venerdì 10 luglio 2009

TRANSITIONS

Affrontare la globalizzazione, comprenderla ed immergersi in essa significa ampliare e ridisegnare il proprio sistema percettivo, alla ricerca di un linguaggio artistico che sappia da un lato dialogare con la propria storia (ma anche distanziarsi da essa) e dall'altro esprimere la consapevolezza dell'evoluzione tecnologica del medium, dell'ormai imprescindibile interazione multimediale, del fatto, insomma, che chi osserva l'arte oggi non guarda e non vede soltanto, ma attiva tutti i suoi sensi nel tentativo di varcare la tela-schermo, di irrompere al di là della superficie, come un soggetto di spalle che non è altro che uno spettatore scivolato dentro il quadro e che ora cerca di 'sentire' l'opera dal suo interno. Con la diffusione dei media elettrici di massa e con l'incessante fluire dell'istantaneità elettrica in ogni meandro del reale, l'arte è giunta a una sua fine e a uno dei suoi sempre nuovi inizi: nella sua forma forse più emblematica, la pittura, ha sancito la fine dei 'movimenti' spesso legati alle ideologie novecentesche, ha cessato di esprimersi per tendenze, e ha dimostrato di aver compreso la necessità di un'interazione globale di linguaggi e culture, del ricorso a pratiche prive di una precisa identità (nazionale o ideologica), quelle dei nuovi media, che fanno della compenetrazione e sovrapposizione di fotografia, computer e arte concettuale una nuova 'risuonante' lingua globalmente riconoscibile, visuale e insieme multimediale e multisensoriale.

Jules de Balincourt Allweweresayingwasgivepeaceachance 2006, olio e acrilico su tavola cm 213,5 x 274


Matthew Day Jackson Oracle (Days of Future Passed) 2005-2006, colore all'anilina su compensato, filato, occhi tassidermizzati, madreperla, orecchia di mare, frammenti di legno, legno combusto, ceppo di betulla, acquila indonesiana intagliata cm 244 x 305 x 92

Lisa Ruyter The Sun Also Rises 2002,acrilico su tela cm 228 x 336

Un'efficace e raffinata raccolta di esempi di queste nuove 'transizioni' artistiche e pittoriche è confluita in Transitions. La pittura alla fine dell'arte, mostra collettiva ospitata dalla Collezione Maramotti di Reggio Emilia FINO al 31 ottobre 2009. Si tratta di trenta lavori realizzati tra il 2001 e il 2008 da ventuno artisti, tutti operanti nel contesto newyorkese e tutti in grado di investigare e di mettere in scena la dilatazione mediale e concettuale della pittura, in costante, fitto e 'rumoroso' dialogo con i nuovi media, e dunque di appropriarsi di linguaggi e strumenti industriali e tecnologici, di logiche e metodi di massa, di percezioni e rappresentazioni virtuali eppure tangibilmente reali. Daniel Rich, Enoc Perez e Bart Domburg dipingono architetture che hanno specifiche connotazioni politiche o sociali; tutti e tre muovono il loro processo artistico a partire da fotografie (Rich utilizza ritagli di giornale o riviste, Perez si serve di libri o cartoline postali, Domburg scatta da solo le proprie foto), ma i loro metodi di lavoro divergono sensibilmente. In particolare per i primi due assume una grande importanza l'aspetto processuale: Perez (che vuole creare un'allegoria dello spazio sociale) dipinge senza pennelli, imprime sulla tela linee ricalcate da fogli di carta su cui è stata proiettata l'immagine, di essa traccia poi i contorni a matita e vi trasferisce il colore a olio dal retro dei fogli disegnati; Rich, la cui arte ha scoperte connotazioni politiche, sceglie l'immagine per la sua opera, la fotocopia e ne ricava una complessa mascherina impiegata per riportare su pannelli di legno i dettagli dell'immagine, poi dipinti a smalto. Il tradizionale olio o acrilico su tela emerge nelle opere di Transitions, ma soltanto per ribadire un 'ruolo visuale' più avanzato, evoluto e visibilmente mutato per la pittura: Kent Henricksen si serve di tessuti commerciali visivamente reduplicati, con disegni di scene pastorali (da cui il colore fa emergere la figura di un oppressore incappucciato), M.D. Jackson sostituisce la tela con pannelli di legno su cui si innestano altri materiali (fili di lana, madreperla, occhi tassidermizzati), ad evocare una sorta di finestra invisibile da cui osservare il paesaggio contemporaneo, in cui può accadere che materiale organico e inorganico si fondano dando origine a nuove futuristiche specie; Jessica Stockholder crea pitture-sculture che assemblano elementi creati in studio e oggetti 'commerciali', inscenando un'installazione che dà corpo ai mutati spazi contemporanei; dalle superfici delle opere di Kelley Walker emergono mattoni, piastrelle e malta scannerizzati ed incollati su di un piano che mescola e rielabora materia e dimensioni; i dipinti di Dana Schutz e Pedro Barbeito inscrivono un 'paesaggio con figure', in cui si assiste al ritorno di un archetipo (costituito da due quadri di Bruegel) che si dissolve nella pixellazione da videogame fantascientifico di Barbeito e assume una gestualità espressionistica nel rotolante gruppo di gitanti della Schutz. Jutta Koether disegna un volto luminoso ed elettrico che fonde insieme il Santo Velo e l'urlo di Munch ('tappato' però da un quadrato suprematista); Benjamin Degen colloca il suo nudo adamico in uno sfondo che mescola Matisse a un pointillisme psichedelico;

