Osservando le tele della pittrice Budetta si varca la soglia
temporale alla quale siamo abituati e si entra in una dimensione “altra” che ci
lascia attoniti e silenti.
Una dimensione onirica e surreale dove corpi, volti ed oggetti sembrano
sospesi in un’atmosfera calma ma pregna di significati e significanti nascosti,
pieni di rimandi all’inconscio personale, collettivo e di segreti da saper
cogliere grazie ad un anelito che spinge il fruitore verso l’alto, verso la
sublimazione.
I volti fissi ed intonsi dei personaggi mi portano a pensare agli
stilemi di Masaccio, al suo maestro Masolino da Panicale o alle icone bizantine
(per es.”Declinato levantino”, acrilico su tavola del 2003). Le pennellate
stese con sapienza denotano un notevole uso della tecnica e si coniugano
perfettamente con i panneggi virtuosi che nascondono i corpi per mostrarci
l’eleganza ed il rigonfiamento dei tessuti. Inevitabile soffermarsi nella
lettura delle analogie esistenti con i drappi dipinti dai Preraffaelliti come
Dante Gabriel Rossetti o Burn Jones (vedasi “Nelle aree dismesse
dell’anima” acrilico su tela dipinto dalla pittrice Ida Budetta nel 2010 dove
tratta il delicato tema della pedofilia con potenti metafore). Parallelamente
la mia mente torna all’iconografia dei panneggi che si possono osservare nella
scultura ellenistica a Pergamo, altare e tempio tanto desiderati da Eumene II
tra il 183 ed i 174 a.C o a quelli scolpiti dai grandi greci classici come
Skopas, Prassitele e Lisippo (prima metà del IV secolo a.C.).
L’arte di Ida Budetta è raffinata, elegante ed elegiaca; ricca di
spunti del lontano passato, del Medioevo, ma declinata in modo del tutto
introspettivo con tematiche profondamente personali, autoreferenziali e
attuali al contempo. Quasi a volerci narrare di interludi celati ma con
profondo rispetto ed assoluta calma ed introspezione. Ci mostra gli occhi dei
suoi interpreti privi di pupille perché privi della volontà di vedere la
realtà delle cose - eliminando dunque volutamente la possibilità di
vedere la realtà delle cose - semplicemente celandola a se stessi ed al mondo
intero.
Non si pensi che i personaggi che popolano le tele della pittrice
Ida Budetta siano il frutto di un semplice “accademismo”, tutt’altro. Bisogna
andare ben oltre alla semplice lettura visiva ed avventurarsi in quella
psicologica del vissuto personale, spesso doloroso, che lei ci narra con
giustezza e grande sensibilità.
Oppure ci troviamo posti di fronte a tematiche molto attuali che
sono leggibili sotto varie sfumature, a seconda della sensibilità di chi
osserva l’opera o più approfonditamente in relazione alla sensibilità della
pittrice Budetta: la politica che genera corruzione, l’ipocrisia, la follia (si
vedano come esemplificativi i quadri titolati: “Sotto la corteccia di un
delirio collettivo”, acrilico del 2008; “Soggolo ipocrita” acrilico del 2003,
“Mercanti di fili per tessere trame corrotte”, acrilico su tela del 2004 o
ancora “Compenetrazioni politiche corrotte” che invece è il più recente, del
2012).
Un fuso che punge il dito di un personaggio non ben identificato,
trasforma il filo della tessitura in un sottile ed inafferrabile “gocciolio simbolico”
di sostanza filamentosa (che si confonde spontaneamente con un’idea di sostanza
ematica) che giunta sul pavimento prospettico -molto in stile cinquecentesco..-
si “rigonfia metaforicamente” in matassa e similmente ad una sostanza liquida,
dai rossi profondi, talvolta carmini, che ci legano alla vita che scorre,
inesorabile…come un filo, appunto (“il grande filatore delle menti, acrilico su
tela del 2004, dipinto che ripercorre l’idea della manipolazione delle nostre
menti dallo strapotere mediatico).
Il dettaglio lenticolare della scena rappresentata qui ed in ogni
singola opera dipinta dalla pittrice riporta i ricordi del fruitore allo stile
fiammingo tedesco.
La delicatezza delle mani allungate e dei colli e poi ancora dei
volti caduchi che con occhi sornioni -penso ai marmi scolpiti da Modigliani- ci
narrano dell’ “oblivion” (si veda: “La moglie
del coccodrillo”, acrilico del 2011), di quella natura a volte di
impercettibile falsità ed opportunismo silente che solo il sentire di
un’artista ricca di spunti di “ripiegamento”
sulla propria esperienza personale ci sa generosamente donare.
Grandi piedi palmati sono ricoperti da pseudo calzature che
sono a loro volta la commistione di accessori futuristici con dei calzari
trecenteschi. Un mondo quello della Budetta sensazionale come sensazionale è la
sua pittura in quanto originale ma sempre fedele a se stessa, mai estetizzante
in quanto fine a se stessa ma an-estetizzante in
quanto ci “contiene” nel guardarla,
silenziosi, con un sentore di sospensione dei sentimenti, dei corpi e degli
accadimenti.
