Negli anni sessanta passa al giornalismo. La sua attività professionale lo porta, tra l’altro, a vivere alcuni anni a Mosca, quale primo corrispondente televisivo occidentale nell’Unione Sovietica, e poi a Parigi. Commentatore al Telegiornale e “inviato speciale” realizza per la RAI inchieste documentari televisivi in Europa, Asia e Africa.
Diario Moscovita
<<… il più europeo tra i fotografi ita liani del dopoguerra, è stato Piergiorgio Branzi, fino dalle prime esperienze negli anni Cinquanta. Si sottrasse rapidamente al provinciale dibattito tra “realisti” e “formalisti”, allora ripreso e vivacizzato però, sia nelle pagine delle pubblicazioni specializzate (Ferrania di Bezzola, Fotografia di Croci, Diorama di Genovesi...) che nell’ambito dopolavoristico dei Circoli e dei Gruppi amatoriali, che furono comunque gli unici organismi ad avviare in Italia una specifica Cultura della Fotografia, estranea finalmente al pittorialismo... >>, così il noto critico e storico della fotografia Italo Zannier ha presentato l’autore F.I.A.F. dell’anno 1997 Piergiorgio Branzi, nella monografia a lui dedicata dalla F.I.A.F. e pubblicata in collaborazione con la Fratelli Alinari.
Piergiorgio Branzi è stato una delle figure più importanti nel panorama culturale-fotografico italiano negli anni dell’ immediato dopoguerra, quando i parametri dell’arte figurativa erano ancora fortemente influenzati dalle posizioni estetiche e ideologiche promosse dal gruppo fotografico “La Bussola” guidato da Giuseppe Cavalli e del quale Branzi stesso faceva parte. Tali posizioni hanno comportato un linguaggio fotografico fortemente calligrafico, con dei valori estetici che alcuni fotografi emergenti hanno reputato poco adatti ai tempi.
All’epoca infatti, la fotografia italiana era ancora ferma su canoni estetici lirici che si ispiravano alla calcografia, alla litografia, all’incisione.
Nello stesso periodo vennero pubblicati libri fotografici come “Gli americani” di Robert Frank, “New York” di William Klein e “Un paese” di Paul Strand, che determinarono un nuovo rapporto linguistico con il mezzo fotografico.
Piergiorgio Branzi ha guardato con interesse questi nuovi stili trovando però una maggiore affinità con la fotografia “onirica” e “surrealista” dei francesi Cartier-Bresson, Izis, Boubat, Brassai e dell’ungherese Kertesz.
Vale infine la pena di ricordare che quegli anni sono stati anche l’inizio di un profondo e radicale mutamento politico e sociale per cui, anche attraverso la fotografia, si cercava
Piergiorgio Branzi dopo aver vissuto questo delicato trascorso di storia italiana, è stato negli anni sessanta un giornalista televisivo di prim’ordine: ha vissuto alcuni anni a Mosca, primo corrispondente televisivo occidentale nell’Unione Sovietica, ed ha realizzato per la RAI inchieste e documentari in Europa, Asia, ed Africa.
In Italia lo si ricorda anche per essere stato un commentatore al telegiornale.
Piergiorgio Branzi è stato insignito dalla FIAF dell’onorificenza di MFI (Maestro della Fotografia Italiana) e nel 2005 è stato fra i dieci partecipanti alla 6 Biennale D’Arte Fotografica Le Gru dove ha presentato una serie di immagini tratte dalla mostra “Diario Moscovita”.
All images © PIERGIORGIO BRANZI
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