venerdì 15 aprile 2011

PENAN - "VOI AVETE IL MONDO, LASCIATECI I BOSCHI"

clip_image001Bruno Manser ai tempi della sua permanenza tra i Penan

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Uno sguardo nuovo sul Borneo, a disposizione adesso di tutti gli internauti. Sono stati resi pubblici, e accessibili su Internet, infatti, gli archivi del fotografo svizzero Bruno Manser, un patrimonio eccezionale di foto scattate dal 1984 al 1990 in Malesia. Protagonista una delle ultime popolazioni al mondo della foresta pluviale, i Penan e un fotografo tra i più conosciuti, diventato un simbolo della lotta contro le multinazionali che distruggono le popolazioni indigene.

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A causa di queste foto e per il suo impegno contro la deforestazione selvaggia al fianco dei Penan, localizzati principalmente nella regione del Sarawak, Manser è scomparso misteriosamente nel 2000 durante una delle sue spedizioni nel Borneo. Il suo corpo non è mai più stato trovato. Rimangono i sospetti che a eliminarlo siano state forze governative. E rimangono le sue foto, circa diecimila, tutte adesso rigorosamente catalogate e consultabili via web, dopo 3 anni di duro lavoro della Fondazione Manser .

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L’eccezionale impegno profuso dal fotografo in vita è presente in ogni suo scatto. Viene così documentata la vita quotidiana di un popolo eccezionale, ai confini del mondo in una delle foreste pluviali più ricche del pianeta.

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Bruno Manser è stato un uomo che ha unito il talento al coraggio. Per la sua causa una volta atterrò perfino nel giardino di casa dell’allora Primo Ministro della Malesia Taib Mahmud. Purtroppo i suoi immensi sforzi e la sua arte non sono bastati a fermare la deforestazione.

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Oggi su 10 mila Penan, infatti, solo 200 continuano a vivere secondo tradizione, e cioè da nomadi. Quelle foto allora continuano ad essere un durissimo atto d’accusa nei confronti di tutto quell’Occidente che sfrutta ma non vuole vedere.

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Un servizio della tv Al Jazeera sui Penan





Fonte

Qui potete vedere i disegni di Bruno Manser
Nelle due mappe che seguono, potete vedere dove vivono i Penan Selungo

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Map: © Bruno Manser Fonds, 2008

clip_image009Map: © Bruno Manser Fonds, 2008

http://www.bmfpix.ch
PENAN - "Voi avete il mondo, lasciateci i boschi"
I Penan vivono nella foresta tropicale più antica del mondo (150.000.000 di anni), che sorge nel Borneo, nei pressi del mar Cinese meridionale. Questa regione appartiene allo stato di Sarawak, che dal 1963 -anno che segnò la fine della sovranità britannica- fa parte della federazione malese. I dati ufficiali parlano di circa 10.000 Penan, oggi semisedentari, mentre solopoche centinaia sono rimasti nomadi. In Sarawak vivono altri venti popoli indigeni, collettivamente chiamati Dayak, tutti più o meno dipendenti dalle foreste.
I Penan vivono in piccole palafitte costruite in mezzo alla foresta. Sono poco avvezzi ai conflitti e non conoscono divisioni gerarchiche. I bambini sono considerati membri della società a pieno titolo, ma difficilmente vengono puniti od obbligati a fare qualcosa. I Penan e la maggior parte dei popoli dayak non hanno pregiudizi nei confronti degli stranieri. La loro venerazione per gli anziani è tale che si rivolge anche ai funzionari governativi. "La nostra buona fede è davvero eccessiva: crediamo che gli altri siano leali come noi" dice Mutang Urud, membro del popolo Kelabit e fondatore dell'Alleanza dei popoli indigeni di Sarawak, che negli anni Ottanta ha iniziato ad organizzare la difesa dell'ambiente contro il saccheggio ambientale portato avanti dalle industrie del legno. Una difesa nonviolenta che ha ottenuto il sostegno di associazioni ecologiste e per i diritti umani. Pioniere di questo movimento è stato lo svizzero Bruno Manser, che per sei anni ha condiviso la vita dei Penan dando eco mondiale alla loro situazione tragica. Nel 1990, perseguitato dalle autorità malesi, è stato costretto a lasciare il paese.
"La foresta ci dà protezione, il cibo e le sostanze per la nostra medicina. La storia del mio popolo si sviluppa nella foresta" dice Mutang Urud, che oggi vive esule in Canada e da lì continua la sua lotta. Radidah Aziz, Ministro del Commercio Estero e dell'Industria, inquadra il problema in un'ottica ben diversa: "Parliamo del ventunesimo secolo. Non possiamo permetterci che alcuni nostri concittadini caccino scimmie nella foresta". Ma i Penan, sotto il tetto fitto della foresta, continuano a coltivare il riso e commerciano con i Dayak, scambiando i prodotti della foresta con sale, attrezzi di ferro, tegami ed altri oggetti. Fra i popoli indigeni del Borneo esistono infatti legami economici assai vari ed estremamente funzionali.
La tragedia di questi popoli richiama quella degli indios amazzonici. La foresta costituisce infatti una formidabile fonte di affari, che schiaccia senza pietà la varietà ambientale e i diritti dei popoli indigeni. Il disboscamento diviene quindi il nemico dei Penan e dei Dayak: nel corso degli anni Ottanta, oltre la metà del legno tropicale esportato nel mondo proviene da queste foreste. Perfino l'Organizzazione internazionale del commercio di legno tropicale critica le quote malesi. Le autorità governative sostengono di sfruttare il patrimonio forestale in modo selettivo, ma in realtà si tratta di uno scempio che arriva a diradare i due terzi della sconfinata foresta tropicale. La caduta degli alberi giganteschi ed i bulldozer devastano la foresta.
Il disboscamento procede a pieno ritmo, giorno e notte.
A causa dell'erosione i fiumi si trasformano velocemente in torrenti di fango: la conseguenza è l'inquinamento dell'acqua potabile. Il disboscamento determina la scomparsa di pesci, uccelli, piccoli mammiferi, alberi da frutto: in altre parole, delle principali fonti d'alimentazione per gli indigeni.
I Penan stessi vengono deportati in campi dove muoiono di infezioni, di malattia, di fame. Alcuni organizzano manifestazioni nonviolente, generalmente bloccando l'accesso delle strade ai bulldozer. Il prezzo che pagano è alto: alcuni vengono feriti o uccisi, altri vengono imprigionati e torturati.
Mutang Urud, intanto, spera nella solidarietà internazionale. Molte imprese del legno gli hanno offerto grosse somme affinchè rinunciasse alla sua lotta, che invece continua con rinnovato slancio.
GfbV-Österreich

BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
R. Algenii, Religione e vita di una tribù daya del Borneo occidentale, EMI, Bologna 1980.
H. Hong, Natives of Sarawak: Survival in Borneo's Vanishing Forests, Institut Masyarakat, Penang (Malaysia) 1987.
A. Linklater, Selvaggi con il walkman. Tra i cacciatori di teste nella giungla del Borneo, Garzanti, Milano 1992.
B. Manser, Voices from the Rainforest, Institute for Social Analysis, Petaling Jaya (Malaysia) 1996.
R. Milanesio, Borneo. Popoli che scompaiono, Tranchida, Milano 1992.
N. T. Dieu, "The State versus Indigenous Peoples: The Impact of Hydraulic Projects on Indigenous Peoples of Asia", Journal of World History, VII, n. 1, Spring 1996, pp. 101-130.
 
INDIRIZZI UTILI 
 
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