venerdì 14 novembre 2014

AUGUSTO CANTAMESSA | PHOTOGRAPHER

Il signor Cantamessa è un grande vecchio, d’una eleganza e stile d’altri tempi, persino nel modo in cui ti guarda negli occhi. Un uomo del secolo scorso che conserva ancora, in un cassetto, la prima foto che fece a sua moglie Felicita.
Sembra uscito da una sua fotografia. Osservandolo bene e cancellandogli i segni del tempo, è lo stesso (ciuffo compreso), dell’autoritratto in un piccolo specchio che si fece negli anni ’60. Un #selfie ante litteram.
Per riuscire in foto come le sue, nette e precise, nulla a ché invidiare a Cartier Bresson, non ci vuole solo passione ma un equilibrio autentico, di chi riesce a cogliere la segreta sintonia tra il soggetto e l’ambiente in cui esso si trova e la capacità di dipingere con la luce.
Avvicinatosi fin da giovanissimo alla fotografia, verso i diciassette anni, iniziò a frequentare l’Associazione Fotografica Subalpina di Torino, partendo da un piccolo paese di campagna, con la corriera. Esperienza formativa che lo portò a imparare il taglio compositivo, il contenuto, la scelta dei soggetti, a conoscere Prieri,  fotografo dotato di una cultura immensa e di una raffinatezza incredibile: produceva immagini sofisticate, ardite per l’epoca (ad esempio: una foglia di vite con bottiglie davanti, sicuramente meno ordinaria dei soliti paesaggi con pecore pascolanti nei prati). “Mi ha insegnato la cultura dello stile e del gusto” ricorda il signor Cantamessa.
E deve aver imparato bene, l’allievo, visto che nel 1957 ottiene un riconoscimento della Fèdèration Internationale de l’Art Photographique di Berna per meriti fotografici e nel 1961 la Biblioteque Nationale di Parigi acquisisce una sua opera.
Durante quegli anni arrivò anche un regalo gradito dalla moglie, all’epoca fidanzata: la sua prima macchina fotografica. Una  sottomarca della Bencini che costava quattordici lire.
 Serviva solo più la camera oscura a completare l’opera: la realizzò da sé e la piazzò in un sottoscala, dove l’odore di muffa si confondeva con quello dell’acido per lo sviluppo. Odori che, oggi, nell’era digitale e dei social, rendono ancora più affascinante ricordare come nasce un’immagine, poco per volta, da un foglio di carta bianca.
Fu così che presero corpo tante immagini, una esposta presso la Galleria de La Stampa, accanto a quella di Werner Bischof (uno dei fondatori della Magnum). Altre, invece, finirono in un cassetto e ogni tanto in un cestino, salvate dalla moglie. Poi arrivò il momento della pensione e con esso, intere giornate da dedicare alla sua passione.
Le sue foto iniziano così a girare tra i club fotografici italiani, partecipa a numerose mostre collettive e personali, tra cui quella a New York presso la Keith De Lellis Gallery e arrivano anche gli americani a trovarlo, nella casa di Bricherasio (in provincia di Torino), per acquistare, colpiti da quelle opere rigorosamente in bianco e nero, dove non c’è spazio per il superfluo. Chissà perché questa ritrosia verso il colore…: “Ho provato, negli anni ’80, a usare i colori. Ma è stato il periodo più grigio di tutta la mia attività. Per me, il bianco e nero, sono i colori più belli” dice.
Affascinati anche dalla regalità dei soggetti, ordinari nella vita, speciali nelle sue fotografie, come quelle di una “Varia umanità senza ipocrisia”, che racconta uno spaccato di vita sociale, economica e culturale dagli anni del dopoguerra sino ad oggi, sia nei suoi risvolti felici, sia nelle pieghe più inconsuete, ponendo sempre al centro l’uomo e la sua dignità, in mostra fino al 13 aprile presso la Collezione Civica d’Arte di Palazzo Vittone e la Galleria Losano Associazione Arte e Cultura di Pinerolo (Torino).
Augusto Cantamessa
Nasce a Torino nel 1927. Vive in una bella casa nelle campagne piemontesi, con la moglie Felicita.
Fotografa da quando era ragazzo.
Nel 2002 la galleria Keith De Lellis di New York compra le sue foto  per esporle in una mostra organizzata dalla galleria stessa. (http://www.keithdelellisgallery.com/  ). Per l’occasione Cantamessa si reca a New York. La sua prima volta nella metropoli dei grattacieli. /scenariomag
























All images © Augusto Cantamessa

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