Un Grande
Street-Photographer
Matteo Alvazzi è sicuramente uno spirito
inquieto, sempre alla ricerca di nuovi stimoli come è in genere un artista che
si possa definire tale; egli ha infatti toccato vari approdi dell'attività
umana, dalla musica suonando il pianoforte, alle attività commerciali portate
avanti con un certo successo, fino alla fotografia nata dal suo gusto del
girovagare a piedi per le città. Da questo suo gesto tanto scontato del
camminare, anche se poi nella contemporaneità tanto quotidiano non è, prendono
vita i suoi scatti fotografici e qui si puo' suggerire un parallelo tra la
caratteristica delle sue immagini che colgono situazioni in qualche misura
sorprendenti che accadono durante il consueto scorrere della quotidianità, e il
sorgere di qualcosa connotato in modo fortemente soggettivo, come è l'attività
di un fotografo, dalla gioia semplice del camminare.
La forza delle immagini di Alvazzi è proprio quella di proporci il momento che è si prosaico, forse persino banale, ma che al tempo stesso ci appare ai confini del surrealismo e ci ricorda così la singolarità intrinseca in ogni istante.
Le singolarità sono, in fin dei conti, la normalità, cosa che si potrebbe mettere in relazione con l'affermazione, sempre sottovalutata, che non vi è niente di più definitivo del provvisorio.
Visti tutti insieme questi istanti insoliti rappresentati nelle fotografie di Matteo Alvazzi, ci pongono anche dei quesiti sulla possibile contemporaneità, se pur teorica dato che il nostro non possiede il dono dell'ubiquità, di quanto ritratto; e senza voler scomodare i grandi filosofi che su questo hanno ragionato da un bel po' di tempo, ci chiediamo se avrebbe comunque senso parlare di contemporaneità visto che ogni istante è così fortemente connotato da essere assolutamente unico e da diventare quindi così importante per chi in qualche modo lo vive.
Matteo Alvazzi ama però anche la rigorosità geometrica e il rispetto di canoni compositivi classici come si nota anche dal frequente inserimento di elementi geometrici, siano essi particolari architettonici, di arredo urbano o anche ombre, e proprio dall'equilibrio che egli riesce a trasmettere tra questi aspetti e quelli che si rifanno maggiormente al suo istinto di esploratore inquieto, si estrinsecano le maggiori potenzialità della sua opera. Fabrizio Gilardi
La forza delle immagini di Alvazzi è proprio quella di proporci il momento che è si prosaico, forse persino banale, ma che al tempo stesso ci appare ai confini del surrealismo e ci ricorda così la singolarità intrinseca in ogni istante.
Le singolarità sono, in fin dei conti, la normalità, cosa che si potrebbe mettere in relazione con l'affermazione, sempre sottovalutata, che non vi è niente di più definitivo del provvisorio.
Visti tutti insieme questi istanti insoliti rappresentati nelle fotografie di Matteo Alvazzi, ci pongono anche dei quesiti sulla possibile contemporaneità, se pur teorica dato che il nostro non possiede il dono dell'ubiquità, di quanto ritratto; e senza voler scomodare i grandi filosofi che su questo hanno ragionato da un bel po' di tempo, ci chiediamo se avrebbe comunque senso parlare di contemporaneità visto che ogni istante è così fortemente connotato da essere assolutamente unico e da diventare quindi così importante per chi in qualche modo lo vive.
Matteo Alvazzi ama però anche la rigorosità geometrica e il rispetto di canoni compositivi classici come si nota anche dal frequente inserimento di elementi geometrici, siano essi particolari architettonici, di arredo urbano o anche ombre, e proprio dall'equilibrio che egli riesce a trasmettere tra questi aspetti e quelli che si rifanno maggiormente al suo istinto di esploratore inquieto, si estrinsecano le maggiori potenzialità della sua opera. Fabrizio Gilardi
Matteo
Alvazzi Delfrate è nato a Milano nel 1978 e vive tra Milano e Londra. Di se
dice : “Ho iniziato a fotografare nel 2008, ma avrei potuto iniziare all’età di
10 anni…penso che ogni cosa avrebbe potuto essere diversa”. Lavora con
strumenti analogici e solo in alcuni casi effettua interventi “vecchia maniera”
in sede di stampa ma mai con programmi al computer.
La sua macchina fotografica preferita per le foto “en plein air” è la piccola Leica M6 utilizzata con obiettivo Leica F2 35 mm noto come Dentone, mentre in studio preferisce usare una Nikon D700. Fotografa per solito con pellicola Kodak Tri-X ma ci ha confessato di voler ancora provare molti tipi di pellicola. partecipami
La sua macchina fotografica preferita per le foto “en plein air” è la piccola Leica M6 utilizzata con obiettivo Leica F2 35 mm noto come Dentone, mentre in studio preferisce usare una Nikon D700. Fotografa per solito con pellicola Kodak Tri-X ma ci ha confessato di voler ancora provare molti tipi di pellicola. partecipami
All
images © Matteo Alvazzi
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