domenica 19 aprile 2009

L’ARCHITETTO DONNA CHE VIENE DALL’ORIENTE

Scatole bianche assemblate le une sopra le altre. Così si presenta il New Museum di New York a chi percorra Bowery Street: una presenza senza tempo che nonostante la conclamata contemporaneità convive perfettamente nel paesaggio del Lower East Side di Manhattan
Si firma SAANA ma si chiama Kazuyo Sejima. Ha 53 anni, viene dal Giappone, e rappresenta con Zaha Hadid e Odile Decq uno dei segni al femminile dell’architettura contemporanea. Quella dell’establishment e dello star system. È lei, con Ryue Nishizawa, suo compagno nella vita, l’autrice della nuova icona newyorkese: il New Museum of Contemporary Art sulla Bowery Street, nel Lower East Side di Manhattan, Loro è il grattacielo Dior Ometosando che, candido, si staglia nello skyline multicolor di Tokyo. Sono loro che a breve realizzeranno il prossimo padiglione della Serpentine Gallery a Londra. Abbiamo incontrato Kazuyo Sejima a Torino dove il 12 marzo ha ricevuto il Premio Stellare della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Un premio delle donne per le donne, dedicato a chi ha saputo innovare il modo di guardare la realtà. In questo caso attraverso l’architettura, con edifici astratti e trasparenti che hanno reinventato le relazioni tra corpo e spazio. Con lei abbiamo parlato dei luoghi dell’abitare, dell’importanza della luce, di percorsi e movimento.
Intimità e separazione. I suoi edifici, più che da muri, sembrano essere definiti da membrane permeabili. Quale è la sua idea di dentro e fuori? E quale è la relazione tra le due dimensioni?Le architetture da sempre rappresentano dei confini tra gli spazi interni e quelli esterni. Sono delle separazioni. Ciò che tuttavia mi interessa è la continuità tra le due realtà. La possibilità che la gente si senta parte di un insieme, di un ambiente, di una società. Che nel caso di quella contemporanea è impregnata di informazioni. Per questo mi piace creare relazioni con l’esterno. Farlo sentire, farlo percepire.
Il bianco e la trasparenza caratterizzano le sue opere. Ciò ha qualcosa a che vedere col concetto di vuoto della cultura orientale? Nelle costruzioni giapponesi prevale di più il senso di apertura. Gli spazi degli edifici sono aperti, spesso grazie all’uso di pannelli scorrevoli. Mi piace la capacità degli edifici di aprirsi all’esterno. In questo senso la trasparenza non è intesa in senso visivo. È più qualcosa che si raggiunge attraverso il modo di pensare la pianta. Una caratteristica che favorisce l’idea di una architettura aperta.
Che valore attribuisce alla luce nel progettare le sue architetture? La luce è molto importante per definire gli spazi. È importante il modo in cui la luce naturale viene portata dall’esterno verso l’interno. È un aspetto fondamentale per sentire la continuità tra dentro e fuori. Ovviamente l’interno è più buio dell’esterno. È per questo che la luce viene portata dentro le architetture. È così che si creano spazi in continuità tra dentro e fuori.
Gli spazi sono luoghi da abitare, con regole e dimensioni. Nelle sue architetture niente indica la misura delle cose e gli ambienti sembrano disegnati per essere attraversati da corpi in movimento. Il moto e la fluidità rappresentano nuovi modi di vivere?Gli spazi a volte sono definiti da muri ma in realtà appaiono costruiti dalla luce. Altre volte possono sembrare diversi grazie a un materiale. È il motivo per cui l’idea di progetto, come ho come detto durante la conferenza di oggi, è tanto importante. Le persone, i loro corpi, possono creare degli spazi. Alcuni luoghi li puoi sentire in sintonia col tuo corpo e i tuoi movimenti. Ecco io sono molto interessata a questo, a come gli spazi interagiscono con le persone. Naturalmente oltre allo spazio mi interessa anche il contesto, come pensare l’ambiente. L’architettura è qualcosa di molto grande, più del corpo umano, e noi abbiamo una grande responsabilità nei confronti di ciò che ci circonda. Contemporaneamente dobbiamo pensare a che tipo di ambiente vogliamo costruire all’interno. E questa è la cosa più interessante: la relazione tra il modo in cui si concepisce lo spazio interno e il disegno dell’edificio.
Esiste oggi una differenza tra design e architettura? Non saprei dirlo con esattezza. Probabilmente mi sento più incline all’architettura. Alle sue implicazioni e relazioni.
Tra i progetti futuri c’è il prossimo padiglione espositivo della Serpentine Gallery a Londra. Può darci qualche anticipazione?Siamo molto felici di questo incarico. Siamo solo all’inizio del progetto e non abbiamo ancora le idee chiare.
Lei ha appena ricevuto un premio al femminile. Come architetto donna quanto è difficile ottenere prestigiosi riconoscimenti?Sono davvero onorata di aver ricevuto il Premio Stellare. Penso che oggi essere architetto sia difficile non solo per le donne ma anche per gli uomini. Comunque è ciò che continuerò a fare.
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