Félix González-Torres (1957 – 1996) è stato un artista cubano.
In un'intervista ha dichiarato: -Quando la gente mi chiede chi sia il mio pubblico, rispondo onestamente, senza girarci intorno, "Ross. Il mio pubblico era Ross. Il resto della gente viene solo per il lavori"[1].
Nel 2007 è stato ufficialmente scelto per rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia. L'unico altro rappresentante statunitense postumo fu Robert Smithson nel 1982.
Fonte
Felix-Gonzalez Torres, Untitled (Blue Curtains), 1989/91, 5 light blue curtains, dimensions vary. Installation view at Castello di Rivara, July 8, 1991.
Il numero "due" è onnipresente. Basta pensare a opere come: Untitled (perfect lovers) 1991, una coppia di orologi fermi alla stessa ora; Untitled 1991, due cuscini su unletto sfatto con ancora il segno di un corpo; Untitled (March 5th)#1 1991, due specchi posti uno di fianco all'altro; Untitled (March 5th)#2 1991, due lampadine nude fissate alla parete i cui fili si intrecciano. La solitudine non è mai rappresentata dall'"1" ma dall'assenza del "2", per questo motivo la sua opere è importante nella rappresentazione della coppia, a prescindere dall'orintamento sessuale dell'artista. Gonzalez-Torres racconta, dall'inizio alla fine, la storia di una coppia, quindi di una coabitazione. L'incontro e l'unione (tutti i paia); la conoscenza dell'altro (i "ritratti"); la vita in comune, rappresentata come una ghirlanda di istanti felici (le lampadine); la malattia (alcune stampe e le perle); infine la morte (la tomba di Stein e Toklas a Parigi).
L'artista cubano raffigura uno spazio di intersoggettività, che è quello che esploreranno più avanti gli artisti del decennio successivo, tra cui: Rirkrit Tiravanija, Philippe Parreno, Dominique Gonzalez-Foerster, Douglas Gordon, Liam Gillick, Jorge Pardo. Anche se sviluppano tematiche differenti hanno tutti in comune lo spazio dei rapporti umani.
Felix Gonzalez-Torres, morto a causa dell'AIDS, ha radicato il suo lavoro in una coscienza acuta della durata, della sopravvivenza delle emozioni più impalpabili. Il centro della sua pratica si basa sullo scambio e sulla condivisione. Ogni opera ha una fortissima carica allusiva che rimanda costantemente alla nostra volontà di non vedere, di negare inconsciamente la possibilità della malattia. La messa a disposizione delle cose non comporta necessariamente la loro banalizzazione: in un mucchio di caramelle dell'artista c'è una continua oscillazione tra la forma e la sua sparizione programmata, tra bellezza visiva e modestia dei gesti, tra meraviglia infantile e complessità dei livelli di lettura.
L'aura delle opere d'arte si è spostata verso il suo pubblico. Ogni opera crea attorno a sé una collettività istantanea di spettatori-partecipanti. Gli spettatori sono incitati dall'artista a prendere parte al lavoro, ad attivare l'opera. Felix Gonzalez-Torres pone molta cura nei confronti del pubblico. Per questo motivo non sono presenti schizzi-disegni preparatori dei suoi lavori. L'artista non voleva assolutamente che le persone dovessero trovarsi di fronte l'insicurezza che precede la formazione degli oggetti. Inoltre, influenzato da Brecht, mantiene una certa distanza, lascia il tempo allo spettatore di riflettere e pensare. Distrugge il piacere delle rappresentazione e della narrazione scorrevole. Lo scopo è coinvolgere intellettualmente lo spettatore, informarlo, provocarlo. “Io ho bisogno dello spettatore, dell'interazione del pubblico. Senza pubblico i miei lavori sono nulla. Il pubblico completa i miei lavori: gli chiedo di aiutarmi, di prendersi una responsabilità, di diventare parte del mio lavoro, di unirsi a me”.
Il lavoro di Torres è autobiografico (anche se il termine è limitato visto che parla, come detto prima, della coppia). Durante più interviste, l'artista afferma che l'incontro con Ross (il suo compagno morto nel 1991) è stato fondamentale. “L'amore ti dà una ragione di vita, ma è anche un motivo di panico, si ha sempre paura di perdere quell'amore.(...) Freud ha detto che mettiamo in scena le nostre paure per diminuirle. In un certo senso questa generosità -il rifiuto di una forma statica, della scultura monolitica, a vantaggio di una forma fragile, instabile- era un modo per mettere in scena la mia paura di perdere Ross, che scompariva a poco a poco davanti ai miei occhi.”
Gonzalez-Torres interviene su emozioni inconsce. Nei suoi lavori non è mai presente il minimo sovraccarico, la minima insistenza su un effetto. Tutto vi è implicito, fluido e discreto. Si potrebbe obbiettare che l'artista gioca su emozioni facili, come se la sua estetica virasse al ricatto affettivo; ma quello che conta è ciò che si fa di questo tipo di emozioni, come l'artista le organizza tra loro e con quali intenzioni. “L'arte è soprattutto un modo per lasciare una traccia della mia esistenza: io ero qui. Ho avuto fame, sono stato tradito, ero felice, ero triste, mi sono innamorato, ho avuto paura, ho avuto tante speranze, ho avuto un'idea, avevo un buon fine, ecco perché faccio arte.”
Felix-Gonzalez Torres, Untitled, 1991, billboard, location #22: 504 West 44th Street; size varies with installation. The Museum of Modern Art, New York, Projects. Photo by Peter Muscato.
echonyc.com
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