venerdì 20 maggio 2016

FRANTIŠEK KRÁTKÝ | PHOTOGRAPHER

Era l'Aprile del 1897 quando František Krátký (1851-1924), fotografo e viaggiatore di origine praghese, giunse in Italia per ritrarre, in un viaggio di tre mesi, il patrimonio italiano artistico e culturale con fotografie straordinarie che ancora oggi, a distanza di tempo, ne fanno trapelare lo spirito più intimo, anche attraverso l'uso di una attrezzatura che per allora era all'avanguardia. Il suo talento era così sviluppato da riuscire realmente a trasmettere, attraverso i suoi scatti, l'anima del luogo, sempre così legato all'uomo, ai suoi abitanti, che spesso Krátký criticava come "rozzi", ma che in fondo considerava simpatici e allegri. Il suo principale scopo era quindi quello di documentare lo stretto connubio tra il "posto" e coloro che lo vivevano, mostrando attraverso la fotografia le molteplici realtà del tempo: una testimonianza preziosissima, quando i concetti del viaggiare e osservare avevano realmente significati tra loro intimamente collegati.

František Krátký è stato uno dei maggiori fotografi ed editori di stereofotografie nelle Terre della Corona Boema durante l'epoca austro-ungarica. Nato il 7 settembre del 1851 a Sadská, dove il padre Frantisek Vojtech Krátký, che lavorava come pittore, aveva anche un'officina tipografica, apprese da lui le tecniche tipografiche e studiò alla così detta Scuola di base dell'Accademia del disegno di Praga. La prima traccia di archivio che lo lega alla fotografia risale all'agosto del 1880 a Kolín, città che fu poi la base del suo lavoro di fotografo per il resto della sua vita.
Oltre ai ritratti, coltivò anche la fotografia di paesaggi e di monumenti storici. La più vecchia fotografia di un monumento che abbia fatto e che ci sia nota, è datata 1881. Sottolineava programmaticamente il ruolo delle sue fotografie come strumento didattico per la conoscenza patria. Si concentrò sopratutto sulle stereografie, che potenziavano la percezione dello spettatore grazie all'effetto di profondità.
Nell'aprile del 1898 si sposò con una ventenne e dopo il matrimonio limitò i suoi viaggi, concentrandosi di più sulla pubblicazione di quanto aveva già fotografato. Alla periferia di Kolín costruì nel 1900 un'officina fotochemiografica, sicuramente all'avanguardia per i servizi fotografici, che ebbe notevole successo. Dopo un'operazione agli occhi, pressanti problemi di sussistenza lo costrinsero a vendere l'officina, nell'aprile del 1913, ed a prendere in affitto uno studio fotografico per ritratti dove, dopo aver raggiunto la maggiore età, cominciò a lavorare anche il figlio Jirí, nato nel 1901.
František Krátký morì a Kolín nel maggio del 1924. Accanto al coetaneo Rudolf Bruner-Dvorák è stato, in epoca austroungarica, uno dei pochi fotografi cechi di vero "livello europeo" sia per la varietà, sia per la forza di testimonianza delle sue fotografie.


František Krátký viaggiatore
Verso la fine dell'ottocento, nessun altro fotografo professionista viaggiò mai in lungo e in largo attraverso la campagna ceca e morava quanto Frantisek Krátký; fotografò anche all'estero: oltre all'intera Austria-Ungheria, visitò anche i Balcani, l'Italia, la Svizzera, la Russia, la Germania, la Francia, il Principato di Monaco. Pubblicò anche fotografie fatte all'estero da altri autori, per esempio da E. S. Vráz. Sosteneva che un paese è caratterizzato sopratutto dalla gente che lo abita ed è per questo che al centro del suo interesse fotografico c'è l'uomo e non il monumento di per se stesso.
La maggior parte delle fotografie esposte nella mostra è della prima metà del 1897. Il percorso del viaggio effettuato da aprile a giugno lo possiamo ricostruire grazie alla corrispondenza giunta in parte fino a noi: Firenze - Roma - Napoli - Livorno - Nizza - Genova - Nizza - Principato di Monaco - Genova - Torino - Milano - Verona. Un altro viaggio nel sud del continente venne intrapreso tra maggio e giugno del 1898, ma in quella occasione dedicò la sua attenzione sopratutto ai paesi balcanici. Da Mostar viaggiò verso Sarajevo, da qui attraverso Travnik verso Jajce e poi in direzione di Zagabria. È possibile che abbia realizzato altri brevi viaggi in Italia anche all'inizio del nuovo secolo, quando visitò Venezia, che aveva tralasciato nel primo viaggio.

