venerdì 26 febbraio 2010

LA SCUOLA DI POTO POTO

Il panorama della città di Brazzaville è dominato da un enorme albero, più alto di tutti gli edifici. Piantato oltre 50 anni fa nel cortile di un centro d’arte famoso all’epoca, quest’albero di kapok, con il passare degli anni, è diventato l’emblema della forza della Scuola di Pittura di Poto-Poto e della sua filosofia. Nonostante l’intensa espansione urbana vissuta dalla città, l’albero è sopravvissuto, quasi unico, mentre la maggioranza degli altri è stata abbattuta. Oggi Jacques Iloki, maestro pittore, parla con grande fierezza di questo monumento piantato da suo padre, che fu tra i primi artisti della scuola: “ È il vessillo culturale del Congo, lo si vede da ogni angolo della città, è lui che ci dà energia”.

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Il Congo odierno va fiero del suo ruolo di centro africano di arte bantu. Ma l’inizio della tradizione della pittura contemporanea risale al 1951. Nacque grazie a un artista francese di nome Pierre Lods e a un ragazzo africano che iniziò spontaneamente a collaborare con lui per la realizzazione di oli su tela. La loro affinità artistica sfociò in nuove interpretazioni dei temi tradizionali, senza alcuna influenza occidentale, generando un movimento artistico africano moderno. Sin da allora, questo sodalizio unico ha continuato a trasmettere il proprio spirito da una generazione all’altra, riuscendo a sopravvivere alle durezze dell’abbandono delle istituzioni, della povertà e della guerra civile. Contro ogni previsione, la sua missione culturale, nata mezzo secolo fa, continua il suo mandato.

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Quando Pierre Lods arrivò per la prima volta a Brazzaville, nel 1948, non aveva intenzione di fondare una scuola d’arte. Si installò nel quartiere povero di Poto-Poto (che significa pantano) e decise di vivere con la gente, lontano dalla ville europeizzata. Come Gauguin, rifiutò lo stile accademico occidentale e cercò un’ispirazione più autentica nel movimento, nel colore, nella composizione e nell’espressione. Determinato a tagliare ogni legame con la pittura classica, approfond? la cultura locale, immergendosi nella musica e nella danza, sperando di incontrare giovani congolesi non contaminati da influenze occidentali, le cui personalità artistiche si fossero evolute con dinamiche spontanee.

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Un giorno conobbe un ragazzo di nome Félis Ossali, che assunse al suo servizio per tenere in ordine lo studio. Le settimane passavano, Lods dipingeva paesaggi e ritratti mentre Ossali lo osservava per ore in silenzio.
Un giorno Lods dovette uscire di corsa per una questione urgente. Al suo ritorno, trovò Ossali che lavorava pazientemente su una superficie di legno: intingeva il pennello nei colori a olio e creava curiose silhouettes di uccelli in volo.
Lods si immobilizzò, stupefatto! Era un’autentica sinfonia di movimento, che fondeva energia e originalità. Il ragazzo continuava a dipingere, dimentico di tutto quello che lo circondava. Quando infine, sollevando lo sguardo, vide il suo padrone, fu preso da imbarazzo e cercò di giustificarsi. Ma Lods lo tranquillizzò, chiedendogli di continuare: proprio l?, davanti a lui, c’era finalmente l’ispirazione che era andato cercando. Al colmo dell’eccitazione, scrisse più tardi che Ossali dipingeva con “tutta la splendente purezza e semplicità di linee che si trovano nell’arte africana”.
Ossali divenne il primo allievo di Lods. Parenti e amici iniziarono rapidamente ad avvicinarsi allo studio, unendosi alla sperimentazione realizzata con carta, tela, pennelli e colori. L’atelier di Lods si trasformò spontaneamente in scuola, correva l’anno 1951.

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Nicolas Ondongo, il miglior amico di Ossali, diventò il secondo studente a tempo pieno. Arrivarono poi Jacques Zigoma e Fran?ois Iloki (padre dell’odierno Jacques), seguiti da Fran?ois Tango, Elenga, Ikonga e Ouassa.
Quei primi artisti non sapevano né leggere né scrivere e ciascuno esprimeva la propria sensibilità e originalità nel rispetto della rispettiva cultura etnica. Un’ispirata fusione di colori si sviluppò in un nuovo stile, chiamato miké (che, in lingua lingala, significa “piccolo”), con riferimento alle sagome miniaturizzate dei guerrieri africani in movimento, simili a danzatori. Lo stile miké divenne rapidamente l’emblema della scuola.
Il primo nome dato all’impresa fu Centre d’Art Africain, cambiato poco dopo in Centre d’Art Congolais. Assunse, infine, il nome con cui è oggi conosciuta in tutta l’Africa: ?cole de Peinture de Poto-Poto, dal quartiere al quale appartiene nel distretto di Moungali.

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I primi lavori realizzati ritraevano scene di mercato, immagini mistiche, la vita del villaggio, caccia e pesca, tamburi e danzatori. La reputazione della scuola si diffuse velocemente oltre le rive del fiume Congo. Ma, con l’avvento dell’indipendenza nel 1960, il nuovo governo congolese sospese i finanziamenti. Senza le attrezzature necessarie, fornite in precedenza dal Ministero della Cultura francese, insegnare per Lods divenne sempre più difficile.
Proprio in quell’anno, il primo presidente del Senegal indipendente, l’illustre Léopold Sédar Senghor, inviò a Pierre Lods un invito inaspettato. Gli chiese di fondare a Dakar una scuola gemella di quella di Poto-Poto, sempre basata sul metodo di lasciare libera l’immaginazione degli artisti, senza imporre loro modelli europei.
L’illuminato presidente senegalese guardava alla cultura come all’elemento centrale del delicato processo di costruzione della nazione. Coerentemente, vedeva l’artista come rappresentante e sostenitore della nuova nazione. Lods non poteva rifiutare un simile onore e si accomiatò da Brazzaville, lasciando lo studio ai suoi giovani pittori.

