sabato 25 aprile 2009

LA MISTICA ECOLOGISTA DI LAIB

La Fondazione Merz di Torino ospita la grande eco-installazione dell'artista tedesco maestro di una Land Art mistica. E a giugno, il rito del fuoco indù .
di LAURA LARCAN

I bramini in una installazione di Laib

"Una lunga storia è all'origine di questo evento. In occasione di Documenta 1987, Mario Merz mi invitò ad esporre un vaso di polline su un suo tavolo a spirale. Ciò fu l'inizio di una bellissima e preziosa amicizia tra due artisti con - credo - vite differenti, differenti età, ma talvolta uno sguardo molto simile. Entrambi rimanemmo reciprocamente affascinati, cosa che ha arricchito molto le nostre vite...". E' Wolfgang Laib a raccontare il cuore della sua personale che la Fondazione Merz accoglie dal 9 aprile al 7 giugno sotto la cura di Beatrice Merz e Maria Centone.
Le immagini
Un percorso singolare e ispirato, come lo è d'altronde l'arte del tedesco Laib, classe '50, uno degli artisti più straordinariamente innovativi degli ultimi trent'anni, annoverato tra i protagonisti della Land Art, ma con uno spirito tutto suo, diventato famoso per usare il polline che raccoglie dai campi infiorati che circondano la sua casa a Metzingen, nel Sud della Germania, per avere un giallo brillante d'una luminosità indefinibile, quasi nello stile del Beato Angelico, o il riso, l'alimento essenziale nelle culture asiatiche, o ancora la cera d'api, con cui costruisce scale monumentali in una sorta di ziggurath mesopotamiche.
E tra gli "igloo" e le "spirali" e le sequenze dei numeri di Fibonacci del grande Mario Merz, si inserisce il complesso progetto espositivo di Laib che lui articola in due momenti. Prima invade l'intero spazio con l'installazione di centinaia di piccole montagne di riso, dove si innesta una linea di piccole montagne di polline, accanto alla creatura totemica dello Ziggurat fatto con cera d'api, poi, dal primo giugno e per una settimana a seguire porterà alla Fondazione quarantacinque Bramini, provenienti da uno dei più importanti templi del sud dell'India, che officeranno ogni giorno il millenario rito del fuoco.

"Ci saranno 33 fuochi - racconta Wolfgang Laib - con 33 Bramini seduti davanti ad ogni fuoco e altri 12 che porteranno tutto il materiale necessario, oltre a tre cuochi indiani che prepareranno il cibo da bruciare. Tre ore al mattino e tre ore alla sera, per sette giorni di seguito. È un rito Mahayagna, una cerimonia vedica che si tramanda immutata da millenni e che ha le sue radici nella cultura vedica indù ma al tempo stesso la trascende poiché si celebra per il benessere del mondo intero e di tutti gli esseri viventi. Si brucia il mondo materiale, simboleggiato dai vari tipi di cibo, riso, lenticchie, burro, frutta, verdura, fiori e latte, insieme a pezzi di stoffa, vestiti, erbe e piante medicinali: si tratta di rinuncia e di rinascita, della nascita di un qualcosa di nuovo e di completamente differente".

Un evento cui il pubblico potrà assistervi in orari definiti. Un crescendo di situazioni che ci spiega lo stesso Laib: "Il polline rimanda all'inizio e alla creazione, le montagne di riso e lo Ziggurat di cera d'api (piramide a gradoni) al nutrimento e al legame del cielo con la terra, il fuoco alla fine, alla distruzione e possibile rinnovamento del mondo, alla trasformazione del fisico, ad un nuovo ciclo, alla condizione del cambiamento". Una mostra che, dunque, rivela in profondità l'indole mistica ed ecologica di Laib, figlio di un medico e con una laurea in medicina, artista che fa una scelta essenziale usando materiali rigorosamente naturali, caratterizzati da una loro personalità energetica, per plasmare eco-installazioni, forgiate da un'ispirazione che viene dalle filosofie orientali, da una devozione buddista, che negli anni Settanta viene alimentata dai viaggi e soggiorni in India, quella del profondo sud, considerato la sua "casa spirituale", dove ha lavorato anche per il Gandhigram il Centro di divulgazione del pensiero di Gandhi.

Un'arte, quella di Laib, che negli anni Ottanta si è nutrita dell'esperienza diretta di terre e civiltà come Sumatra, Hong Kong, Tibet e Cina, per poi affrontare i paesaggi dell'Arizona e del New Mexico, visitati con la moglie Carolyn e la figlia Chandra, fino alla Mesopotamia degli anni Novanta, da cui ha tratto un'euforia tutta sua per le strutture monumentali che vivono a braccetto con suggestioni archeologiche e architettoniche. E' infatti dal '75 che Laib comincia a produrre le sue famose "Milkstones" (Pietre di latte), che attraggono subito critica e pubblico per poi sperimentare le installazioni di polline, che l'artista dispone in quadrati o rettangoli sul pavimento o in perfette sequenze di piccole montagne coniche. All'alba degli anni Ottanta Laib ricorre al riso, lo dispone nei thali, i tipici piatti d'uso quotidiano per mangiare o per presentare offerte al tempio, elaborando i suoi "Rice Meals", convertite posi nelle "Case di Riso", strutture di legno coperte di metallo o di marmo circondate da montagne di riso. E dal 1987, Laib approda alla cera d'api.
Ecco quindi che l'evento alla Fondazione Merz, come rivela Wolfgang Laib: "Sarà molto più di un'esposizione con diversi oggetti e lavori, non una mostra per un artista individuale, ma riguarderà il mondo, l'universo e anche la nostra propria esistenza. Io stesso ho questo sogno da tutta la mia vita, da quando ho provato a diventare un medico, accorgendomi molto presto che ciò significava occuparsi solo del corpo fisico, e che la nostra vita ed esistenza non potevano essere ridotti alla sola materia".
Notizie utili - "Wolfgang Laib", dal 9 aprile al 7 giugno 2009, Fondazione Merz, via Limone 24, Torino.
Orari: martedì - domenica 11 - 19.
Ingresso: € 5,00 intero, € 3,50 ridotto
Informazioni: tel. 011-19719437, http://www.repubblica.it/2009/04/sezioni/arte/recensioni/laib-recensione/laib-recensione/www.fondazionemerz.org

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