ad esso si oppone l'Eva-Venere di Will Cotton, per cui una fotografia o un'immagine prelevata dai media costituiscono il punto di partenza per la rappresentazione: la figura femminile del suo Untitled, semi-nuda, è sdraiata in un ambiente di dolciumi 'fioriti' e rigogliosi, emblemi della vanitas dell'oggetto di consumo. Ad altre superfici lavora Damian Loeb, registrando con occhio registico (sempre tramite fotografie poi rielaborate, nei colori e nel contenuto, con photoshop) una porzione di realtà. La matrice fotografica è alla base del lavoro di Lisa Ruyter, che dopo aver creato sulla tela la dissonanza cromatica voluta proietta su di essa una diapositiva, ne traccia i contorni con una biro, li ripassa a smalto, e infine adatta alle precedenti cromie i dettagli delle figure. La pittura di Ann Craven e quella di Wayne Gonzales si costruisce su fotografie ricavate dai media: Craven sceglie soggetti archetipici 'inautetici' e restituisce loro autenticità tramite la pennellata, Gonzales lavora su tutti i dettagli visuali evocati e connessi all'assassinio di Kennedy. Emblematica della nuova ribollente forma della pittura contemporanea è la fine della distinzione tra 'astratto' e 'rappresentazionale': i due binari si avvicinano e si toccano nell'opera di Jules de Balincourt, in cui bande di colore (non figurative) e grandi lettere che danno forma al titolo dell'opera (surrogati di una rappresentazione) coesistono e si legano su di una sola superficie; le serie di figure geometriche 'minimaliste' di Dan Walsh alludono all'iscrizione magica del graffito, più che ad una piatta superficie razionalizzata, e gli ovoidi di John Tremblay non sono solo geometrie elementari seriali, ma rappresentano cellule organiche in costante proliferazione. L'opera di Lalla Essaydi costituisce un ribaltamento della 'visione coloniale' e una critica allo 'sguardo maschile': il nudo maschile ermafrodito allude al falso realismo e all'inautenticità esperienziale di un'intera fase della pittura occidentale. Infine le architetture di Kevin Zucker, che alludono ad uno spazio sociale, ma non lo iscrivono: lo spazio nascosto, e dunque immaginato, lascia intendere una realtà mentale alternativa, un paesaggio non interno ma interiore. Ventuno metodi diversi, ventun modi differenti di mettere in scena un dialogo mediale tra la pittura e i suoi nuovi inevitabili prolungamenti tecnologici, a dimostrazione che se pure la pittura è giunta a sancire la fine dell'arte, da tale risuonante e sfrigolante fine è possibile ottenere – compenetrando i media e lasciando che ognuno di essi inneschi le potenzialità dell'altro – un sempre nuovo e incessante inizio.

Daniel Rich, Torre Velasca 2006, smalto su tavola cm 213,5 x 153 x 6

Kevin Zucker Historical Fiction, Self Help, Current Events 2004, acrilico, inchiostro e nero di carbone su tela su tavola cm 218,5 x 340,5

Dan Walsh Sentence 2005, acrilico su tela cm 193,5 x 393

Dana Schutz Run 2003-2004,olio su tela cm 213 x 290

Jessica Stockholder, 2005

Kelley Walker, Untitled, 2007, serigrafia a quattro colori e giornali su tela, cm 198 x 254

Nessun commento:

Posta un commento

ShareThis

post<li>
Related Posts with Thumbnails