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Nel dicembre del 1961, dopo la partenza dell’amato maestro, tutti i primi allievi si raccolsero attorno a Nicolas Ondongo, quando gli fu data dal governo la Medaglia d’Oro per l’Arte.
Da allora, per oltre 50 anni, la scuola non ha mai cessato di esistere, nonostante tutte le tempeste succedutesi nella storia del paese. In occasione dei disordini del 1990 e della guerra civile, il centro venne saccheggiato, le opere d’arte rubate e molti artisti si diedero alla macchia o espatriarono.
Nel 1999 venne finalmente firmato un trattato di pace. Dopo il ritorno della calma, i pittori si costituirono in cooperativa. Oggi, quando una pittura viene venduta, il 30% del ricavato viene destinato alla scuola. I clienti sporadici sono i membri delle ambasciate, o gli impiegati delle varie società occidentali operanti nel paese. La scuola è riuscita a festeggiare il suo quinto decennio di vita, grazie appunto allo spirito collettivo degli artisti, a dispetto della più assoluta mancanza di certezze.
Gli artisti si ritrovano ogni giorno nel grande atelier e lo utilizzano come spazio condiviso, lontani dalla situazione precaria delle loro rispettive case, dove lavorare è praticamente impossibile, non solo per mancanza di spazio, acqua corrente e luce elettrica. Al tramonto, tutta l’affollatissima cité di Brazzaville, dove vive la popolazione locale e dove è situata la scuola, piomba in una totale oscurità. Gli artisti che desiderano lavorare di notte devono accontentarsi di lampade a olio o candele, come moderni Caravaggio.
Lo studio originale di Pierre Lods è adesso un edificio più ampio, dal tetto di lamiera, con un vastissimo portico coperto che si prolunga dalla parte centrale e che funge da spazio espositivo permanente per i lavori degli artisti. Nel 2000 è arrivata poi per la SPPP l’auspicata protezione dell’Unesco.
Con il passare del tempo, benché ignorata dalle autorità, la scuola è riuscita a mantenere il suo ruolo di centro culturale importante. Le opere prodotte al suo interno sono state esposte in varie città francesi, a Bruxelles, Ginevra, Berlino, Dresda, Mosca, Belgrado, Bucarest, perfino all’Avana e in diverse capitali africane. Con il succedersi di nuove generazioni, nuovi impulsi creativi hanno dato forma a nuova vitalità, sempre salvaguardando le tradizioni, sfociando in forme astratte e soggetti mistico-religiosi, tutti contraddistinti dall’intensità dei colori.

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La generazione attuale di maestri e insegnanti comprende circa quindici persone, fra le quali: Pierre Claver Ngampio, presidente della cooperativa, successore di Nicolas Ondongo. Incidentalmente, Ngampio è anche membro dell’attuale famiglia reale del re Makoko, leader spirituale dei Batéké. Vicedirettore è Jacques Iloki, mentre Gerly Mpo è tesoriere e Sylvestre Mangouandza è il carismatico portavoce. Vi sono poi Renée Bokouloumba, Serge Dzon, Adam Opou, Antoine Sita, Romain Mayoulou e tre giovani donne: Letitia Mahoungo, Vanessa Agnagna e Mariam Ngoloutshou. Gli studenti, tutti provenienti da ambienti poverissimi, sono 32.
Proprio come Pietro di Brazzà, Pierre Lods viene ricordato per la sua umanità, un europeo che ha vissuto fra la gente. Secondo Sylvestre Mangouandza, tutti gli artisti continuano a seguire la filosofia del loro padre fondatore e difendono il valore della “creazione artistica come salvaguardia delle tradizioni”. Renée Bakouloumba aggiunge: “Quando dipingiamo abbiamo sempre presenti le nostre origini, la nostra storia. Queste tradizioni fanno parte di noi e delle nostre memorie sempre vive. Ecco il motivo per cui un pittore americano non riuscirebbe mai a realizzare uno dei nostri dipinti”.
Traendo ispirazione dall’antica saggezza, profondamente radicata nella cultura storica, il lavoro di questi artisti straripante di fantasia innalza il loro spirito al di sopra della distruzione, della disperazione e della povertà. La scuola infatti trae la propria energia dalle sue radici culturali, che sono profonde almeno quanto quelle del grande albero che proietta sul grande atelier la sua ombra rinfrescante.
Walter Battis, Direttore del Centro d’Arte di Pretoria in Sud Africa, conferma l’importanza dell’eredità spirituale della Scuola di Pittura di Poto-Poto, celebrandone la nascita nel 1951 come “il più importante evento pittorico dell’Africa contemporanea”. Sulle sue tracce, in Africa, sono nate nuove scuole, ma la EPPP occupa un posto speciale. La creatività visiva dei suoi primi artisti ha generato un patrimonio culturale, non solo per il Congo e per l’Africa, ma per l’umanità.

Fonte

1 commento:

  1. Muchas gracias por compartir, hacía tiempo que buscaba información "amable" sobre la escuela de POTO-POTO. Usé el traductor de google para algunos párrafos y ha funcionado muy bien. Un saludo desde Santiago de Chile.

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