Viene presentata come la più importante esposizione mai organizzata su Cima da Conegliano la mostra che dal 26 febbraio al 2 giugno sarà allestita in Palazzo Sarcinelli, a Conegliano, Treviso, nella terra natale del grande artista rinascimentale.
Oltre 40 opere provenienti da grandi musei internazionali apriranno uno squarcio di luce sull’opera e sull’influenza che Giovanni Battista Cima (1459/1460 – 1517/1518) esercitò sulle generazioni successive. Un maestro in parte ancora avvolto nel mistero ma sul quale una certezza esiste: nella pur breve carriera, è stato ai vertici della pittura sacra in laguna.
L’esposizione, che si svolge nei suggestivi ambienti di un palazzo cinquecentesco appena restaurato, arriva a 50 anni da un’altra grande mostra allestita nel Palazzo dei Trecento di Treviso. E’ curata da Giovanni Carlo Federico Villa, coadiuvato da un comitato scientifico che comprende i maggiori studiosi italiani e stranieri su Cima da Conegliano, quali Peter Humfrey, David Alan Brown, Mauro Lucco e Matteo Ceriana. In 40 opere, provenienti da alcune delle maggiori istituzioni pubbliche mondiali, si tenta di ricostruire la vicenda artistica dell’artista, autore di dipinti entrati nei manuali per la stupefacente sapienza tecnica e la meticolosa descrizione oggettiva di una realtà vissuta concretamente.
Le prime due sale del percorso propongono un’irruzione nel paesaggio veneto del Quattrocento, una delle chiavi di lettura privilegiate dell’opera del coneglianese. Si scoprirà così come Cima sia stato il primo artista che ha lasciato l’utopia del paesaggio ideale per restituire invece, fermo restando l’incanto degli scenari, una resa topografica e concreta dei colli trevigiani, di Conegliano e delle sue terre.
Nelle sale successive il percorso seguirà cronologicamente la storia artistica di Cima. Ogni sala sarà così caratterizzata da una focale centrale, un altare che presenterà la pala di riferimento di ogni stagione della sua pittura. Si comincerà dalla Madonna in trono con il Bambino tra i santi Giacomo e Girolamo della Pinacoteca Civica di Palazzo Chiericati di Vicenza per approdare allo stupefacente Riposo nella fuga in Egitto con i santi Giovanni Battista e Lucia della Fundaçao Calouste Gulbenkian di Lisbona, dove l’uomo e la natura sono un tutt’uno. E poi, tra gli altri, la Madonna con il Bambino e i santi Michele arcangelo e Andrea della Galleria Nazionale di Parma, con i suoi frammenti di marmi antichi a far da tappeto ad alcune tra le figure più intense e statuarie delle pittura padana del Quattrocento o l’Incredulità di San Tommaso delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, colma di poesia di luce.
Una decina di grandi pale accanto a cui saranno affiancate quelle Madonne con il Bambino ammirate e copiate da generazioni intere di pittori – si pensi tra gli altri ai dipinti provenienti dalla National Gallery di Londra, dagli Uffizi di Firenze, dal National Museum of Wales di Cardiff – e poi temi sacri e profani in cui si scorge la formidabile ascesa nell’empireo dei grandi operata da Cima. Riuniti in mostra anche la serie completa dei San Girolamo nel deserto – provenienti da Harewood (Yorkshire, Harewood House), Milano (Pinacoteca di Brera), Washington (National Gallery of Art), Londra (National Gallery) e Firenze (Uffizi) – nei quali scopriranno le radici di Giorgione e di Lorenzo Lotto.
Di grande importanza saranno i cassoni ricostruiti grazie
il Teseo alla corte di Minosse finalmente rintracciato in una collezione svizzera che verrà posto accanto al Teseo e il Minotauro della Pinacoteca di Brera, mentre il Bacco e Arianna del Museo Poldi Pezzoli di Milano si ricongiungerà con il Sileno e Satiro del Museum of Art di Philadelphia. Una pittura profana che sottolinea il ruolo di prestigio ricoperto da Cima a Venezia e nei territori della Serenissima. È lui infatti l’interprete principe di un nuovo sentire, di una riscoperta della classicità portata avanti da Aldo Manuzio e dalla sua cerchia. Tuttavia di Cima da Conegliano, molti aspetti sono ancora avvolti in un cono d’ombra, e solo la possibilità di porre a confronto le sue opere può consentire di risolverli, soprattutto alla luce della scarsità di documenti emersi nel corso dei secoli.Da questi si è dedotto che ancora giovane Cima si trasferì a Venezia per aprire una bottega propria (siamo sul finire del ‘400); certa la sua vicinanza con Giovanni Bellini, considerato l’inventore del paesaggio italiano così come sono acclarate poi le sue incursioni in Emilia, tra Parma, Carpi, Bologna dove riceverà numerose commissioni per altari. Morirà tra il 1517 ed il 1518; ancora giovane ma non abbastanza da non essere riuscito a lasciare un segno indelebile nella storia dell’arte. Info sulla mostra: 800 775083 – http://www.cimaconegliano.it/.
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