L’officina dei sogni di via Cagliari (ossia l’atelier) di Giorgio Ramella ha ospitato lungo gli anni gli incubi da Gabinetto del Dottor Caligari della distorta Metropolitana del Bronx e l’antropologia dei graffiti tribali, gli «occhi di Van Gogh» e il Kamasutra indo-persiano.
Ora si sposta «A Oriente verso Sud», come recita la nuova mostra, curata alle Ogr da Lea Mattarella. Il titolo racchiude le suggestioni delle grandi tele dell’artista torinese, i suoi viaggi che, come sottolinea la curatrice, assomigliano più a «miraggi», dove «l’altrove, la sua Africa, il suo Oriente da Mille e una notte sono proprio, come le storie raccontate da Shehrazad al sultano, magnifiche invenzioni letterarie».
E in Donna che sogna 1 del 2005 il profilo Mogul, sul quale si stampa il bianco di una palma, è sommerso da una colata densissima di blu, a sua volta esaltata dal fondo nero tramato dal tessuto disegnato in bianco di piccole scene orientali e africane. La versione 2 del 2008 inverte la cromìa. Il disegno nero delle scene rivela le sue radici nei piccoli disegni di studio di Casorati.
Il gruppo di nuvolette che ricompare in molte tele della nuova serie orientale-africana è omaggio a Savinio altrettanto quanto alla maturità astratto-surreale di Prampolini e di Magnelli. Il citazionismo metamorfico di Ramella, ebbro di colore postmoderno, traspone il letto di Van Gogh ad Arles in verde giallo nell'Oriente da Mille e una notte.
GIORGIO RAMELLA, A ORIENTE VERSO SUD
TORINO. OFFICINE GRANDI RIPARAZIONI
FINO AL 31 OTTOBRE
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