Che cosa sono le diapositive colorate?
e diapositive colorate a mano sono un raro documento fotografico conservatosi dai tempi che hanno preceduto la diffusione della scoperta della fotografia a colori. Si tratta in sostanza di piccole miniature con fedeltà fotografica, giacché la base per la coloratura a mano era costituita dalla diapositiva in bianco e nero (per la maggior parte di formato 8,5 cm x 8,5 cm ). La tecnica di coloratura a mano era abbastanza rara anche a quell'epoca, essendo assai laboriosa, in quanto esigeva finezza, precisione e senso del dettaglio. Le fotografie spesso venivano colorate a mano da laureati delle accademie di belle arti; il procedimento era riservato in genere a fotografie ritenute eccezionali o per le circostanze che ne avevano dato spunto o per il loro valore documentario o estetico. Per quel che concerne l'opera di Frantisek Krátký, che era un acceso propagatore della stereofotografia, venivano poi colorate immagini fotografate a coppie.

Le lettere dall'Italia
Nel lascito Krátký è conservata una parte della corrispondenza del "viaggio in Italia", nella quale il fotografo descrive suggestivamente le impressioni, le difficoltà e le esperienze fatte. In una lettera da Firenze, scritta probabilmente ai genitori e datata 11 aprile 1897, scriveva: "Qui non mi è andata molto bene, il tempo è stato pessimo, non so se le fotografie saranno belle...". Dalle lettere si ricava che mandava a sviluppare la maggior parte delle fotografie a casa e che fotografava non solamente su lastre di vetro, ma anche su "filmini". "La sera qualcosa sviluppo, ma di più non posso... Invio oggi una cassetta con dei filmini, ce ne sono anche di sviluppati, ma sono alla rinfusa, che mio fratello apra con attenzione in camera oscura!"
Quasi in ogni lettera vengono espressi i timori per il destino dell'officina. "Come vanno i miei affari - male, me lo immagino" ... "Non mi scrivete neanche se c'è lavoro?". Altri timori sono riportati anche in merito al suo lavoro: "Sono sempre preoccupato, nel dubbio di aver fatto tutto a regola d'arte, perché la cosa costa soldi. Speriamo di aver fatto bene. Si sprecano molte lastre, giacché non mi sento sicuro, quando il tempo non c'è". Il concetto di "tempo" va qui inteso come condizioni adeguate di luminosità. "Il tempo mi irrita - non è abbastanza chiaro, alle volte mi affanno inutilmente tutto il giorno", scrive da Roma a un amico ignoto il 19 aprile. "Purché ci sia il tempo!" dice spesso. "Ma lo devo rubare - va male - sono fiori ai quali non posso attingere...", scrive da Roma in un'altra lettera ai genitori e continua "Qui dovrei rimanere almeno quattro settimane, ma non si può fare, devo guardare avanti, perché mi aspetta ancora molto lavoro". Descrive in modo pragmatico l'aspetto finanziario dell'intera operazione e, data la tendenza al risparmio, il tono è chiaro. Da Roma scrive il 16 aprile del 1897: "Quando i posti sono lontani, spendo 2 - 3 franchi di tram. Pago una persona 1,50 soldi al giorno e la stanza pure 1,50, e così spendo al giorno 5 soldi contando il vitto, più 1,50 di tram fa un totale di 6,50.Che fare? Con meno soldi non ce la si fa."
Accanto alle notizie pratiche, si fa sentire la sensazione di solitudine. "Se avessi almeno qualcuno con cui fare quattro chiacchiere", scrive a un ignoto amico. E in un'altra lettera ai genitori: "Spero di trovare là delle vostre lettere, sono davvero come un orfano, non so nulla di cosa facciate e di come vanno le cose a casa - come se non avessi più nessuno al mondo". Si manifestava anche la stanchezza per il duro lavoro: "E quanto cammino! Ho i piedi tutti consumati - più passa il tempo più divento basso", scrive a un amico. Lo faceva soffrire anche la mancanza di sonno "Non riesco a descrivere come è sfiancante - sono stanco morto e mi corico a mezzanotte - spesso nel miglior sonno vengo svegliato da un vicino di stanza o da urla per la strada - la gente qui è rozza - come andare avanti? Gente selvaggia e incontrollata - scatenano subito risse e discutono, e come!"
Non mancano appunti divertenti sui "Taliani" e sopratutto sulle "Taliane". "... Qui non c'è per niente il senso della pulizia. Le Taliane vestite in costume folcloristico ti inseguono per la strada con dei mazzi di fiori. Ma gratis non si fanno fotografare, vogliono anche 2 - 3 lire... Le donne sono tuttavia snelle, molte belle, è proprio una gioia guardarle - hanno un portamento particolare e dei volti orgogliosi..."
Pavel Scheufler



