domenica 15 novembre 2009

GUGULANDIA

DI Hernán Henriquez

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Hernán Henriquez è uno dei maggiori esponenti del disegno animato e del fumetto cubano negli anni successivi alla rivoluzione. Il suo tratto grafico, le battute salaci e irriverenti rivestono un’importanza unica nella storia del fumetto centramericano.

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Hernán Henriquez è stato uno dei fondatori di questa peculiare forma d’arte, un vero e proprio pioniere, che ha disegnato e pubblicato strisce in patria per vent’anni (1960 - 1980), ottenendo riconoscimenti e successo, ma a un certo punto della sua vita si è visto costretto a espatriare negli Stati Uniti.

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Nel 1964 Hernán Henriquez creò la striscia comica Gugulandia, una pagina a colori che è stata pubblicata dai principali periodici nazionali e riviste sino al 1980. Gugulandia è stata la cosa più importante che Hernán ha realizzato a Cuba, perché quel fumetto è rimasto nell’immaginario collettivo dei cubani. Il personaggio della striscia parte dal principio della creazione dell’universo e riproduce un mondo preistorico dove l’uomo che parla per la prima volta dice “Gu”. I personaggi della striscia erano sette e si comportavano come se vivessero nell’età della pietra.

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Nessuna delle strisce comiche realizzate venne mai rifiutata per motivi di censura, perché il governo non dimostrò mai che l’autore sosteneva idee contrastanti con gli interessi della rivoluzione. La serie cominciò come striscia, quindi nel 1966 si trasformò in tavola autoconclusiva, conservando molti affezionati lettori. Nel 1976 Hernán era così popolare che il Comitato Centrale lo invitò a presentare la sua opera nel Padiglione Cuba, il più importante centro espositivo del paese. Il Ministero del Lavoro voleva utilizzare Gugulandia per spingere l’uomo al lavoro. Hernán realizzò venticinque fumetti che vennero riprodotte in tabelloni alti undici metri.

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Fu un successo straordinario: l’esposizione venne inaugurata il primo gennaio 1977 - come la principale attività per festeggiare il trionfo della rivoluzione - e in tre mesi fu visitata da centocinquantamila persone.

Nei primi anni della rivoluzione Hernán visse come un privilegiato, lavorando al sogno della sua vita, realizzando cartoni animati e fumetti con le migliori tecniche disponibili. A un certo punto, però, giunsero i problemi economici, la crisi cominciò a far sorgere i primi dubbi nella mente dell’artista, perché il suo privilegio diventava poca cosa in una situazione che si faceva sempre più dura. La vita privata di Hernán peggiorava sempre di più, non c’erano spiragli di miglioramento, perché le possibilità economiche diminuivano con il passare dei giorni. La sua casa cadeva a pezzi e non aveva soldi per ripararla, i vestiti erano sempre meno, le scarpe pure e i generi alimentari scarseggiavano. Cuba cominciò a deteriorasi sotto tutti gli aspetti. Hernán si trovò a pensare che in una simile situazione il suo lavoro non aveva senso. Fu un periodo di grave crisi personale e creativa. Hernán aveva perso la voglia di vivere e di lavorare. Per questo trovò il modo di abbandonare Cuba e di stabilirsi negli Stati Uniti, anche se le autorità governative ostacolarono la sua uscita con ogni mezzo.

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Alla fine Hernán Henriquez trovò impiego a Miami, dove vivevano molti cubani che conoscevano Gugulandia. La rivista Zig-Zag cominciò a pubblicare la striscia comica, che rifletteva i problemi di una società totalitaria, ma l’autore non volle mai essere utilizzato per gli scopi propagandistici di nessun gruppo politico. Hernán Henriquez tornò a essere famoso tra i cubani di Miami quando il Miami Herald decise di pubblicare Guguladia in spagnolo.

Hernán Henriquez afferma: «La cosa interessante è che riesco sempre a scoprire nuove cose grazie a Gugulandia. Quando scrivo le vignette, lavoro con il cervello, cerco spiegazioni alle cose della vita, ai problemi della società e scopro cose sul comportamento umano. A Cuba mi davano uno stipendio, non dovevo pagare un medico, la scuola, né i servizi per la casa. Non si lavorava per denaro, ma per avere una posizione sociale, e quando il denaro non è importante la creatività è più libera. Negli Stati Uniti non è così, perché tutto è condizionato dalle esigenze del mercato, pure l’artista è schiavo dell’economia consumistica».

Gordiano Lupi

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