lunedì 21 settembre 2009

QUANDO L' ARTE CIRCENSE NON È SOLO CLOWN

Non vi è nulla di comico al di fuori di ciò che è propriamente umano.
(Henri Louis Bergson)

clip_image002[1]Il duo belga Oki Dok (photo: clown-net.com)

Dissacratore di regole e di pensiero, sensibilità terrena che si fa e ha fatto del mondo trastullo, figura ambigua, che della natura ha colto la tragedia ridicola, il clown, siano le sue armi l’incanto o la beffa, resta senza dubbio ancora oggi artista eccellente della caduta, anche se i primi a inciampare, poco male, siamo come sempre noi. A ricordarcelo, con abilità, ironia e un pizzico di sana idiozia, hanno cominciato i belgi Xavier Bouvier e Benoit Devos, in arte gli OKidOK, protagonisti lo scorso 8 agosto con “Slip experience” dell’apertura della rassegna Clown net alla Pinacoteca Nazionale di Bologna.

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Spogliato del naso e dei suoi colorati orpelli, il clown del duo belga si è così letteralmente ridotto in mutande per regalarci, tra acrobazie, gag improvvisate e irresistibili duetti, una parodia grottesca e pungente di quel culto ossessivo di forma e bellezza che ogni giorno in Occidente pervade il nostro bombardamento mediatico.

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L’uno delicato e filiforme, l’altro robusto e rozzo, tolti gli accappatoi ecco i due “figurini” pavoneggiarsi sulla scena, ora improbabili atleti di karate, ora modaioli esibizionisti, ora bambini cresciuti anelanti corpi statuarei molto più simili, talvolta, a strambi scimpanzé.
L’ottima padronanza tecnica, conquistata tra le tante alla celebre scuola di Montréal, insieme a una complicità di coppia degna di Stan Laurel e Oliver Hardy, ha portato da tempo questo giovane duo, recentemente reduce dalla lunga kermesse all'Avignone Off, in giro per il mondo, perennemente in cerca di un’arte, o meglio di un clown, riconoscibile non per la sua maschera ma per la sua personalissima e continua evoluzione, dove al genere, sia esso circo o teatro, è lasciato solo lo spazio dell’ispirazione. Privi di affettazione e di sterile lirismo, gli Oki Dok hanno lasciato al pubblico il piacere della leggerezza, un abbandono alla risata che insegna a non prendersi troppo sul serio, in nome di un sorriso che, oggi come oggi, ci dicono, vuole essere anche e soprattutto attimo di semplice respiro.


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L’attore recita, il clown è. Uno dei principali snodi della pedagogia clownesca di fine Novecento è “trovare il proprio clown”, un’indicazione contenuta nelle principali teorie formative, almeno da Jacques Lecoq in poi.


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I clown Xavier Bouvier e Benoit Devos, già nel mezzo di una brillante carriera, e già in sincronia con i “loro clown” così ben tratteggiati nei loro precedenti spettacoli, hanno deciso di cercarne degli altri. E li hanno trovati! Hanno trovato due loro nuovi clown, con uso minimalista di trucco e costumi, ma con un uso sapiente e virtuoso di tecniche del corpo, espressioni facciali, utilizzo dello spazio, composizione delle relazioni fra i personaggi e con il pubblico, senso del timing. Xavier e Benoit hanno così dimostrato che per ognuno di noi esistono, forse, diversi clown. Così facendo forse confonderanno ulteriormente le idee a critici, teorici e storici. Ma ben venga la confusione e la dialettica, perché uno dei motivi di esistere del clown è proprio quello di confondere e far pensare, oltre che far ridere, proprio quello che fanno gli OKidOK.

Fonte: http://www.clown-net.com/




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