Parliamo del progetto per Artek: come è iniziato?
Due anni fa, durante il Salone del Mobile di Milano, ho disegnato un padiglione temporaneo per Artek nel Giardino della Triennale. Mi chiesero di utilizzare materiale riciclato. Per la precisione: rifiuti industriali della UPM, una delle più grandi aziende produttrici di carta della Finlandia che fornisce etichette per contenitori di sostanze chimiche. Le etichette, realizzate in carta, sono ricoperte di plastica, materiale che produce scorie. La UPM chiese ad Artek di riutilizzare questi rifiuti e Artek chiamò me. Così due anni fa usai questo materiale, chiamato ProFi, per costruire l’intero padiglione. Fu un gran successo. Quest'anno, con lo stesso materiale, mi hanno chiesto di progettare una sedia.
L’ho fatto utilizzando un sistema da me inventato nel 1986 e mai messo in pratica. Il nome è L-Unit System e utilizza elementi a forma di L per creare diverse famiglie di arredi: dalle sedute ai tavoli alle panche. Poiché le fibre della carta sono molto piccole si tratta di un materiale debole, poco adatto a creare forme complesse. Da qui la scelta di ricorrere ad elementi ad L: semplici, ripetibili e facili da assemblare.
L’attuale crisi economica globale cambierà il modo di intendere, pensare e realizzare oggetti di design?
Per me non è cambiato nulla. Ho sempre cercato di usare pochissima materia producendo meno rifiuti possibile. Credo, in tale senso, di non dover modificare nulla. Sono le persone che dovrebbero evitare lo spreco. Proprio come noi designer.
Bianco e nero sono i colori dominanti del nuovo prodotto? Come mai? E quanto la cultura giapponese ha influito nella scelta?
I colori che si possono usare sono molti. Visto che eravamo all'inizio abbiamo optato per l’essenzialità.
In Italia, in questi giorni, ci si sta occupando dei danni causati dal terremoto in Abruzzo. Di recente, in situazioni simili, lei è intervenuto in prima persona.
Qualche anno fa in Giappone si è verificato un terremoto fortissimo. Le vittime furono circa 60.000. Le scuole vennero spazzate via e molti giovani morirono. Io e i miei studenti decidemmo di recarci nell'area e per costruire case temporanee e nuove scuole. In Italia sto per incontrarmi con un docente di architettura dell'Università di Genova per discutere sul da farsi riguardo al terremoto che ha colpito l’Abruzzo.
Cosa significa progettare per gente senza casa che ha perso tutto?
All’inizio della mia attività ho spesso provato imbarazzo a causa del poco rispetto per il lavoro dell’architetto. Storicamente gli architetti hanno sempre lavorato per re, gruppi religiosi, uomini importanti. Oggi a conferire gli incarichi sono grandi compagnie, famosi imprenditori e ricchi che attraverso l’architettura manifestano il proprio potere e la propria agiatezza. Non lavoriamo più per la gente. E la cosa mi rattrista. Soprattutto perchè potremmo fa fruttare la nostra esperienza e il nostro talento. Ad esempio per riparare a un disastro naturale come un terremoto. La cui pericolosità è provocata da errori umani. Il terremoto in sé non uccide le persone, il crollo di un edificio si. Gli architetti hanno delle responsabilità. In casi del genere bisogna intervenire con prontezza: servono costruzioni e abitazioni temporanee ed è qui che la nostra utilità entra in gioco.
Il Cosmit, l'ente che organizza il Salone del Mobile, vuole lanciare un concorso internazionale per la costruzione in Abruzzo di un complesso eco sostenibile nel rispetto della sicurezza, lei cosa ne pensa?
E' sempre bello quando la gente si adopera per certe cause ma la velocità d'esecuzione e la tempistica di tali iniziative sono molto importanti. Io personalmente non aspetterei gli esiti di una competizione né può farlo la gente che ha perso tutto. Meglio recarsi al più presto sul posto per capire in maniera rapida cosa fare.
Link correlati:http://www.shigerubanarchitects.com/http://www.artek.fi/
Related articles
Images from a day at the Salone del Mobile in Milan (we-make-money-not-art.com)
Milan Design Week 09: Post Futurist Manifesto Talks: Marti Guixe (core77.com)
Nessun commento:
Posta un commento