Raramente il Fotomuseum delude il suo pubblico e con l’attuale esposizione alza ancora la mira offrendo un’occasione rara e da non perdere, perché per una volta la storia della fotografia esce dai confini europei e americani e si arricchisce di una voce nuova.
Proponendo un punto di vista tutto locale, la mostra “Dove tre sogni si incrociano - 150 anni di fotografia da India, Pakistan e Bangladesh” permette di seguire passo a passo l’evoluzione della fotografia nel subcontinente indiano: dalle prime foto-ritratto ritoccate a mano della seconda metà dell’800, ai reportage giornalistici del secolo scorso, fino alle ricerche e alle sperimentazioni della fotografia contemporanea.
Lezioni di botanica, Homai Vyarawalla, 1948
Il ritratto, il genere degli esordi
· Suddivisa in 5 sezioni tematiche - il ritratto, la performance, la famiglia, la strada e il corpo politico - l’esposizione prende le mosse dal momento cruciale in cui l’uso della macchina fotografica non è più prerogativa dei soli fotografi coloniali. Quando nel 1850 appaiono le prime foto in India la popolazione rimane affascinata dal nuovo metodo di riproduzione della realtà. Ma se i colonizzatori europei preferivano realizzare vedute da mandare in patria, i nativi erano più interessati a riprodurre immagini di se stessi.
Non è perciò un caso che l’esposizione si apra proprio con la sezione dedicata al ritratto, un genere che ha avuto e ha tutt’ora un ruolo centrale nella fotografia di tutti e tre i paesi e che, come dimostrano molte delle immagini presenti in mostra, rimanda all’antica tradizione della miniatura indiana.
Coppia indiana, 1950
La sfida mossa dalla fotografia alla tradizione pittorica del ritratto costrinse infatti molti artisti ad imparare ad usare la macchina fotografica per non essere costretti a perdere del tutto la loro clientela.
Graffiti del martire Nur Hossain sui muri dell'università, Shahidul Alam, 1990
Tre stati, una moltitudine di anime
Al di là di questa particolarità tutta indiana e di alcune rivelazioni più tecniche - come ad esempio una certa predilezione per il reportage - l’apporto più consistente e interessante che emerge dalle immagini raccolte in questa esposizione è l’autoriflessione sulla storia culturale e politica, sui rituali familiari, sociali e tradizionali e più in generale sui molteplici mondi che compongono India, Pakistan e Bangladesh.Negozio di specchi a bordo strada, Raghubir Singh, 1991
Spiaggia di Juhu a Mumbai, Pablo Bartholomew, 1977
" La storia della fotografia nell’Asia del sud deve ancora essere scritta. "
Sunil Gupta, curatore
Sunil Gupta, curatore
Il punto di vista locale
Ricchissime di soggetti e di forme espressive, le immagini presentate non mostrano nuovi modi di fotografare. “Non credo ci sia una differenza tra la fotografia occidentale e quella del subcontinente indiano” dice a swissinfo.ch Sunil Gupta, uno dei curatori indiani. “La differenza è nei fotografi, nelle persone che scattano le immagini, non nelle immagini. Perché credo che la storia dell’arte abbia un carattere globale e il confronto per tutti sia con essa.”Operai in una fabbrica di iuta a Titagarh, Calcutta, Raghu Rai
“La storia della fotografia nell’Asia del sud deve ancora essere scritta”, sottolinea Gupta. “ La fotografia come disciplina accademica nel subcontinente si trova ancora in una fase infantile e chi ha studiato fotografia ha dovuto farlo all’estero.”
Villa da sogno, Dayanita Singh, 2008
I reportage
Molte delle foto storiche sono anonime, mentre è noto il nome dei fotografi indiani che hanno documentato i fatti di cronaca legati all’indipendenza dell’India. Tra i tanti Kulwant Roy (1914-1984) che ha aperto la strada al fotogiornalismo ed è divenuto famoso per i suoi reportage a fianco di Gandhi sui vagoni di terza classe; o Homai Vyarawalla (1913) che fu non solo la prima, ma anche la sola fotogiornalista dell’intero periodo in cui questo mestiere era considerato un lavoro esclusivamente maschile.Parco Maidan a Calcutta, Bharat Sikka, 2005
Altrettanto significative e cariche di umanità sono le foto di Sunil Janah (1918) che mostrano non solo il durissimo periodo di transizione che porta alla nascita del Pakistan ma anche i diversi volti delle tradizioni classiche indiane, o ancora quelle di Raghu Ray (1942) testimone di alcuni degli eventi più significativi della storia recente dell’India.
Ayesha Vellani, 2009
Influenze e nuove voci
Gli influssi dei fotografi stranieri su questi lavori sono evidenti, a cominciare da coloro che durante la colonizzazione inglese hanno introdotto e diffuso la fotografia fino a quelli successivi, arrivati in india nel XX secolo. “Margaret Bourke-White della rivista Life viaggiò in tutto il paese insieme a un fotografo indiano e più tardi venne anche Henri Cartier-Bresson”, ricorda Gupta. “I loro lavori hanno influenzato fortemente il fotogiornalismo locale, ma ora sta emergendo una nuova generazione e si avverte il ritorno a una fotografia più riflessiva e meditata.”
Spettatori di un incontro di cricket a Lahore, Mohammad Arif Ali, 2008
Fonte
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