokoschka - Exodus, 1928

Emilie Boivin - Vue de Biskra (II), 1890 ca.



Emilie Boivin - Vue de Biskra (I), 1890 ca.

Il progetto di mostra, dedicato all’artista viaggiatore e promosso dal Comune di Ravenna, vuole presentare i percorsi di alcuni dei più significativi pittori che hanno viaggiato e vissuto fuori dall’Europa, ma anche come i quattro continenti extraeuropei (Asia, Africa, Americhe e Oceania) furono visti dagli artisti occidentali, tra l’orientalismo ottocentesco di Alberto Pasini e le avanguardie che hanno rielaborato in nuovi termini stilistici le suggestioni esotiche. La mostra vuole ripercorrere le singole esperienze biografiche e creative, come il viaggio a Tunisi compiuto nel 1905 da Kandinsky e Gabriele Münter e nel 1914 da Klee, Macke e Moilliet.

Paul Gauguin - Donna tahitiana, 1898



Paul Gauguin - Donna tahitiana con cane, 1894-99

Galileo Chini - Danzatrice davanti allo specchio, 1914



Jean Dubuffet - Arabe au palmier, 1948

Mark Tobey - Central, 1949



Henri Matisse - Il lanciatore di coltelli

Emil Nolde - Kopf eines Südseeinsulaners (Testa di un abitante dei mari del Sud), 1914



Alighiero Boetti - Segno e disegno

I luoghi diventano i veri protagonisti del progetto: la Tahiti di Gauguin e Matisse, il Siam di Chini, la Nuova Guinea di Nolde e Pechstein.La mostra, curata da Pietro Bellasi, Claudio Spadoni e Tulliola Sparagni, è corredata da fotografie e documenti etnografici dei luoghi rappresentati, nonché da reportage storici. Il percorso artistico sviluppa invece i risultati del realismo ottocentesco fino al post-impressionismo, per poi passare alla prima metà del XX secolo con l’espressionismo, il surrealismo, l’astrazione degli anni Cinquanta, fino ai contemporanei Boetti, Mondino e Ontani.
Info: Museo d’Arte della Città di Ravenna
"L'artista viaggiatore. Da Gauguin a Klee, da Matisse a Ontani"
Via di Roma, 13 Ravenna
Tel. 39 0544 482477
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martedì 26 maggio 2009

MARK TOBEY TRA ORIENTE ED OCCIDENTE

Alla Galleria Blu di Milano, una mostra personale del grande artista americano con venti opere scelte realizzate fra il 1953 e il 1972


Quarant’anni dopo la prima esposizione datata ottobre 1968, l’arte di Mark Tobey torna ad essere ospitata negli spazi della Galleria Blu di Milano con una mostra personale intitolata “Mark Tobey. Mediatore tra Oriente ed Occidente”, che ha aperto al pubblico da martedì 12 maggio sino al 17 luglio 2009. E se all’epoca fu una singola opera dell’artista americano a comparire nella rassegna intitolata “L’Immortale”, che presentava importanti maestri internazionali come Arp, Ernst, Fontana, Goetz, Magnelli, Matta e Picasso, nella nuova esposizione saranno presentate venti opere scelte, realizzate tra il 1953 e il 1972, negli anni di una maturità ormai piena.
Il debutto italiano alla Biennale di Venezia del 1948


La prima comparsa di Tobey in Italia si era avuta alla Biennale di Venezia del 1948, cui sarebbero seguite altre presenze nelle esposizioni del 1956 e del 1958, edizione quest’ultima che gli valse il Gran Premio per la pittura. Un bel gruppo di suoi lavori facevano bella mostra di sé nel padiglione degli Stati Uniti assieme a dipinti di Mark Rothko e alle sculture di David Smith e Seymour Lipton.
La predilezione per la linea in opposizione alla massa, come nell’arte orientale


In quell’occasione, nel catalogo della Biennale, Frank O’Hara faceva lucidamente il punto sugli esiti fino a quel momento raggiunti dall’artista e parlava della sua pittura facendo riferimento alla sua «predilezione per la linea in opposizione alla massa» (la massa come elemento tipico della cultura e dell’arte dell’Occidente, la linea di quelle dell’Oriente) citando il confronto che egli aveva cercato con alcuni maestri della pittura orientale e che Tobey stesso riassumeva sottolineando di essere giunto «a scoprire da me stesso che si può ‘vedere’ un albero non solo in termini di luce e di massa, ma anche come linea dinamica».Su questi presupposti si è poi sviluppata tutta la sua arte, segnata dapprima dalla “scrittura bianca” (la white writing), fondata sulla calligrafia orientale, e poi evoluta nella scrittura di colore, a volte in una costruzione spaziale densa e composita, altre volte in una semplicità grafica disarmante.


Il catalogo con saggio introduttivo di Heiner Hachmeister, del Comitato Mark Tobey di Muenster


La mostra è accompagnata da un catalogo introdotto da un saggio di Heiner Ha-chmeister, del Comitato Mark Tobey di Muenster, che definisce Tobey «mediatore tra Oriente e Occidente» e sottolinea i «contatti» italiani del maestro americano, da quelli iniziali con Piero della Francesca e i suoi affreschi di Arezzo a quelli con Piero Dorazio, i cui «lavori degli anni ’50 - scrive - anche se alimentati concettualmente da fonti costruttiviste, sono stati senza dubbio influenzati da Tobey, almeno per quanto riguarda la loro superficie visiva». Ma anche, da non trascurare, gli influssi sulla prima produzione di Tancredi.


a cura di Valentina Redditi
Scheda Tecnica
“Mark Tobey. Mediatore tra Oriente ed Occidente”fino al 17 luglio 2009
Galleria BluMilano, Via Senato 18
Orario di apertura:lun-ven, ore 10-12.30 e 15.30-19; sab, ore 15.30-19; dom e festivi chiuso
Biglietti:Ingresso libero
Catalogo:con saggio introduttivo di Heiner Hachmeister (Comitato Mark Tobey di Muenster)
Info:Tel. (+39) 02 76022404
Uessearte Como, Via Natta 22
Tel. (+39) 031 269393 - Fax (+39) 031 267265
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