Il suo libro Living with the enemy negli Stati Uniti ha venduto oltre 40 mila copie: un succèss de scandale che ha diviso l'opinione pubblica tra entusiasti sostenitori e accesi detrattori
"la mia fotografia non è arte.
Perché l'arte non fa mai male: può provocare, certo, ma contiene quella dose di finzione e di rappresentazione menzognera che alla fine rassicura. Io non voglio rassicurare, ma smuovere le coscienze attraverso temi che per troppo tempo non hanno avuto volto, carne, sangue. Ancora: perché nei miei scatti non c'è un punto di vista. Ma sono oggettività pura, realtà senza mezzi termini.” “Non metto in scena niente, non cerco galleristi che ospitino e vendano le mie fotografie, non cerco musei o sedi deputate. Cerco di esporre i miei scatti là dove possono essere socialmente, moralmente, culturalmente utili. A Lucca, la mostra è organizzata con la Caritas".
Quegli scatti sono ora esposti nell'omonima mostra in corso a Lucca, nell'ambito del LuccaDigitalPhotofest, a Palazzo Guinigi che fino al 12 dicembre (lun – ven 15,00 – 19,30; sa, do e 8 dicembre 10,00 – 19,30)
"Le mie foto sono un grido d'allarme lanciato da voci innocenti che invocano aiuto e gridano tutta la loro rabbia. Quell'indice accusatore è l'espressione sincera e viscerale di quanto la violenza sui minori sia un riflesso della violenza sulle donne, su una maternità così debole e maltrattata da non saper difendere i propri frutti. Vengono versati fiumi di inchiostro riguardo la violenza sui minori. Ma io sono convita che un'immagine valga più di mille parole. Le fotografie permettono a chi le osserva un'identificazione profonda con il soggetto che è reale, e quindi suscita un sentimento, un'emozione. Il bianco e nero amplifica questo invito all'immedesimazione. I colori mettono in risalto dettagli che distraggono".
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