lunedì 14 febbraio 2011

MICHELANGELO ANSELMI, PARMENSE D'ECCEZIONE

Pur nativo di Lucca, Michelangelo Anselmi (1491-1555) è stato uno dei più raffinati artisti operanti a Parma nel primo Cinquecento, capace di rivaleggiare persino con i maestri locali Correggio e Parmigianino. Ancora oggi le sue splendide opere ornano i principali edifici della città emiliana, rendendola ancora più bella e attraente agli occhi del visitatore occasionale.
A causa di un errore interpretativo di antichi documenti, Michelangelo Anselmi è sempre stato considerato senese di nascita, anche per via delle marcate influenze toscane presenti nelle sue prime opere, specialmente nella Visitazione della chiesa di Fontegiusta, situata nei quartieri medievali della famosa città del Palio. Tuttavia una recente rilettura delle stesse carte fa pensare che l’ottimo pittore rinascimentale sia invece nativo di Lucca, dove la famiglia si era forse trasferita alla fine del XV secolo per motivazioni economiche. Comunque sia, non ci sono dubbi sul legame profondo tra l’Anselmi e Parma, sua città d’adozione, durato per ben trentacinque anni. L’artista giunse infatti nel Parmense intorno al 1520, e non lasciò più la regione sino alla morte, avvenuta probabilmente nel 1555: un connubio perfetto, quindi, che regalò alla città emiliana una sfilza di magnifici capolavori tanto in ambito sacro che profano.

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La prima commissione parmense dell’Anselmi furono gli affreschi per l’abbazia benedettina di San Giovanni Evangelista, realizzati in collaborazione col Parmigianino, maestro indiscusso della pittura cinquecentesca locale. Il segno morbido e fluente dell’artista toscano si discosta pero’ nettamente da quello del piu’ celebre collega, mostrando tocchi di notevole originalità soprattutto nelle delicate scene del transetto, incentrate sulla vita di Sant’Agnese e di Santa Caterina. E’ possibile che durante il lavoro Michelangelo sia entrato in contatto anche col Correggio, altra figura preminente dell’arte rinascimentale emiliana, ma ci sono poche testimonianze a riguardo, nonostante alcuni accenni particolari nelle opere successive dell’Anselmi.
Terminata la decorazione di San Giovanni Evangelista, il giovane pittore continuo’ ad occuparsi di edifici religiosi, affrescando prima le pareti dell’Oratorio della Concezione e poi quelle della Chiesa di San Prospero a Reggio Emilia, per cui realizzò uno dei suoi maggiori capolavori, il Battesimo di Cristo (1536), dotato di una freschezza narrativa davvero eccezionale.

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Sant'Agostino. 1538-39 Particolare degli affreschi nella cappella dell'Immacolata Concezione a Busseto. (Michelangelo Anselmi).

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Sant'Ambrogio. 1538-39 Particolare degli affreschi nella cappella dell'Immacolata Concezione a Busseto. (Michelangelo Anselmi).

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San Girolamo. 1538-39 Particolare degli affreschi nella cappella dell'Immacolata Concezione. (Michelangelo Anselmi).

Le ultime opere sacre dell’Anselmi furono quindi i pregevoli dipinti per la Chiesa Collegiata di San Bartolomeo a Busseto, eretta circa un secolo prima sulle rovine della cappelletta medievale di San Nicolò, ma pochi di loro sono giunti integri ai giorni nostri: nel XVIII secolo l’edificio conobbe infatti un “restauro” parecchio invasivo, e il lavoro dell’artista - concentrato sulle auguste figure dei Padri della Chiesa (Ambrogio, Agostino, Ilario e Girolamo) - subi’ danni irreparabili. Solo il brillante intervento di Giovanni Gaibazzi nel 1865 permise un parziale recupero dell’opera originale, putroppo limitato ad alcuni frammenti nella volta della cappella dedicata alla Beata Vergine della Concezione.
Nel 1538 la carriera di Michelangelo subì una svolta improvvisa, grazie al fugace incontro con Giulio Romano, attivissimo alla corte mantovana dei Gonzaga. Il pupillo di Raffaello realizzo’ infatti una serie di splendidi schizzi per Palazzo Lalatta (oggi parte del vasto convitto “Maria Luigia”), affidandone l’esecuzione alle mani esperte dell’Anselmi. La strana coppia produsse quindi una serie di ammirevoli affreschi di argomento mitologico, terminati successivamente dal Bertoja intorno al 1570: in essi lo stile dell’Anselmi raggiunge la piena maturità, con preziosismi compositivi degni del miglior Parmigianino; tuttavia resta intatta una certa vena toscana della prima giovinezza, forse legata al tratto ombroso del Beccafumi o dello Scalabrino. E sarà proprio questa ambiguità compositiva a dare adito alle piu’ fantasiose teorie sulle origini del pittore, visto addirittura come membro minore della scuola senese.
Comunque sia, affermatosi ormai come uno dei maggiori artisti dell’Italia centro-settentrionale, Michelangelo continuo’ a lavorare per la ricca nobiltà parmense, decorando sontuosamente case private oppure realizzando agili bozzetti per i suoi allievi, sparsi ora in archivi e collezioni di mezza Euopa. Nel 1540 fu coinvolto nella sua ultima commissione pubblica, ovvero la decorazione della Chiesa di Santa Maria della Steccata, sede ufficiale di una miracolosa immagine di Giovanni Battista: l’edificio aveva visto all’opera i migliori ingegni dell’archittetura rinascimentale, da Giovan Francesco Zaccagni ad Antonio da Sangallo, ed era stato solennemente consacrato da poco tempo. Nel frattempo Parma era diventata dominio della famiglia Farnese, e quest’ultima voleva trasformare il santuario in simbolo tangibile del proprio potere politico-religioso.
Furono quindi coinvolti nell’operazione i migliori artisti della regione, incluso l’Anselmi, che progetto’ un magnifico affresco raffigurante il classico tema dell’Adorazione dei Magi su schizzi originali del Parmigianino. Ma purtroppo la morte lascio’ incompiuta quest’ultima opera del “parmense d’eccezione”, modificata poi parzialmente dai lunghi restauri barocchi di Mauro Oddi (1639-1702).
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