“Poesia” è la figurazione di quest’artista che mi ha colpito
profondamente fin dal primo momento per le notevoli doti pittoriche, narrative
e di vissuto personale.
In “Aberrante gentile” (acrilico su tela del 2007) Ida Budetta
sonda con dovizia di particolari il terreno della tortura; aberrante come
insito nella sua natura, così diffusa in molti paesi anche oggigiorno. Due
personaggi ne giustiziano un terzo fingendo da un lato di togliere i chiodi del
martirio per poi ripiegare, di nascosto, nell’infliggerne altri con un martello
che si intravede a terra, pronto all’uso. Quale doppiezza nei gesti e negli
intenti ci viene raccontata e quale attualità in questo tema, che del resto,
come spesso ama fare Budetta pittrice, viene trattato con profonda ironia.
Quell’ironia che se usata con intelligenza - l’esempio calzante su questa
pittrice non è un caso - può fendere come arma tagliente e portare ad una
profonda riflessione.
Un’attenta analisi del mondo circostante permette a Ida Budetta,
con la sua sensibilità non comune, di sottolineare quella che ci evidenzia come
“urgenza del nostro tempo”: In “equamente, non equo” (acrilico del 2006), in
“donante senza doni” (del 2003) i personaggi sono adorni ed accessoriati di
sacchi pieni e vuoti e questa metafora sottile si riferisce alla cattiva
distribuzione, non equa appunto, delle ricchezze nel mondo. Quanto poi i
governi non mantengano le promesse di equità è l’effetto di cause mal poste a
monte, dove ciò che conta infine non è il benessere collettivo ma
l’interposizione di quello personale dei pochi e dei potenti.
In quest’analisi emerge l’occhio attento dell’artista anche su
concetti scottanti come quello della mancanza di rispetto dei diritti umani
nelle carceri (vedasi “Oratorio blasfemo”, acrilico su tela del 2005) dove gli
spazi ristretti - anche se l’artista ironizza con le infiocchettature del
capestro che lega la donna incapsulata all’interno di uno spazio ridotto ed
angusto - e le cattive condizioni igieniche non rispettano l’essere umano né i
principi fondamentali di tutela e salvaguardia degli stessi diritti che
dovrebbero essere alla base di una società evoluta e democratica.
Anche l’igiene mentale è un aspetto caro all’artista Budetta, anzi
lo è maggiormente il concetto di “contenitore di igiene mentale” ossia di
ospedale psichiatrico che in Italia non rispetta la nota “Legge Basaglia”
che aveva l’intento di creare strutture alternative di accoglienza….intento mai
realmente raggiunto. E’ in “E’ severamente vietato uscire dai CANTIERI FOLLIA”
(acrilico del 2006) che Ida Budetta “snocciola” l’argomento mostrandoci
un personaggio che vorrebbe uscire dalla sua malattia mentale ma che resta
“ingabbiato” dagli schemi legislativi non coerenti e che lo inchiodano
letteralmente - in primo piano il piede è inchiodato al pavimento - alla
propria condizione che non si risolverà mai, e come se non bastasse, di fronte
al riso collettivo dei crudeli astanti.
Infine desidero porre l’attenzione del lettore sull’opera:
“Declinato con alchimie pietose” (acrilico del 2005), che è l’emblema
portante del catalogo della mostra. Ida Budetta ci porta ancora una volta con
la sua mano a considerare uno dei temi più scottanti della nostra Società,
quello dell’eutanasia o del “suicidio assistito”. La sua lettura vede
quest’azione come un diritto che andrebbe rispettato nel testamento biologico e
nelle volontà ultime di ogni essere umano, laddove un corpo senza alcuna
aspettativa di vita vada rispettato. Un esempio di ultimo atto di dignità
verso una vita che possa essere spenta, tralasciando ogni accanimento
terapeutico che sembra paventarsi davanti agli occhi del mondo senziente più
come un’esigenza (forse un po’ egoistica..) di chi si ostina a mantenere in
vita chi in realtà di vivo ha solo il collegamento con un macchinario e
soprattutto nessuna possibilità scientifica di ripresa.
Temi forti, scottanti, che hanno lacerato la nostra Società
secondo punti di vista filantropici, filosofici, religiosi, giuridici… Ma Ida
Budetta afferma coraggiosamente il suo punto di vista e lo motiva con
intelligenza, argomentandone ampiamente i particolari con molta e acuta
ironia.
Come diceva il noto saggista francese Paul Bourget : “C'è sempre un angolo di silenzio
nelle più sincere confessioni delle donne” ed a parer mio i silenzi
rappresentati nelle opere di Ida Budetta sono un esempio di quanto silenzio sia
presente nelle sue sincere confessioni di donna e di artista.
La lirica, la poesia, l’eleganza e la trasmissione - forse
inconscia o forse no - di quelle terre surreali, prive di sfondi, prive di
contestualizzazioni paesaggistiche che adombrano le dimensioni parallele
presenti nei quadri di Ida Budetta, altro non sono se non il proprio “essere”
narrato pregevolmente dall’artista stessa.
Massimiliano BisazzaFonte
© Ida Budetta
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