domenica 6 settembre 2009

BANKSY VERSUS BRISTOL MUSEUM

Il Bristol Museum ha inaugurato una personale dedicata ala celebre writer e street artista inglese Banksy. Provocatorio e poetico, attento osservatore delle dinamiche sociali, divertente e sottile al tempo stesso, Banksy può essere considerato a tutti gli effetti uno dei più influenti artisti della nostra epoca.

Una mostra che si preannuncia l'evento della stagione: stencil, tele e installazioni mecatroniche si interfacciano con la classica collezione del museo, pezzi provocatori hanno sostituito le opere d’arte della collezione permanente, in un gioco spiazzante che l’artista ama particolarmente, già oggetto di alcune incursioni nei musei inglesi.

Il visitatore è immediatamente avvisato: un monolite di WC portatili campeggia all’ingresso, un furgoncino dei gelati sbruciacchiato ha sostituito il banco delle informazioni: un gioco di rimandi ironico e sofisticato, ma per niente incomprensibile e snob, che testimonia dell’intelligenza di chi ha curato la mostra. Ah, l’entrata è gratis…

L’ingresso

La prima cosa che colpisce dell’ingresso è il senso di totale invasione della spazio. Un invasione organica che cresce come uno strato aggiuntivo sull’esistente dove si scoprono i primi sintomi caratteristici dell’operazione: capacita di dissacrare, rovesciare i simboli, giocare le icone della storia dell’arte appropriandoli e risignificandoli.

ingresso

A colpo d’occhio si viene subito attratti da un grosso aeroplano d’epoca appeso al soffitto, sul quale troneggia un manichino in tuta arancione: il pilota è di un altra epoca e porta il passamontagna.

Il Parco Giochi - 1

La seconda cosa è un piccolo parco artificiale, con un prato di plastica in mezzo al quale è parcheggiato un vecchio furgoncino graffitato con un enorme cono gelato di polistirolo sul tetto, che funge anche da info point: ma è il retro del furgoncino a nascondere il cuore dell’installazione. Sui lati a destra e a sinistra della stanza e sulla parete frontale una serie di statue a grandezza naturale che analizzeremo successivamente nel dettaglio.

Le statue

Otto le icone della classicità che si fronteggiano nell’ingresso: riproduzioni di statue in simil marmo bianchissime ricoperte di nuovi simboli. Quelli di una contemporaneità bruciante e piena di contrasti, tutte minuziosamente studiate nei dettaglie.

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Così il David di Donatello indossa i panni di un giovane kamikaze con fazzoletto e candelotti di dinamite intorno al busto. Se notate un dettaglio un dettaglio, la mano nella postura della statua originale suggerisce qui che il David stia per farsi saltare in aria.

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O la Venere di Milo trasformata in barbona, con una coperta rattoppata sulle spalle, un cagnolino che la guarda, qualche spiccio e della spazzatura gettata ai suoi piedi.

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Bellissimo il leone con la frusta del domatore in bocca e i resti strappati del suo vestito per terra, dove gli schizzi di vernice rosso vivo sulla bocca che spiccano sul bianco della scultura simboleggiano efficacemente che l’uomo è stato mangiato dalla bestia.

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E ancora effigi del consumismo, come le borse dello shopping, dissacranti oggetti fetish che si sovrappongono all’iconografia cattolica,

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un barattolo di vernice rosa acceso infilato sulla testa di un angelo, che cola irriverente sul vestito, fino

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a un buddha con il collare ortopedico o un occhio nero (un richiamo alle persecuzione cinesi in Tibet?)…

Parco giochi

Al centro della stanza, un pratino artificiale di plastica su una pedana leggermente rialzata riproduce lo scorcio di una zona ludica per bambini, che sembra strappata ad una delle tante periferie urbane inglesi (e non solo). Qualche fiore sparso anch’esso di plastica, un carrello della spesa ribaltato, residui di spazzatura e al centro l’oggetto più invasivo della scena: il furgoncino/infopoint che fra statue e arredamento originale del museo è un atto dichiarativo: “sono arrivato e adesso sto qua…”.

Sinceramente pensavo che l’installazione finisse più o meno là e invece è il retro a riservare la sorpresa maggiore.

Il Parco Giochi - 2

Su un cavalluccio giallo a chiazze marroncine, di quelli dove i bambini inseriscono una monetina per godersi una breve cavalcata, un poliziotto a grandezza naturale in assetto da sommossa nel fa splendidamente le veci. Il cavallino dondola ritmicamente e il robot/poliziotto, con casco e passamontagna, che lascia intravedere solo gli occhi stretti a fessura e un po’ allucinati, lo segue, un poliziotto che gioca come a voler dimenticare la sua identità. O forse, nello stridore di questi due mondi congiunti (violenza-repressione-guerra vs gioco) c’è solo poesia: quella di un sogno a occhi aperti, di una realtà immaginifica e profondamente simbolica che si materializza. Proprio come quell’enorme gelato che si squaglia sul tetto del furgone.

Bellissimo un dettaglio, che forse non distinguibilissimo nelle foto: sullo stemma l’uniforme riporta la dicitura “Metropolitan Peace“…

Fonte

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