František Krátký belongs to the most important photographers and publishers of stereo photographs in the Czech lands from the times of the Austro-Hungarian era. On the list of work by photographer Krátký from the end of the 19th century we can find pictures of the Czech countryside and of people in exotic places.
   He was born in the small town of  Sadská, where his father František Vojtěch Krátký worked as a painter (of both pictures and houses), as well as having a printing business. During 1864-67, and again in 1870-72, he studied printing techniques with his father.  He mentions 1878 as the official beginning of his photography career, although the first mention in the archives of the name “Krátký”, as being a photographer in Kolín, comes from August 1880.
   In addition to portrait work, František Krátky photographed many landscapes and historical landmarks. Between 1885 and 1899, no other photographer travelled so comprehensively around the Bohemian and Moravian countryside. He concentrated primarily on stereo-photographs, which he began publishing from 1890, in the form of a pair of pictures, with a legend, pasted as original photographs onto cartboards. He emphasized the role of his pictures as teaching aids for learning to know about one's homeland. 
   With his camera he travelled through many foreign countries, obtaining some of his pictures from abroad by exchange, or by buying them from other photographers. Besides the Austro-Hungarian lands he visited the Balkans, Italy, Switzerland, Russia, Germany, and France. He obtained a stirring testimony from his stay in Russia during the spring of 1896, where he was a photographer on a special permit during the Czar's coronation. In the trade with foreign pictures he basically had no rival in the Czech lands. Krátký also published photos from the USA and Japan taken by other people, mainly by Czech explorer E. S. Vráz. 
   In April 1898, in his forty-sixth year, František Krátký married twenty-year-old Anna Pospíšilová in Nové Dvory, and he began a new life, where he travelled less, and concentrated more on publishing the photographs he had already collected. He focused on enlarging his business towards printing photographs. In October 1899, Krátký gained permission to “make zincographical or phototype plates, together with the existing photographical trade”, which meant that he could distribute photographs more effectively and in greater numbers. He also purchased land in a Kolín suburb, and during the year 1900, he set up what he called his “Photochemographical works”.  This included a villa, and a building with a photo studio and workshop for zincography, phototypy, and lithography.
  As well as original stereo photographs, his establishment published also coloured slides, stereoscopic and general postcards, and thematic notebooks with educational texts.  He also published various occasional prints, with promotional materials forming an important component. He advertised the delivery of printing blocks “on zinc and copper”, and for three-colour printing, delivery of drawings and photographs as copy, making of stereo photographs and viewing glasses, sale of own photos from home and abroad, and a “studio for photographic portraits and paintings in oil”.
  His advantage was his ability to integrate on a professional level, “all inclusive”.  He could take an advertising picture in the studio (or an outside photo); modify the picture, as well as add text; and print it in black-and-white or colour. In its time, his was a very progressive understanding of photographical services.
   His establishment reached its peak around 1909. In 1911, František Krátký had an eye operation, and his portrait studio in the town square was leased out. The illness, together with a crisis in the portrait photography business, as well as his general existential difficulties, led to his sale of the Photochemographical business in April 1913. František Krátký died in Kolín in May 1924, aged seventy-three. After coming of age, his son Jiří (born in 1901) commenced to work in the portrait studio.
   The thematic breadth of his work places Krátký among the most important of Czech photographers. When looking through his work, it is interesting to notice the number of ordinary people in the photographs. We could even call him a photographer of the Czech countryside, although that does not mean he did not photograph towns and their memorabilia. He also tried to liven up these photographs of monuments by having some figures in the foreground, which by creating another theme plan achieved also an increase of the spatial effect when viewed. Even on pictures from abroad, he accomplished successfully what we could globally call the ability to bring together the ordinary with the special or bizarre. He held to a view that a country is characterized by its people. The very centre of his photographic creativity was the person.
   By the breadth and testimony of his photography, František Krátký - along with his contemporary Bruner-Dvořák, the pioneer of journalistic photography - was one of the few Czechs of the Austro-Hungarian era to earn the title of being a truly “European” photographer.
Literature: P. Scheufler: František Krátký. Český fotograf před 100 lety. Baset, Praha 2004. 























All images © František Krátký





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