Opera
Silvia Amodio è una fotografa professionista che da tempo si è specializzata sul tema del ritratto. Proprio perché legata alla visione classica dei grandi autori che si sono misurati con questo genere, ha privilegiato l’essenzialità che è diventato un tratto distintivo del suo stile. Nello scegliere i fondali, nel calibrare le luci, nel comporre le scene, Silvia Amodio mette un’attenzione e una cura che sono tanto più accurate quanto meno eclatanti: in tal modo anche le riprese che hanno richiesto le maggiori difficoltà appaiono a chi le osserva semplici ed immediate. Non è, tuttavia, soltanto al rigore formale che la fotografa dedica le sue energie perché nella sua visione del mondo estetica ed etica sono due componenti che, intrecciandosi dialetticamente, trovano una reciproca ragion d’essere.
Nasce così un genere di ritratto che si risolve sempre in un modo originale per affrontare temi sociali di stretta attualità come le difficoltà di inserimento sociale delle persone affette da albinismo nella pur evoluta realtà europea, il tema complesso del lavoro minorile in Perù, la vita di quanti in Sudafrica vivono la tragica realtà della diffusione dell’Aids.
Quando si pone dietro la sua macchina fotografica, Silvia Amodio assume un altissimo livello di concentrazione (è la prima cosa che, nell’ osservarla lavorare, immediatamente si percepisce) ed è proprio questo che le consente di pensare al soggetto che riprende come a una persona di cui deve far emergere le caratteristiche più profonde, perché un sorriso, uno sguardo, un modo di porsi non sono mai casuali e coglierli nel momento e nel modo giusto è una vera arte.
Per questa ragione, pur essendo state realizzate in luoghi differenti e con modalità che hanno dovuto tener conto delle particolari condizioni logistiche (si aspettava difficoltà in uno sperduto paese andino ma set di fortuna la fotografa ha dovuto allestirli anche a Parigi e Valencia) tutte le sue ricerche conservano il segno deciso di uno stile asciutto, essenziale e come tale fascinoso.
Testo a cura di Roberto Mutti Fonte
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