Represented by Gallery VU'
Spanish. Born in 1958 in Madrid where he presently lives.
A scientist by training and a lover of photography, Juan Manuel Castro Prieto has managed to combine his two passions to become one of the most aware, demanding and subtle photographers in Europe.
After resurrecting the work of thirties portrait photographer, Martin Chambi, by creating prints from glass plates in Cuzco, Prieto developed a passion for Peru. Ten years later, he crossed the country on a “journey to the sun,” where he finely and artistically portrayed his tenderness for the people, the beauty of the landscape, his curiosity for an often unspoiled culture, and the poverty accompanying this condition.
He then grouped together a collection of strange 20-year-old images he had taken of bare landscapes and still lives to explore photography’s limits and better understand light. The resulting effect was a tension between fiction and representation. He has also recently worked with colour by using the highly personal tonality of Ethiopia and India to create visions that are both mental and based upon a troubling realism, a form of travel, between dream and materiality, like on the delicacy of impossible shades.
Spanish. Born in 1958 in Madrid where he presently lives.
A scientist by training and a lover of photography, Juan Manuel Castro Prieto has managed to combine his two passions to become one of the most aware, demanding and subtle photographers in Europe.
After resurrecting the work of thirties portrait photographer, Martin Chambi, by creating prints from glass plates in Cuzco, Prieto developed a passion for Peru. Ten years later, he crossed the country on a “journey to the sun,” where he finely and artistically portrayed his tenderness for the people, the beauty of the landscape, his curiosity for an often unspoiled culture, and the poverty accompanying this condition.
He then grouped together a collection of strange 20-year-old images he had taken of bare landscapes and still lives to explore photography’s limits and better understand light. The resulting effect was a tension between fiction and representation. He has also recently worked with colour by using the highly personal tonality of Ethiopia and India to create visions that are both mental and based upon a troubling realism, a form of travel, between dream and materiality, like on the delicacy of impossible shades.
All images © Juan Manuel Castro Prieto agencevu
Juan Manuel Castro
Prieto, nato a Madrid, (Spagna) nel 1958, si specializza in scienze economiche
all’Università di Alcalà de Henares. Poi si innamora della fotografia e
comincia a guadagnarsi da vivere come fotografo lavorando al Museo Arqueológico
Nacional di Madrid. L’abilità nel combinare la sua grande perizia come tecnico
di laboratorio con l’innato talento per la ripresa su campo lo hanno portato in
pochi decenni ad essere riconosciuto come uno dei più originali ed ammirati
fotografi europei. La svolta nella sua professione si ha all’inizio degli anni
Novanta, quando egli scopre il Perù, e seguendo i passi di Martin Chambi, il
grande fotografo peruviano ingiustamente dimenticato, incomincia un viaggio per
il paese che imprime una svolta decisiva al suo stile. Attraverso gli occhi e
l’impegno del maestro sudamericano Castro Prieto riscopre la quotidianità
dell’esistenza indigena e le magnifiche rovine di Cuzco, vestigia che
testimoniano il glorioso passato del popolo Incas. Le Ande e la sua gente ritornano
ad essere protagonisti nelle immagini di Castro Prietro, dopo il buio trascorso
dall’interessamento di Chambi, il loro discendente che non aveva esitato ad
arrampicarsi sul tetto del suo splendido mondo per ritrarlo. Nasce così la
serie fotografica “Viaje al Sol” (Viaggio al Sole) che testimonia la sua
tenerezza per le persone e la bellezza del panorama peruviano. Nel corso dei
suoi viaggi in Perù Castro Prieto ha l’occasione di conoscere il nipote di
Martin Chambi, Téo Allain Chambi, il quale era riuscito a recuperare un certo
numero di clichè originali inediti del suo antenato e da queste lastre di vetro
Castro Prieto realizzò le prime stampe su carta che furono esposte, nel 2002,
alla galleria Vu di Parigi in una personale dedicata al grande fotografo peruviano.
(La storia di quest’avventura si può leggere nel testo: “Martín
Chambi-Perú-Castro Prieto”, 2011, ed.La Fábrica). Castro Prieto, maestro del
bianco e nero, recentemente ha lavorato anche con il colore. In questo caso,
l’uso di tonalità estremamente personali gli ha permesso di realizzare immagini
di paesi, quali l’ Etiopia e l’India, che sono autentiche visioni mentali
basate su un realismo preoccupante, una forma di viaggio, tra sogno e la
realtà. Castro Prieto è rappresentato dall’ Agence Vu di Parigi. Sue mostre
personali si sono tenute in anni recenti a Parigi, Madrid, Barcellona ed ha
partecipato a numerose mostre collettive, sempre a partire dal 2000. Nel 2002
ha ricevuto il Prize Bartolomé Ros de Photo Espana e nel 2003 il Photography
award of the community of Madrid. Tra i suoi libri fotografici ricordiamo: “El
álbum perdido” (1993-1995) contiene una serie di fotografie realizzate in Perù,
Andalucia e Cespedosa, che sembrano essere estratti da un album di antiche
fotografie antiche. “La seda rota” (2005) contiene una serie di fotografie
realizzate a Madrid nella casa della famiglia Madrazo, una dinastia di 19
pittori oggi estinta. Juan Manuel Castro Prieto traduce la strana, anche
oppressiva, atmosfera che pervade questi luoghi, Tra presenza e l'assenza,
l'accumulazione di ritratti, dipinti e fotografie enfatizza il fato di questa
famiglia, col ritratto postumamente dipinto del loro ultimo bambino che
simboleggia la loro fine. “Musée d'Orsay” (2006) è una raccolta di foto prese
nell’ambiente del museo dove l’interpretazione personale si fonde con la
ripresa di pezzi d’arte ed il comportamento degli spettatori. “Bodas de sangre”
(2010-2011) in questa serie Castro Prieto si ispira alla letteratura di
Federico Garcia Lorca e racconta una storia, un dramma di amore impossibile. Ma
lui non ne dà un’atmosfera letteraria, al contrario crea un'interpretazione
simbolica e personale in una serie di scatti che annunciano predizioni
disastrose e creano una tragica atmosfera. “Equilibrio inestable” (2007-2012)
Come “Extraños” anche questa serie usa la stessa lingua simbolica ed è permeata
dallo stesso senso di disagio. Ma mentre le fotografie di “Extraños” mostrano
un equilibrio distrutto, “Equilibrio instabile” presagisce una rottura
imminente. A causa dell’uso di colori sottili, i ritratti risultano oppressivi,
sono una riflessione della precarietà della felicità e della vita che può in
ogni istante finire. facebook
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